Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21500 del 22/10/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 21500 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA

sul ricorso 2134-2010 proposto da:
ATAC

S.P.A.

C.F. 06341981006, quale incorporante di

TRAMBUS S.P.A., in presona del legale rappresentante
pro tempore, eléttivamente domiciliato in ROMA, VIA
POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato
GIAMPIERO PROIA, che lo rappresenta e difende giusta
2015

delega in atti;
– ricorrente –

2961
contro

ALESINI

LUCA

BLLDVD69P16C773D,

LSNLCU74M29H501E,
FABRI

BELLONI

DAVID
ANTONIO

Data pubblicazione: 22/10/2015

FBRNTN72A06H501N,FATTORINI ORLANDO FTTRND69A10H501D,
FERRARI GUIDO FRRGDU70M03G271K, FIOCCA PIETRO
FCCPTR67H26H501M, FRATESCHI VINCENZO FRTVCN68D1OH501F,
LEO FABIO LEOFBA72D03H501Z, MANGIAVACCHI DANIELE
MNGDNL71D17H501N, MARZICOLA RICCIARDINO

MAURA ALESSANDRO MRALSN69S15H501M, PERONE CLAUDI JO
PRNCLD71H15H5010, SALARI FABRIZIO SLRFRZ68D14H501Z,
SERAFINI WLADIMIRO SRFWDM70L30H501Y, TANCIONI BIANCHI
4tumewy
STEFANO TNCSFN69D15H501L, tutti domiciliati in ROMA,

VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio degli
avvocati PAOLO ANTONUCCI e FRANCO SALVAGO, che li
rappresentano e difendono, giusta delega in atti e da
ultimo presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE;
– controricorrenti nonché contro

MANCINI MASSIMILIANO;

intimato

avverso la sentenza n. 4241/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/05/2009 R.G. N. 1191/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/06/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato MAURO PETRASSI per delega PROIA
GIAMPIERO;

MRZRCR70L27L597F, MASCELLONI STEFANO MSCSTN67T1OH501N,

udito l’Avvocato FLAVIA BRUSCHI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

C:._

Svolgimento del processo
1.Vincenzo Frateschi, Luca Alesini, David Belloni, Antonio Fabri, Orlando
Fattorini, Guido Ferrari, Pietro Fiocca, Fabio Leo, Massimiliano Mancini,
Daniele Mangiavacchi, Ricciardino Marzicola, Stefano Mascelloni,
Alessandro Maura, Claudio Perone, Fabrizio Salari, Wladimiro Serafini,
Stefano Tancioni Bianchi, tutti dipendenti dell’ATAC s.p.a. e assunti con
contratto di formazione lavoro della durata di 24 mesi e, quindi, alla
scadenza del contratto, assunti a tempo indeterminato con mansioni di
conducenti di linea, lamentarono che nei quindici mesi successivi
all’assunzione a tempo indeterminato avevano osservato un orario
settimanale di 39 ore previsto dal C.C.N.L. e non invece quello di 37 ore
previsto dal contratto collettivo aziendale; che avevano percepito per il
medesimo periodo il trattamento economico previsto dal contratto collettivo
nazionale; che non avevano percepito nello stesso periodo alcune indennità,
dettagliatamente elencate nel ricorso, previste dal contratto collettivo
aziendale; che l’anzianità di servizio maturata durante il periodo di
formazione non era stata considerata ai fini degli aumenti periodici di
anzianità e della mobilità professionale.
2. Chiesero al Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, che,
previa dichiarazione di illegittimità delle norme contenute nella
contrattazione aziendale per violazione della legge n. 863/1984, fosse
dichiarato il loro diritto all’applicazione, per il periodo successivo alla
trasformazione del contratto di formazione lavoro in contratto a tempo
indeterminato, della contrattazione aziendale e di quella nazionale, nella
parte normativa ed economica, applicate agli altri dipendenti con lo stesso
inquadramento; chiesero altresì che fosse loro riconosciuta l’ anzianità
maturata durante il periodo di formazione e lavoro ai fini degli aumenti
periodici di anzianità e del diritto al passaggio nei livelli superiori, con
condanna della società al pagamento delle conseguenti differenze retributive
ordinarie, da precisarsi nel prosieguo del giudizio o da liquidarsi in separata
sede.
3. Il Tribunale adito rigettò la domanda e la sentenza fu impugnata dai
lavoratori dinanzi alla Corte d’appello di Roma. Con sentenza depositata in
data 12 maggio 2009 la Corte accolse l’appello e, riformando la sentenza,
dichiarò il diritto degli appellanti al computo del periodo di lavoro prestato
con contratto di formazione e lavoro ai fmi del riconoscimento degli
aumenti biennali di anzianità e della progressione nel livello contrattuale e
retributivo, legata all’anzianità; dichiarò il diritto degli appellanti
all’applicazione, per i quindici mesi successivi alla trasformazione dei
contratti di fonnazione e lavoro in contratto a tempo indeterminato, anche
degli accordi collettivi aziendali; condannò la società Trambus s.p.a,

