Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21497 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. I, 06/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 06/10/2020), n.21497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23049/2016 proposto da:

C.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via del

Plebiscito n. 102, presso lo Studio Lombardi Molinari Segni,

rappresentato e difeso dall’avvocato Bocca Renato, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

e sul ricorso successivo:

V.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Gentile da

Fabriano n. 3, presso lo studio dell’avvocato Calonzi Francesca,

rappresentato e difeso dall’avvocato Ludovici Gianluca, giusta

procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore;

e

Vi.Se., elettivamente domiciliato in Roma, Via Silvio Pellico

n. 16, presso lo studio dell’avvocato Persio Pennesi Alessandra, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Di Salvatore

Salvatore, Verona Silvia Maria (rinunciante al mandato in data

31/7/2018), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Dicom S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

F. Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avvocato Manzi Andrea,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pettinelli

Paolo, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

G.R., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza dei

Caprettari n. 70, presso lo studio dell’avvocato Li Puma Emanuele,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Borlone Luigi,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

S.G., T.P., To.Ru.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2811/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

pubblicata il 05/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/09/2020 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per l’inammissibilità per

sopravvenuta carenza d’interesse del ricorso principale, rigetto del

ricorso V.;

uditi, per la controricorrente Dicom, gli Avvocati Paolo Pettinelli,

e Gianluca Calderara, quest’ultimo con delega orale, che hanno

chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per la controricorrente G., l’avvocato Emanuele Li Puma,

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per i ricorrenti successivi, l’Avvocato Gianluca Ludovici, per

V.S., che con delega orale discute anche per Vi.Se.,

che chiede l’accoglimento del ricorso dei V..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2811/2016, depositata in data 5/7/2016, – in controversia promossa da S.G. avverso il lodo arbitrale parziale del 3/3/2010, con il quale erano state definite questioni pregiudiziali e preliminari e dichiarata nulla la consulenza tecnica d’ufficio e disposta la sua rinnovazione, e successivamente da C.P. avverso il lodo parziale e quello definitivo sottoscritto il 26/8/2010, con il quale era stata definita un’azione di responsabilità proposta dalla DICOM spa in amministrazione straordinaria nei confronti taluni ex amministratori ( C.P., S. e Vi.Se., S.G.) e sindaci ( T.P., To.Ru. e G.R.) della società per fatti di pretesa mala gestio nel periodo tra il (OMISSIS) (prima dell’ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria), con condanna in solido degli amministratori Vi.Se., V.S., S.G. e C.P., ritenuti responsabili (assolti invece tutti i sindaci), al risarcimento del danno quantificato nell’importo relativo alla prima tranche di un finanziamento pubblico incassato dalla Dicom e che la società, a seguito di una sentenza della Corte dei Conti, era stata condannata a restituire, – ha dichiarato inammissibili le impugnazioni proposte avverso il lodo non definitivo e respinto le impugnazioni proposte (basate sull’improcedibilità dell’arbitrato per carenza di preventiva autorizzazione del Commissario straordinario della DICOM, sulla nullità dello stesso per decadenza dell’arbitro unico, per difetto del litisconsorzio necessario tra tutti gli amministratori e con una terza società, la Finmek spa, per violazione del giudicato rappresentato da giudizio definito dinanzi alla Corte dei Conti, per contrarietà all’ordine pubblico della decisione sul rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dal C., per contraddittorietà in ordine alla responsabilità di C.P. e di Se. e V.S. ed in ordine alla compensazione delle spese) avverso quello definitivo, nonchè dichiarato inopponibile a S.G. la clausola compromissoria adottata con delibera del 2004 dalla DICOM e conseguentemente dichiarato nulli parzialmente, per carenza di ius postulandi in capo all’arbitro unico, i lodi parziale e definitivo nei suoi riguardi.

Avverso la suddetta pronuncia, C.P. propone ricorso per cassazione, notificato il 4/10/2016 e depositato il 19/10/2016, affidato a tre motivi, nei confronti di DICOM spa (che resiste con controricorso), di S.G., T.P., To.Ru., Vi.Se. e V.S. (che non svolgono difese) e di G.R. (che resiste con controricorso); con altro autonomo e successivo atto, notificato il 4/10/2016 ma iscritto a ruolo il 24/10/2016, S. e Vi.Se. hanno proposto, avverso la stessa sentenza, altro ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, nei confronti di DICOM spa (che resiste con controricorso) e di C.P., S.G., T.P., To.Ru. (che non svolgono difese) e di G.R. (che non svolge difese).

