Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21494 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 25/10/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 25/10/2016), n.21494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5920/2015 proposto da:

CIO CENTRO IMMOBILIARE ORGANIZZATO SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SISTINA, 42, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI GALOPPI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE PETRELLA, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPOROSSI,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO SIANO, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 129/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA

dell’08/10/2013, depositata il 17/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato MICHELE PETRELLA, difensore del ricorrente, che

chiede l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CHIARA ROMANELLI, giusta delega allegata al verbale

dell’Avv. SIANO, difensore del controricorrente, che chiede il

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia Immobiliare CIO srl otteneva decreto ingiuntivo contro C.R. in ragione dell’obbligazione assunta dal C. del (OMISSIS) per iscritto unitamente alla sua proposta di acquistare un immobile, di corrisponderle la somma di Euro 23.250,00 quale corrispettivo della mediazione, anche in caso di revoca della proposta stessa, revoca che successivamente è intervenuta, anche dopo che la stessa fosse stata accertata.

Il C. opponeva tale decreto eccependo: a) l’insussistenza del presupposti di cui all’art. 633 c.p.c., per essere stato lo scritto del (OMISSIS) allegato da CIO sostituito il 7 aprile successivo quando, con una nuova proposta di acquisto, vi era stato un nuovo impegno a pagarle la provvigione al momento del preliminare, poi mai stipulato; b) inesistenza del diritto alla provvigione per avere CIO solo presentato un immobile sulla cui compravendita non si era concluso nessun contratto; c) responsabilità ex art. 1759 c.c., per non aver verificato la commerciabilità dell’immobile, qui compromessa dalla presenza dei soppalchi abusivi.

Il Tribunale di Bologna con sentenza 2659 del 2010, rigettava l’opposizione, ritenendo valido ed efficace tra le parti lo scritto del (OMISSIS) ed irrilevante la mancata conclusione del preliminare.

La Corte di Appello di Bologna, pronunciandosi su appello proposto da C., con contraddittorio integro, con sentenza n. 129 del 2014 accoglieva parzialmente l’appello e, in parziale riforma della sentenza, revocava il decreto ingiuntivo, compensava un terzo delle spese dell’intero giudizio e poneva la restante parte di due terzi a carico della società CIO srl. Secondo la Corte di appello di Bologna, per ben tre volte l’obbligazione sottoscritta da C. era stata “di pagare la provvigione al compromesso ovvero al preliminare”; pertanto poichè il preliminare non era stato stipulato, il diritto alla provvigione del mediatore non era sorto.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società CIO (Centro Immobiliare Organizzato) srl con ricorso affidato a due motivi illustrati da memoria. L’ing. C.R. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La società CIO srl lamenta:

a) con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in ambito di interpretazione soggettiva e dell’art. 1367 c.c., in ambito di interpretazione oggettiva della volontà dell’ing. C. e delle conseguenti intese con CIO (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in relazione al passaggio in cui la Corte di Appello di Bologna ha ritenuto che il diritto la compenso sarebbe stato convenuto unicamente ove si fosse perfezionato contratto preliminare di vendita dell’immobile. Sostiene la ricorrente, che la Corte distrettuale, nel ricostruire la volontà dell’ing. C. in merito al pagamento della provvigione al mediatore, avrebbe fatto cattiva applicazione delle regole di diritto che regolano l’interpretazione degli atti negoziali.

Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto, che gli atti sottoscritti dall’ing. C., cui fa riferimento la sentenza sono tre, ma solo uno è diretto alla società CIO, mentre gli altri sono impegni diretti alla parte venditrice. Nell’unico atto diretto alla società Ciò, il C. avrebbe dichiarato che “(…) tale somma sarà ugualmente versata in caso di rinuncia all’acquisto, dopo l’accettazione da parte veditrice (..)”. La lettura della dichiarazione di impegno del (OMISSIS) (anche in uno con le due proposte irrevocabili) offrirebbe un quadro chiaro, ovvero che l’ing. C. in deroga ai prestampati intendeva riconoscere a CIO la provvigione, non al momento dell’accettazione della proposta, ma al compromesso con una sola eccezione espressa nella dichiarazione, di cui solo CIO era destinataria e, cioè, che il compenso sarebbe stato riconosciuto anche nell’ipotesi in cui lo stesso C. si fosse rifiutato di andare a compromesso dopo l’accettazione della parte venditrice. In altri termini, la Corte distrettuale non avrebbe valorizzato l’inciso secondo cui “Tale somma sarà ugualmente versata in caso di rinuncia all’acquisto, dopo l’accettazione da parte venditrice”. In questo senso, conclude la ricorrente, una lettura armonica dell’impegno assunto dall’ing. C. è quello secondo cui la provvigione sarebbe maturata al compromesso (e non alla mera accettazione della proposta, come invece nei prestampati di CIO), salvo il caso in cui, comunque, dopo l’accettazione della venditrice, il C. non avesse cambiato idea (è chiaro che C. non intendesse correre il rischio di pagare ove Vesta se ne fosse scappata).

b) Con il secondo motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con riferimento al passaggio in cui la Corte di Appello di Bologna ha ritenuto che il diritto al compenso sarebbe stato convenuto unicamente ove si fosse perfezionato contratto preliminare di vendita dell’immobile. Sostiene la ricorrente che la Corte di Bologna nel non aver preso in considerazione la dichiarazione pur chiara rivolta dall’ing. C. alla CIO con l’atto unilaterale del (OMISSIS) e, cioè, la dichiarazione secondo cui “Tale somma sarà ugualmente versata in caso di rinuncia all’acquisto, dopo l’accettazione di parte venditrice, avrebbe omesso di esaminare tale fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. In verità, i giudici di appello avrebbero proceduto come se tale dichiarazione non fosse neppure agli atti limitandosi ad apprezzare la prima parte della dichiarazione dell’ing. C. e, cioè, che il compenso di CIO sarebbe maturato al compromesso, senza tenere conto che lo stesso si era impegnato a pagarlo “ugualmente”, se lo stesso si fosse rifiutato di procedere al compromesso dopo l’accettazione di parte venditrice.