Udienza 24 giugno 2015
Presidente Roselli
Relatore Doronzo
R.G. n. 213412010
ATAC e/ Frateschi +16

Udienza 24 giugno 2015
Presidente Rosei li
Relatore Doronzo
R.G. n. 2134/2010
ATAC e/ Frateschi +16

succeduta all’Atac s.p.a., al pagamento delle spese di entrambi gradi del
giudizio.
4. La Corte territoriale ritenne che la norma di cui all’art. 3, comma 5 0 , del
di n. 726/1984, convertito in legge n. 863/1984, nel prevedere che “il
periodo di formazione e lavoro è computato nell’anzianità di servizio in
caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a
tempo indeterminato effettuata durante ovvero al termine dell’esecuzione
del contratto di formazione lavoro”, considerava il periodo di formazione,
ai fini dell’anzianità di servizio, al pari del lavoro effettivo svolto in forza di
contratto a tempo indeterminato, senza introdurre distinzioni di sorta tra
anzianità di servizio a fini retributivi o a fini diversi (ad esempio
contributivi di trattamento di fine rapporto, o altro), e ciò allo scopo di
assicurare l’uniformità della disciplina legislativa per il rapporto di lavoro
subordinato e per quello di formazione e lavoro. Ritenne poi che l’accordo
aziendale del 19/2/1997, valido per le assunzioni successive al 1997, con cui
le parti avevano inteso derogare alla contrattazione collettiva nazionale
riguardo al trattamento economico dei dipendenti, dovesse trovare
applicazione anche dipendenti assunti con contratto di formazione e lavoro,
il cui rapporto si era trasformato in rapporto a tempo indeterminato.
4. Contro la sentenza, l’Atac s.p.a., quale società incorporante di Trambus
s.p.a., ricorre per cassazione sulla base di cinque motivi, sintetizzati in
altrettanti quesiti di diritto, cui resistono con controricorso tutti dipendenti,
ad eccezione di Massimiliano Mancini, che non svolge attività difensiva. Le
parti depositano memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente, deve essere dichiarata l’invalidità della procura depositata
dai controricorrenti con la memoria ex art. 378 c.p.c. e con la quale si è
conferito all’avvocato Flavia Bruschi il potere di rappresentarli e difenderli
in aggiunta all’avvocato Paolo Antonucci. Si deve invero osservare che nel
giudizio di cassazione – diversamente da quanto avviene con riguardo ai
giudizi di merito – la procura speciale non può essere rilasciata a margine o
in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83,
comma 3, c.p.c., – nel testo precedente alla riforma introdotta dall’art. 45,
comma 9, I. n. 18 giugno 2009, n. 69, applicabile ratione temporis al
giudizio in esame, in quanto introdotto prima del 4 luglio 2009 nell’elencare gli atti a margine o in calce ai quali può essere apposta la
procura speciale, individua, con riferimento al giudizio di cassazione,
soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non viene rilasciata su detti
atti, è necessario che il suo conferimento si realizzi nella forma prevista dal
citato art. 83, comma 2, cioè con atto pubblico o con scrittura privata
autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali
2

