Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21499 del 18/10/2011

Cassazione civile sez. III, 18/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 18/10/2011), n.21499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO SALUTE (OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’

RICERCA SCIENTIFICA (OMISSIS), PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI

MINISTRI, MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;

– ricorrenti –

contro

O.A. (OMISSIS), N.F.

(OMISSIS), C.M.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUNGOTEVERE FLAMINIO 44,

presso lo studio dell’avvocato SERRINI CESARE, che li rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– controricorrenti –

Nonchè da:

CA.MA., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 44

presso lo studio dell’avvocato SERRINI CESARE che li rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrenti incidentali –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE (OMISSIS), MINISTERO SALUTE

(OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA SCIENTIFICA

(OMISSIS), PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 4815/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/12/2009 R.G.N. 6329/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato CESARE SERRINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso,

accoglimento p.q.r. del ricorso Ca. + 21.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli odierni contro ricorrenti proposero appello avverso la sentenza, con la quale il tribunale di Roma ne aveva rigettato, per intervenuta prescrizione, la domanda di condanna delle amministrazioni oggi ricorrenti al pagamento dell’indennizzo dovuto in relazione al periodo di frequentazione post-universitario di scuole di specializzazione in branche mediche.

Il gravame venne rigettato dall’adita corte di appello di Roma per tutti i medici specializzandi – salvo che per i dottori C., N. e O., titolari di una posizione per la quale il giudice territoriale ritenne non integralmente decorso il termine di prescrizione del diritto azionato -, essendo spirato il termine di prescrizione decennale, il cui dies a quo venne collocato alla data del completamento del corso di specializzazione. La sentenza è stata impugnata dalla Avvocatura dello Stato con ricorso per cassazione articolato in 4 motivi. Resistono con controricorso e ricorso incidentale tutti i medici specializzandi, mentre l’ O. il C. e il N. corredano il controricorso, oltre che con ricorso incidentale, con un ulteriore ricorso incidentale condizionato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale è fondato quanto al suo quarto motivo (erroneamente rubricato come terzo in ricorso), entro i limiti di cui si dirà, mentre le altre censure risultano infondate.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2946, 2947 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono palesemente infondati.

La corte territoriale ha, difatti, deciso in conformità con il recente dictum delle sezioni unite di questa corte regolatrice che, con la sentenza n. 9147 del 2009, ha, in subiecta materia, espressamente escluso la natura extracontrattuale della responsabilità delle amministrazioni statuali, indicando espressamente in dieci anni il termine di prescrizione del diritto vantato dai medici.

Le argomentazioni addotte a sostegno della tesi opposta non appaiono idonee a supportare alcun mutamente di tale, recente, condivisa giurisprudenza.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo è privo di pregio.

Questa corte, con la recente sentenza 18041 del 2011, ha difatti collocato il dies a quo della prescrizione del diritto azionato dai medici specializzandi alla data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, ritenendo legittima l’inerzia precedente a tale data da parte degli aventi diritto.

Da tale giurisprudenza, che va in questa sede ulteriormente confermata, il collegio non ha motivo per discostarsi. Con il quarto motivo, si denuncia contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La censura coglie nel segno quanto all’affermazione secondo la quale i criteri di calcolo delle somme dovute agli specializzandi non potrebbero legittimamente commisurarsi all’importo della borsa di studio così come introdotta e quantificata nel decreto del 1991.

Va in premessa osservato come la qualificazione dell’obbligazione statuale come “indennitaria” consegue ai reiterati dieta, della Corte di giustizia, secondo la cui giurisprudenza l’obbligazione riparatoria dello Stato non deve necessariamente permearsi del requisito della colpa: onde l’attività ermeneutica di ricostruzione morfologica e funzionale, da parte dalle sezioni unite della Corte, di quella peculiare responsabilità, che, svincolata dai presupposti soggettivi di cui all’art. 2043 c.c., trova legittima collocazione nell’alveo della regula iuris di cui all’art. 1176.

L’obbligazione in parola si distingue, pertanto, da quella risarcitoria ex art. 2043 per la pecularità della sua fonte, al di là del suo contenuto.

Contenuto lato sensu risarcitorio, volta che (come affermato dalla stessa Corte di giustizia) l’inadempimento dello Stato ne comporta l’obbligazione di “riparare” il danno, ma a condizioni meno favorevoli di quelle che riguardino analoghi reclami di natura interna e comunque non tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile il conseguimento di tale “riparazione”, da adeguare al danno subito secondo criteri stabiliti dall’ordinamento interno.

Arbitraria, peraltro, appare la equiparazione tout court tra la detta “riparazione” e il risarcimento integrale del danno conseguente alla commissione di un atto non iure e contra ius da parte del privato, secondo i dettami della Generalklausel di cui all’art. 2043 c.c..

Equiparazione che comporterebbe, nella sostanza, una illegittima trasformazione, sul piano genetico, di una obbligazione indennitario/riparatoria, lato sensu ex contractu, gravante sulle amministrazioni statali in un obbligo risarcitorio tout court, obbligo i cui caratteri morfologici questa corte, va ripetuto, ha già avuto modo di individuare nell’ambito di una approfondita actio finium regundorum rispetto ai diversi ambiti operativi tanto della pretesa risarcitoria di natura aquiliana, quanto del “corrispettivo” vero e proprio di una attività “paralavorativa” prestata dallo specializzando durante gli anni di corso, da commisurarsi appunto all’importo della borsa di studio riconosciuta poi dal legislatore in epoca successiva al 1991.