I ricorrenti V. hanno presentato istanza di rimessione in termini per rinnovare la notifica del ricorso a G.R.. Il ricorrente C. ha depositato in data 31/8/2020 atto, notificato alle altre parti costituite, di rinuncia al ricorso e richiesta di compensazione delle spese di lite, con accettazione da parte della controricorrente Dicom spa. Il ricorrente incidentale V.S. ha depositato, il 1/9/2020, atto di costituzione in sostituzione di altro difensore e successivamente memoria scritta. Il ricorrente Vi.Se. e la controricorrente G. hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente C. lamenta lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 821 e 121 c.p.c., art. 112 c.p.c., artt. 156 e 157 c.p.c., artt. 2964,2965,2966,2967,2968 e 2969 c.c., nonchè una motivazione meramente apparente, anche ex art. 360 c.p.c., n. 5, censurando la statuizione della Corte d’appello di inefficacia dell’atto di decadenza, notificato ai sensi dell’art. 821 c.p.c., dal C. all’arbitro ed a tutte le parti del giudizio arbitrale, prima della pronuncia sul lodo definitivo, perchè carente di specifiche ragioni dell’asserita invalidità della proroga del termine per il deposito del lodo definitivo (scaduto l’8/3/2010); 2) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2934, 2935, 2936, 2937, 2938, 2939 e 2940 c.c., in relazione alla statuizione relativa al carattere di norme non di ordine pubblico delle disposizioni in tema di prescrizione dei diritti, con conseguente rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dal C. (per decorso del termine quinquennale tra la cessazione della carica di amministratore e la notifica della domanda di arbitrato) ex art. 829 c.p.c., comma 3 secondo periodo; 3) con il terzo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su motivo di impugnazione di nullità del lodo definitivo, ex art. 829 c.p.c., n. 11, per disposizioni contrarie tra motivazione e dispositivo, laddove l’arbitro unico aveva prima dichiarato l’insussistenza del nesso causale tra le condotte attribuite, tra gli altri, al C. prima del marzo 2004 (vale a dire prima della decisione di rimodulare il progetto sotteso alla richiesta di finanziamento pubblico) e l’avvenuta revoca dell’agevolazione e poi, nel dispositivo, condannato anche il C. (il quale aveva cessato di essere amministratore della Dicom a far data dal 3 maggio 2004) o per motivazione meramente apparente, anche ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè per violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1223 c.c., in tema di accertamento della condotta illecita e di interruzione del nesso di causalità tra detta condotta ed il lamentato danno.

2. I ricorrenti V., da qualificarsi incidentali (cfr. Cass. 3004/2004 e Cass. 25662/2014: “Il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale. Nel caso in cui i due ricorsi risultino essere stati notificati nella stessa data, l’individuazione del ricorso principale e di quello incidentale va effettuata con riferimento alle date di deposito dei ricorsi, sicchè è principale il ricorso depositato per primo, mentre è incidentale quello depositato per secondo”), lamentano: 1) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, degli artt. 102 c.p.c. e 816 quater, 829 e 830 c.p.c., artt. 2497, 2392 e 2381 c.c., in punto di rigetto dell’eccezione di nullità del lodo arbitrale per difetto del litisconsorzio necessario, nei confronti di altri amministratori e sindaci della società e della capogruppo controllante Finmak, in presenza di un rapporto plurisoggettivo inscindibile; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 819 bis e 295 c.p.c., in punto di rigetto del motivo di impugnazione relativo alla mancata sospensione del giudizio arbitrale in pendenza di altro giudizio; 3) con il terzo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, degli artt. 2392, 2393 e 2497 c.c. e artt. 829 e 830 c.p.c., in punto di rigetto del motivo di nullità del lodo arbitrale per vizio di contraddittorietà in ordine alla condanna del V.S., consigliere privo di deleghe, e del Vi.Se., in assenza di comportamenti dolosi; 4) con il quarto motivo (erroneamente rubricato sub 5), la violazione “dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per mancata pronuncia sulla quantificazione del danno”, in quanto la Corte di merito non si sarebbe pronunciata sulle censure di contraddittorietà ed erroneità della decisione arbitrale in punto di danno liquidato.

I ricorrenti V. hanno chiesto di essere rimessi in termini per rinnovare la notifica del ricorso alla intimata G., non essendosi perfezionata una prima notifica nei suoi confronti. Il Presidente, nell’ottobre 2016, ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza.