Udienza 24 giugno 2015
Presidente Rosai
Relatore Doronzo
R.G. n.2134/2010
ATAC e/ Frateschi +16

l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata (Cass., 9 aprile 2009, n.
8708; Cass., 20 agosto 2009, n. 18528). La firma di colui che conferisce al
difensore procura speciale per ricorrere in Cassazione, rilasciata con
separata scrittura privata – che ha natura negoziale – deve essere autenticata
dal notaio, al quale spetta, ai sensi dell’alt 2703 c.c., certificare l’autografia
di tali sottoscrizioni, previo accertamento dell’identità personale delle parti,
non limitato al controllo dei documenti identificativi (in tal senso, Cass., 9
febbraio 2015, n. 2460). In difetto di tali atti, la nomina dell’avv. Braschi, in
aggiunta al precedente difensore, deve ritenersi invalida.
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 12 disp. legge in gen., in relazione all’art. 3, comma
5°, d.l. n. 726/1984, convertito nella legge n. 863/1984; la violazione e la
falsa applicazione dell’art. 7, lett. c), dell’accordo collettivo nazionale 11
aprile 1995, stipulato dalla Federtrasporti, Anac, Fenit e le 00.SS. FILTCGIL, FIT-CISL, e UIL-Trasporti, nonché la violazione dell’art. 39 Cost.
Assume che l’art. 7 lett. c) dell’accordo nazionale, che prevede che “nei casi
in cui il rapporto di formazione lavoro venga trasformato in rapporto di
lavoro a tempo indeterminato… il periodo di formazione e lavoro verrà
computato nell’anzianità di servizio, con esclusione degli aumenti periodici
di anzianità”, è del tutto conforme alla disciplina di legge contenuta nell’art.
3 1. n. 863/1984, il quale non dispone “in termini perentori e senza facoltà di
deroga” che il periodo di formazione lavoro debba essere necessariamente
considerato anche ai fini dell’applicazione di istituti, come gli aumenti
periodici di anzianità, che hanno disciplina e origine esclusivamente
sindacale. Aggiunge che in tal senso depone la ratio legis e la sua
collocazione, non ravvisandosi in essa un principio assoluto di parità di
trattamento rispetto al normale contratto di lavoro subordinato, essendo
invece rimessa all’autonomia collettiva la possibilità di prevedere
trattamenti differenziati anche per i contratti di formazione e lavoro. Ciò nel
rispetto del principio dell’autonomia e libertà sindacale previsto dall’art. 39
della Cost., considerato che l’autonomia collettiva ha inteso differenziare la
posizione di quei lavoratori che, stante la natura mista del contratto di
formazione lavoro e per il periodo di sua durata, hanno dato un apporto
ridotto rispetto a quella degli altri lavoratori assunti a tempo indeterminato.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione della sentenza nella parte in cui ha computato il
periodo di formazione e lavoro anche ai fini della progressione negli
inquadramenti, senza motivare sulla specifica e puntuale eccezione di
inammissibilità della domanda, sollevata da essa ricorrente, con riguardo al
(preteso) difetto di interesse ad agire dei lavoratori i quali, assunti nel 1997,
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Udienza 24 giugno 2015
Presidente Raschi
Relatore Duronzo
R.G. n. 2134/2010
ATAC e/ Frateschi +16