L’inizio della formazione specialistica in epoca anteriore al 1991 comporta, di converso, la oggettiva impredicabilità di un’equazione che si dipana attraverso la scansione diacronica “frequenza- tempo pieno – retribuzione – borsa di studio”, volta che una operazione in tal guisa concepita comporterebbe, nella sostanza, l’applicazione retroattiva del D. n. 257 del 1991 e la trasformazione, in altri termini, di una disciplina comunque discrezionale quanto all’individuazione della misura della retribuzione (e pacificamente rimessa al legislatore statuale) e comunque irretroattiva sul piano della sua decorrenza, in una disposizione normativa “inconsapevolmente” (e involontariamente) retroattiva.

Il dictum delle sezioni unite di questa Corte in subiecta materia – Cass. 9147/09, ove si discorre di un’obbligazione di tipo indennitario da atto lecito (sul piano interno) dello Stato — è, di converso, quello secondo il quale, in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto – anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno. Ne consegue che il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non è subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa e deve essere determinato, con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente apprezzabile, restando assoggettata la pretesa risarcitoria, in quanto diretta all’adempimento di una obbligazione ex lege riconducibile all’area della responsabilità contrattuale, all’ordinario termine decennale di prescrizione.

La “idonea compensazione” di cui discorrono le sezioni unite di questa corte, pertanto, deve rispondere, da un canto, al requisito della serietà, congruità e non irrisorietà, dovendosi ristorare un danno alla luce “della perdita subita in conseguenza del ritardo oggettivamente apprezzabile”; dall’altro, in assenza di alcuni degli elementi strutturali dell’illecito aquiliano (il dolo/la colpa; la ingiustizia del danno inteso come condotta non iure del danneggiante) all’esigenza di non trasmutare in diritto al risarcimento tout court sì come predicato dall’art. 2043 c.c. (risarcimento integrale il cui parametro oggettivo ben potrebbe essere, allora sì, l’intero importo previsto per le borse di studio riconosciute in epoca successiva al 1991); dall’altro ancora, alla impredicabilità di una identificazione con il corrispettivo di una prestazione eseguita e non retribuita, in un’orbita di pensiero strettamente giuslavoristica (quale quella disegnata dalla pronuncia 488/09 in tema rifiuto ingiustificato, da parte del datore di lavoro, di assumere il lavoratore avviato ai sensi della L. n. 482 del 1968, onde la di lui responsabilità contrattuale e il conseguente obbligo di risarcire l’intero pregiudizio patrimoniale che il lavoratore ha subito durante tutto il periodo in cui si è protratta l’inadempienza) e non, come nella specie, “paracontrattuale” da responsabilità statuale per atto privo, sul piano interno, del carattere della illiceità. In tali sensi il collegio ritiene di dare seguito, più analiticamente specificandone i contenuti, alla giurisprudenza di questa stessa corte regolatrice che, con la pronuncia n. 5842 del 2010, ha affermato, in argomento, che la mancata trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto dalle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE – non autoesecutive in quanto, pur prevedendo lo specifico obbligo di retribuire adeguatamente la formazione del medico specializzando, non consentivano l’identificazione del debitore e la quantificazione del compenso dovuto – fa sorgere il diritto degli interessati al risarcimento dei danni, tra i quali devono comprendersi non solo quelli conseguenti all’inidoneità del diploma di specializzazione (conseguito secondo la previgente normativa) al riconoscimento negli altri Stati membri e al suo minor valore sul piano interno ai fini dei concorsi per l’accesso ai profili professionali, ma anche quelli connessi alla mancata percezione della remunerazione adeguata da parte del medico specializzando.

Al giudice del rinvio, pertanto, è demandato il compito di quantificare tale, peculiare diritto indennitario/(para)risarcitorio spettante al medico specializzando, quantificazione che non potrà che avvenire sul piano equitativo, secondo canoni di parità di trattamento per situazioni analoghe già compiutamente e motivatamente enucleati, quanto all’applicazione della relativa regola equitativa, da questa corte con la sentenza n. 12408 del 2011 in tema di liquidazione del danno non patrimoniale.

Parametro di riferimento per il giudice territoriale sarà, pertanto, costituito dalle indicazioni contenute nella legge 19 ottobre 1999, n. 370, con la quale lo Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo nei confronti di tutte le categorie astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre 1982, si erano potute verificare le condizioni fattuali idonee a dare luogo all’acquisizione dei diritti previsti dalle direttive comunitarie, e che non risultavano considerate dal D.Lgs. del 1991.

Fondato risultano, ancora, il terzo motivo del ricorso incidentale O. + 2 e il terzo motivo del ricorso incidentale Ca.

ed altri, afferenti al tema della prescrizione, che, come si è avuto modo di osservare nell’esame del 3^ motivo del ricorso principale, non risulta decorsa per nessuno dei medici specialisti, essendo il relativo dies a quo individuato con riferimento alla data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999. In tale accoglimento assorbiti i restanti motivi di censura, ed assorbito altresì in esso il ricorso incidentale condizionato O., la sentenza impugnata deve essere cassata entro i limiti di cui in motivazione, con rinvio del procedimento alla corte di appello di Roma che, in diversa composizione, provvederà anche alla disciplina delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale, ne rigetta il primo il secondo e il terzo, accoglie il terzo motivo di entrambi i ricorsi incidentali, assorbito quello incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Roma in altra composizione.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2011

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