3. La controricorrente G. ha chiesto in via preliminare l’estromissione dal giudizio, stante il passaggio in giudicato del lodo a sè favorevole.

4. A fronte della rinuncia al ricorso principale del C., con accettazione da parte della controricorrente Dicom, va dichiarata cessata la materia del contendere tra dette parti (Cass. S.U. 8980/2018), avendo le stesse definito (anche) la presente vertenza in via stragiudiziale, con venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e conseguentemente dell’interesse al ricorso, formulando richiesta congiunta di compensazione delle spese di lite.

5. La controricorrente G., non ha aderito ed ha insistito per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità in suo favore.

Ai soli fini quindi della c.d. soccombenza virtuale, il ricorso del C. è infondato, risultando: a) la prima censura inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi, avendo la Corte d’appello, in relazione alla nullità del lodo per asserita decadenza dell’Arbitro unico ai sensi dell’art. 821 c.p.c., per decorso del termine per la pronuncia del lodo definitivo che avrebbe dovuto essere depositato l’8/3/2010, rilevato che l’atto di decadenza, in quanto volto a far valere una nullità relativa, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., doveva indicare le specifiche ragioni dell’asserita invalidità della proroga e che nell’atto in esame non erano prese in considerazione “le ulteriori ragioni con le quali l’Arbitro ha motivato la nullità della CTU e la necessità di disporre la rinnovazione” della stessa, oltre ad aggiungere che il termine per la pronuncia è stato validamente prorogato per effetto della pronuncia del lodo non definitivo, ex art. 820 c.p.c., mentre il ricorrente C. si limita a contestare soltanto la ratio decidendi inerente la necessaria indicazione, nell’atto con il quale la parte tempestivamente ha manifestato la volontà di far valere la decadenza dell’arbitro per mancato rispetto del termine per il lodo definitivo, delle specifiche doglianze; b) la seconda censura (vale a dire l’allegazione di violazione del canone di diritto applicato in tema di prescrizione, specificamente di quelle che disciplinano gli atti interruttivi della prescrizione, atteso che l’arbitro unico aveva ritenuto che la prescrizione era stata correttamente interrotta per effetto della proposizione di un’azione ex art. 2409 c.c., della configurabilità del fatto come reato, della costituzione di parte civile del socio Finmek nel procedimento penale e dell’applicabilità dell’art. 2941 c.c.) è del pari inammissibile, in quanto l’impugnazione del lodo arbitrale, anche nella disciplina ante Novella 2006, non può mirare ad una rivalutazione dei fatti, nemmeno in via di controllo sull’adeguatezza e congruità dello iter argomentativo seguito dagli arbitri (in ogni caso, nella materia dell’impugnazione del lodo arbitrale, cfr. Cass. 3481/2016, ove, ritenendosi le norme sulla prescrizione non di ordine pubblico, si è affermato che la violazione delle relative norme di diritto non è denunciabile ai sensi del novellato art. 829 c.p.c., comma 3); c) la terza censura è infondata, non sussistendo il vizio denunciato di omessa pronuncia, avendo la Corte d’appello ritenuto che non ricorresse la dedotta contraddittorietà non avendo l’arbitro ritenuto insussistente o interrotto il nesso causale tra le condotte degli amministratori e la revoca del finanziamento pubblico ai sensi della L. n. 488 del 1992, considerato che nessuno degli amministratori si era adoperato per una rimodulazione del programma di investimenti nel corso di svolgimento del progetto (nel senso che nel corso del 2004 gli amministratori avevano deciso di non usufruire più di ulteriori contributi della L. n. 488, senza poi dare corso a tale decisione), ritenendo – l’Arbitro sussistente la responsabilità dello stesso C., quale membro del Consiglio di amministrazione dal 5/12/2001 al 3/5/2004, per avere omesso il fondamentale dovere di controllo sugli atti degli altri membri del Consiglio e per non avere mai richiesto all’Amministratore delegato, V.S., informazioni in merito alla gestione sociale, allo stato di avanzamento del Progetto industriale di cui al Business Plan nonchè alle operazioni poste i essere in ottemperanza agli obblighi richiesti dalla L. n. 488 del 1992.

6. Venendo quindi all’esame del ricorso incidentale dei sign.ri V., la prima censura, in ordine all’error in procedendo rappresentato dal rigetto dell’eccezione di nullità del lodo definitivo e del lodo non definitivo per difetto di litisconsorzio necessario, dovendosi estendere il contraddittorio a tutti i membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della Dicom e della controllante Finmek, è infondata.