non avevano ancora acquisito il diritto alla prima progressione economica,
prevista dopo sedici anni di guida effettiva.
3. Con il terzo motivo l’Atac ripropone la medesima questione di cui al
secondo motivo sotto il profilo della violazione e la falsa applicazione
dell’art.100 c.p.c. assumendo che, non avendo i dipendenti ancora raggiunto
i sedici anni di guida effettiva (periodo minimo prevista dalla contrattazione
per la prima progressione economica), difettava ogni loro interesse ad agire.
4. Con il quarto motivo, la società denuncia la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 1321 e 1362 e ss., c.p.c., in relazione al verbale di
accordo 19 febbraio 1997 e al contratto aziendale 11 luglio 2000, nonché
violazione e falsa applicazione dell’accordo collettivo nazionale 11 aprile
1995 stipulato da Federtrasporti, Anac, Fenit, FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTrasporti, e dell’accordo collettivo nazionale del 12 luglio 1985, stipulato da
FILT-CGIL, FIT-CISL, UIL-Trasporti, Federtrasporti, Anac, Fenit e
lntersind. Ritiene che l’affermazione contenuta in sentenza – secondo cui
con l’accordo collettivo aziendale del 19 febbraio 1997 le parti avevano
convenuto di superare l’accordo collettivo nazionale dell’ 1 1 aprile 1995,
prevedendo l’applicazione anche ai lavoratori assunti con contratto di
formazione e lavoro, successivamente trasformato in contratto a tempo
indeterminato, le condizioni economiche e normative previste dai contratti
nazionali e aziendali vigenti – è in violazione dell’art. 1321 c.c. e dei canoni
interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. c.p.c. , oltre che dell’art. 7, lett. c)
dell’accordo collettivo nazionale dell’ 1 1 aprile 1995. Assume invero che,
con l’accordo del 19 febbraio 1997, le parti non avevano inteso dettare una
disciplina applicabile ai rapporti di lavoro né di introdurre una deroga alla
contrattazione nazionale che già disciplinava tali rapporti [art. 7, lett. c) citi,
bensì solo quello di confermare tale ultima disposizione e darle attuazione,
stante la sua completezza e specificità. Ciò era desumibile non solo dal
tenore letterale del “considerato”, che seguiva la premessa dell’accordo del
1997, da cui emergeva l’intento di rendere una mera “dichiarazione di
conformità” del progetto di contratto di formazione e lavoro al contenuto
dell’accordo collettivo nazionale, ma anche dal comportamento complessivo
osservato dalle parti stipulanti, considerato che l’azienda aveva sempre
pacificamente continuato ad applicare ai contratti di formazione e lavoro la
disciplina prevista dall’art. 7, lett. c) dell’accordo collettivo 11 aprile 1995,
e che con l’accordo aziendale dell’ 11 luglio 2000 le stesse parti avevano
confermato che, sino a tale data, era rimasta ferma l’applicazione della detta
norma, non superata pertanto dal verbale del 19 febbraio 1997.
5. Con il quinto motivo, la società denuncia la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 1321 e 1362 e ss. c.c., in relazione al verbale di
accordo 19 febbraio 1997 e al contratto aziendale 11 luglio 2000, nonché
4