1.1.- Entrambi i motivi che per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione, nonchè per la loro stretta connessione ed interdipendenza vanno esaminati congiuntamente, sono infondati. Essi si risolvono nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio di legittimità se, come nel caso in esame, la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici e/o giuridici, inoltre la Corte, in modo adeguato e, comunque, esaustivo, ha indicato le ragioni poste a fondamento della decisione e ancor prima perchè ha correttamente applicato i canoni interpretativi di cui agli artt. 1362 c.c. e segg..

Va osservato che la ricorrente ritiene che la Corte distrettuale abbia ricostruito la volontà delle parti in modo difforme da quanto, invece, avrebbe dovuto fare, in particolare, la Corte avrebbe valorizzato unitariamente i documenti sottoscritti dall’ing. C. senza tener conto della loro singola specificità. E’ di tutta evidenza, dunque, che la ricorrente non propone a questa Corte una diversa e corretta applicazione della norme in tema di interpretazione degli atti negoziali, ma una ricostruzione della volontà delle parti diversa da quella effettuata dalla Corte distrettuale. Epperò, la ricorrente non tiene conto che per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 14 novembre 2003, n. 17248). D’altra parte, come più volte è stato affermato da questa Corte di Cassazione (vedi Cass. n. 18375 del 23/08/2006), in materia di interpretazione del contratto, l’accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, onde la possibilità di censurare tale accertamento in sede di legittimità, a parte l’ipotesi in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione del percorso logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, è limitata al caso di violazione delle norme ermeneutiche, violazione da dedursi, peraltro, con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poichè, in caso contrario, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volontà si sostanzia nella proposta di un’interpretazione diversa. In altri termini, il ricorso in sede di legittimità, riconducibile, in linea generale, al modello dell’argomentazione di carattere confutativo, laddove censuri l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata, non può assumere tutti i contenuti di cui quel modello è suscettibile, dovendo limitarsi ad evidenziare l’invalidità dell’interpretazione adottata attraverso l’allegazione (con relativa dimostrazione) dell’inesistenza o dell’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta, e non potendo, invece, affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue.

Ora nel caso in esame la Corte distrettuale ha avuto modo di evidenziare che “(…) ben tre volte l’obbligazione sottoscritta da C. è stata di pagare la provvigione al compromesso ovvero al preliminare: nello scritto del (OMISSIS), che è l’ultima parola tra agenzia e C., in tutta questa partita che si veniva sviluppando dal (OMISSIS) precedente, si conveniva “il pagamento del compenso alla CIO srl al preliminare” secondo un’espressione eguale alle anteriori così come accertato dallo stesso Tribunale (..).

E’ di tutta evidenza, pertanto, che la Corte, nel ricostruire la volontà delle parti così come è stata consegnata nei documenti esaminati, ha fatto buon uso dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.p.c. e segg., ed, in particolare, del canone letterale (con specifico riferimento allo scritto del (OMISSIS), che secondo la Corte sarebbe l’ultima parola (tra Agenzia e C.), del canone logico, ha tenuto conto del comportamento delle parti coevo e posteriore alla stipulazione, del rapporto tra le diverse clausole dell’accordo intercorso tra Agenzia e C.. Tanto è vero che la Corte ha avuto cura di specificare che l’espressione “il pagamento del compenso alla CIO srl al preliminare” era uguale anche nella correzione del modulo che, per la sua composizione e intestazione, si presume fosse stato predisposto unilateralmente dall’appellante. Così, la correzione manuale prevale, come espressione più genuina della volontà di C., cui ha aderito evidentemente l’agenzia, tanto da allegare il testo, il pagamento immediato, che riportava il modulo è stato sostituito dal pagamento al preliminare”.

Il ragionamento della Corte distrettuale rimane condivisibile perchè coerente con i canoni interpretativi di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., anche a tener conto del rilievo della ricorrente secondo il quale nell’atto unilaterale del (OMISSIS) l’ing. C. si impegnava a “(…) versare la somma (…) al compromesso della sopra citata proposta.

Tale somma sarà egualmente versta in caso di rinuncia all’acquisto, dopo l’accettazione da parte venditrice (…)”, soprattutto perchè tale espressione, comunque, cioè, ammesso pure che avesse il senso e la portata che la ricorrente vorrebbe attribuirle, non è più presente, come emerge da quanto riferito dalla stessa ricorrente, nell’ultimo atto, ossia quello, del (OMISSIS), che come ha specificato la Corte distrettuale rappresentava, al riguardo, l’ultima parola tra Agenzia e C.

In definitiva il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare a parte ricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera del consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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