La Corte d’appello ha ritenuto infondata la doglianza, rilevando che l’azione di responsabilità sociale non va necessariamente proposta contro tutti gli amministratori e sindaci, trattandosi di responsabilità solidale e di scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido. Questa Corte ha infatti, con orientamento consolidato, ribadito che “in tema di responsabilità degli amministratori di società, ove la relativa azione venga proposta nei confronti di una pluralità di soggetti, in ragione della comune partecipazione degli stessi, anche in via di mero fatto, alla gestione amministrativa e contabile, tra i convenuti non si determina una situazione di litisconsorzio necessario, attesa la natura solidale della obbligazione dedotta in giudizio che, dando luogo ad una pluralità di rapporti distinti, anche se collegati tra loro, esclude l’inscindibilità delle posizioni processuali, consentendo quindi di agire separatamente nei confronti di ciascuno degli amministratori” (Cass. 21567/2017; Cass. 7907/2012).

7. Anche il secondo motivo è infondato.

In punto di mancata sospensione necessaria del procedimento arbitrale, ex artt. 295 ed 819 bis c.p.c., in relazione ad altro giudizio pendente, in grado di appello, dinanzi alla Corte dei Conti per il risarcimento del danno erariale, la Corte d’appello ha rilevato che la doglianza non meritava accogliment.D stante la diversità di oggetto dei distinti giudizi e perchè la sentenza di primo grado della Corte dei Conti non era stata valutata dall’Arbitro come cosa giudicata ma come fonte di prova ai fini dell’accertamento della sussistenza di condotte contrarie all’interesse sociale tenute dall’amministratore delegato V.S.. Ora, l’art. 819 ter c.p.c. dispone espressamente che nei rapporti tra arbitrato e processo giudiziario non si applica l’art. 295 c.p.c., come già affermato dalla giurisprudenza di questo giudice di legittimità (Cass. 783/2016; Cass. 16995/2007: “Il rapporto di pregiudizialità tra due controversie, che impone al giudice di sospendere il processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ricorre solo quando la decisione della prima influenzi la pronuncia che deve essere resa sulla seconda, nel senso che sia idonea a produrre effetti relativamente al diritto dedotto in lite e che possa, quindi, astrattamente configurarsi il conflitto tra giudicati. Ne consegue che la natura privata dell’arbitrato e del provvedimento che ne deriva, escludendo il pericolo di un contrasto di giudicati, impedisce anche la possibilità per il giudice di sospendere la causa in attesa della definizione di una lite pendente davanti agli arbitri o in relazione alla quale sia prevista la definizione a mezzo di arbitrato”; Cass. 20351/2005; Cass. 4943/2001) stante la natura negoziale dell’arbitrato.

8. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto, del tutto correttamente, inammissibili le critiche mosse dai V. al lodo in punto di accertata responsabilità dei medesimi, per genericità delle stesse e perchè volte a provocare un inammissibile riesame del merito della pronuncia arbitrale, non consentito. Ora, attraverso la censura in punto di contraddittorietà della motivazione, i ricorrenti intendono sollecitare una inammissibile nuova valutazione delle risultanze istruttorie e delle specifiche condotte ritenute dall’Arbitro fonte di responsabilità.

9. Anche la quarta censura è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto la doglianza (mossa dal V.S.) infondata (rectius inammissibile) perchè generica e perchè tendente ad un riesame di merito della pronuncia arbitrale. Ora, nel motivo di ricorso, non si chiarisce il che termini si era censurato il lodo in ordine alla quantificazione del danno e come aveva motivato l’arbitro sul punto.

10. Per tutto quanto sopra esposto, dichiarata cessata la materia del contendere sul ricorso principale del C., respinge il ricorso incidentale di Vi.Se. e V.S.. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità vanno integralmente compensate, stante l’esito della lite, nel rapporto C./Dicom spa, mentre, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, nei restanti rapporti (rilevandosi che la G. ha depositato controricorso solo in risposta a quello del C., anche perchè non era andata a buon fine la notifica del ricorso dei V. nei suoi riguardi).

P.Q.M.

La Corte:

a) dichiara cessata la materia del contendere sul ricorso principale di C.P.; dichiara integralmente compensate le spese processuali del presente giudizio di legittimità nel rapporto processuale C./Dicom spa; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente G., liquidate in complessivi Euro 6.800,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

b) respinge il ricorso incidentale di Vi.Se. e V.S.; condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, in favore della Dicom spa, in complessivi Euro 10.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrente incidentali V. dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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