violazione e falsa applicazione dell’accordo collettivo nazionale 11 aprile
1995 e dell’accordo collettivo nazionale del 12 luglio 1985, stipulato da
FILT-CGIL, FIT-CISL, UIL-Trasporti, Federtrasporti, Anac, Fenit e
Intersind. Censura la sentenza nella parte in cui ha affermato che i lavoratori
in questione, nei primi quindici mesi successivi alla trasformazione del
contratto in rapporto a tempo indeterminato, avrebbero dovuto osservare un
orario di lavoro di 37 ore settimanali, in luogo delle 39 ore settimanali
previste, così violando il disposto dell’art. 1321 ed i canoni legali di
interpretazione, nonché l’accordo collettivo del 12 luglio 1985.
Quest’ultimo accordo prevedeva infatti che a partire dal 1 luglio 1986,
l’orario di lavoro settimanale rimaneva fissato in 39 ore, e tale accordo era
applicabile ai resistenti, in quanto assoggettati al solo contratto collettivo
nazionale. Richiama un precedente di questa Corte (Cass. n.1266112004)
che ha ritenuto nulla la contrattazione aziendale che, in deroga alla
contrattazione nazionale, ha previsto la riduzione dell’orario di lavoro
settimanale.
6. Appare logicamente preliminare l’esame del secondo e del terzo motivo
di ricorso, che si affrontano congiuntamente in considerazione dell’identità
della questione che essi prospettano, seppure sotto il diverso profilo del
vizio motivazione e della violazione di legge.
Essi sono inammissibili, per difetto di autosufficienza. Ed invero, la
sentenza impugnata non affronta affatto la questione dell’interesse ad agire
dei lavoratori, sotto il profilo dell’insussistenza di un diritto attuale alla
progressione in carriera, non avendo gli stessi, all’epoca dell’introduzione
del giudizio e fino al ricorso per cassazione, maturato il periodo di tempo
necessario per la prima progressione, che la parte assume essere di sedici
anni. Si tratta di una questione giuridica che implica un accertamento di
fatto e che, pertanto, non può essere affrontata per la prima volta in
cassazione. Era dunque onere della parte, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta
deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare
in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo avrebbe fatto,
onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di
tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass., 30
novembre 2006, n. 25546; Cass., 11 gennaio 2007, n. 324; Cass., 18 ottobre
2013, n. 23675).
La parte ricorrente non ha assolto quest’onere, non specificando in che
termini, in quale sede processuale e in quale atto difensivo o verbale di
causa la detta questione sarebbe stata proposta e, quindi, non esaminata dal
giudice del merito.

Udienza 24 giugno 2015
Presidente Roselli
Relatore Doronzo
R.G. n. 213412010
ATAC c/ Frateschi +16

7. Anche i restanti motivi si affrontano congiuntamente, poiché essi
involgono la medesima questione relativa alla validità, in riferimento alla
prescrizione contenuta nell’art. 3, comma 5 0, del d.l. n. 726/1984, convertito
nella legge n. 863/1984, della norma della contrattazione collettiva di cui
all’art. 7 lett. c) dell’accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto nel
successivo accordo del 27 novembre 2000 per gli autoferrotranvieri, nella
parte in cui esclude il diritto del lavoratore, assunto con contratto di
formazione e lavoro poi trasformato in contratto a tempo indeterminato, di
beneficiare degli aumenti periodici di anzianità computando anche
l’ anzianità di servizio maturata nel periodo del contratto di formazione
lavoro.
7.1. La questione, oggetto di un contrasto giurisprudenziale, ha visto
schierati due orientamenti contrapposti, il primo risalente a Cass. 6 ottobre
2000, n.13309 e Cass. 18 agosto 2000, n. 10961, in cui si è ritenuto il
carattere tassativo della disposizione di legge, che non offre spazio o
distinzioni estranei al testo, pur se gli scatti di anzianità e passaggi
automatici alle classi stipendiali in funzione dell’anzianità trovano la loro
fonte della contrattazione collettiva. Con tali decisioni si è affermato che la
distinzione tra istituti di origine legale e trattamenti di fonte convenzionale
non trova fondamento nel tassativo tenore del testo normativo, la cui portata
non può ritenersi derogabile neanche mediante specifiche previsioni della
contrattazione collettiva (oltre alle pronunce indicate, Cass., 20 novembre
2007, n. 24033; Cass., 15 maggio 2008, n. 12321). La norma di cui all’art. 3
I. n. 863/1984, ha dunque “natura imperativa ed inderogabile”.
7.2. 11 secondo orientamento, in consapevole dissenso dal primo e formato
da numerosissime sentenze, tanto da comportare “la formazione di una
situazione di diritto vivente”, parte da Cass. 14 maggio 2009, n. 11206, in
cui si è sostenuto che l’autonomia contrattuale ha il potere di escludere per
questa categoria di lavoratori alcuni elementi retributivi e di prevedere, al
fine di incentivare la stabilizzazione del rapporto, una retribuzione inferiore
a quella degli altri dipendenti per un certo periodo successivo alla
trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Si è
sottolineata la peculiarità di questo tipo di rapporto di lavoro, che vede una
causa mista, lavorativa e di formazione, ed un conseguente diverso e minore
apporto del dipendente alla produttività aziendale.
7.3. Il contrasto è stato risolto dalle Sezione Unite di questa Corte, con la
sentenza del 23 settembre 2010, n. 20074, con cui si è data continuità al
primo orientamento. Si è così statuito che l’art. 3 della legge citata,
nell’equiparare il periodo di formazione lavoro al periodo di lavoro
ordinario in termini generali e assoluti, non è derogabile dalla contrattazione
collettiva e ciò vale anche per istituti giuridici di fonte esclusivamente

