Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 215 del 05/01/2011

Cassazione civile sez. III, 05/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 05/01/2011), n.215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.P. (OMISSIS) (e per esso il suo procuratore

speciale T.S.), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DI VILLA CARPEGNA 42, presso lo studio dell’avvocato ENRICO PETRUCCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato D’ERME GIOVANNI, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALLIANZ SPA (OMISSIS) (già Riunione Adriatica di Sicurtà SpA)

in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la

rappresenta e difende, giusta mandato speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

PI.LU., PI.EM.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2854/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

21.10.08, depositata il 24/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Antonio Manganiello (per

delega avv. Giorgio Spadafora) che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GOLIA

Aurelio che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 2 dicembre 2009 P.P., rappresentato dal suo procuratore speciale T.S., ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 24 ottobre 2008 dalla Corte d’Appello di Milano, confermativa della sentenza del Tribunale, che aveva accolto parzialmente (non liquidava il richiesto danno patrimoniale) la domanda di risarcimento danni da sinistro stradale proposta contro la R.A.S. S.p.A., Pi.Em. e Pi.Lu..

La Allianz S.p.A. (già R.A.S. S.p.A.) ha resistito con controricorso, mentre i Pi. non hanno espletato attività difensiva.

2 – Il ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni. In primo luogo per “difetto di rappresentanza. Infatti la procura apposta a margine del ricorso risulta rilasciata da T.S., il quale asserisce di agire in qualità di procuratore speciale del P. in virtù di procura speciale notarile che tuttavia non viene allegata al ricorso, in tal modo impedendo alla Corte di verificare che essa autorizzasse il T. ad agire anche in questa sede.

3. – In secondo luogo la formulazione dei due motivi di ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Il primo motivo denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

omessa liquidazione del danno patrimoniale.

La censura poggia sulla C.T.U. in relazione alla quale non è stato rispettato l’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

Inoltre le argomentazioni a sostegno implicano valutazioni di merito.

Inoltre il momento di sintesi finale prescinde dall’affermazione – di per sè decisiva – della Corte territoriale, secondo cui difettava la prova del rapporto di causalità tra la riduzione della capacità lavorativa specifica ritenuta dal C.T.U. e la concreta attività lavorativa svolta.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2056 e 2729 c.c.; omessa liquidazione del danno patrimoniale in via presuntiva ed equitativa.

La censura è sostanzialmente ripetitiva della precedente. Inoltre non indica quali elementi presuntivi la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare ed ha invece ignorato. Infine il quesito finale si rivela astratto proprio perchè non enuncia le ragioni che avrebbero dovuto indurre la sentenza impugnata ad una statuizione diversa.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La resistente ha presentato memoria adesiva alla relazione ed ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2011

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