Udienza 24 giugno 2015
Presidente Rosai
Relatore Doronzo
R.G. n. 2134/2010
ATAC e/ Frateschi +16

4

.3.

contrattuale, come gli scatti di anzianità. In particolare si è affermato che
“l’equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio esprime
un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile,
anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo
più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione,
come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in
senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un
pregresso periodo di formazione. Con riguardo agli istituti contrattuali
l’anzianità di servizio può valere tanto o poco – ciò rientra nell’ambito
dell’autonomia collettiva – ma non è possibile, per la contrattazione
collettiva, a fronte della prescrizione legale suddetta,’ sterilizzare’ il
periodo di formazione lavoro prevedendo che a qualche fine, come quello
degli scatti di anzianità, non valga: il legislatore considera che la
formazione congiunta lavoro sia ex legge equiparabile al lavoro prestato.
Sotto questo profilo l’equiparazione opera anche con una clausola di non
discriminazione: il lavoratore, una volta inglobata nella sua anzianità di
servi il pregresso periodo di formazione lavoro, non può più essere
discriminato in ragione del fatto che una porzione della sua anzianità di
servizio è tale solo in forza dell’equiparazione legale suddetta”.
7.2. Alla luce di questi chiari e autorevoli insegnamenti, appare evidente
l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata, la quale si è
allineata ai precedenti giurisprudenziali poi recepiti e rielaborati dalla
pronuncia delle Sezioni Unite. Restano così assorbite anche le questioni
relative alla valenza interpretativa attribuita dalla Corte territoriale al
verbale di accordo del 1997, e che costituisce il nucleo centrale del quarto
motivo di ricorso, laddove, con riferimento alla questione posta con l’ultimo
motivo di ricorso — premesso che la nullità della clausola relativa alla
riduzione dell’orario di lavoro non risulta affrontata nella sentenza in esame
e, sotto tale riguardo, il ricorso difetta di autosufficienza, non specificando
in che termini la detta questione sarebbe stata prospettata ai giudici di merito
– deve ritenersi che un diverso orario di lavoro imposto ai lavoratori assunti
con contratto di formazione lavoro nel periodo successivo alla
trasformazione del loro rapporto in contratto a tempo indeterminato, stante
l’evidente carattere discriminatorio, è in palese contrasto con il principio
della inderogabilità e imperatività dell’art. 3 della legge citata,
nell’interpretazione datane dalle Sezioni unite di questa Corte.
8. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e l’Atac deve essere
condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del
presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

h

Udienza 24 giugno 2015
Presidente Roselli
Relatore Doronzo
R.G. n. 2134/2010
ATAC e/ Fratcsehi +16

MURI, .1.1P

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore
delle parti costituite, delle spese del presente giudizio, che liquida in E
100,00 per esborsi e E 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese
generali e altri accessori di legge. Nulla sulle spese per la parte rimasta
intimata.
Roma, 24 giugno 2015
Il Presidente
Dott. Federico Roselli

Udienza 24 giugno 2015
Presidente Roselli
Relatore Doronzo
R.G. n. 2134/2010
ATAC c/ Frateschi +16

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