Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21494 del 19/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21494 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 24894-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato TRIFIRO t
SALVATORE, che la rappresenta e difende giusta procura a margine
del ricorso;

– ricorrente Contro
GIANNINI ANTONIO;

– intimato avverso la sentenza n. 190/2010 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA del 23/03/2010, depositata il 12/10/2010;

Data pubblicazione: 19/09/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/07/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIANFRANCO SERVELLO

che aderisce alla relazione.

Ric. 2011 n. 24894 sez. ML – ud. 04-07-2013
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 4 luglio 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta
a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“La prima questione posta con i primi due motivi del ricorso delle Poste
Italiane, notificato con la consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica a

mezzo del servizio postale in data 12 ottobre 2011, avverso la sentenza del 12
ottobre 2010 della Corte d’appello di Venezia, è se il contratto a tempo determinato stipulato dal 2 ottobre 2000 al 31 gennaio 200i con Antonio Giannini
“per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso…” e dichiarato nullo dalla sentenza,
con conseguente conversione del rapporto a tempo indeterminato e con la
condanna della società al risarcimento dei danni dalla data di offerta della prestazione, in misura corrispondente alle retribuzioni perdute (detratto l’aliunde
perceptum), sia da ritenere risolto per mutuo consenso, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale immotivatamente e in violazione degli arti.
1372 c.c.
In proposito, richiamati i principi ripetutamente ed esaustivamente affermati da questa Corte, secondo cui: a) in via di principio è ipotizzabile una
risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti (cfr., ad es., Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, 7 maggio 2009 n. 10526); b) l’onere di provare circostanze significative al riguardo grava sul datore di lavoro che deduce la risoluzione
per mutuo consenso

(cfr.

ad es. Cass. 2 dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre

2000 n. 15403); c) la relativa valutazione da parte del giudice costituisce giudizio di merito; d) la mera inerzia del lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine, così come la ricerca medio tempore di una occupazione,
non sono sufficienti a far ritenere intervenuta la risoluzione per mutuo consenso; deve ritenersi corretta la valutazione della Corte di merito che ha ritenuto

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insussistente la dedotta risoluzione del rapporto con giudizio ispirato a valutazioni di tipicità sociale.
I due motivi appaiono pertanto manifestamente infondati.
La seconda questione posta col ricorso ( 3 0 , 40, 5 0 e 6° motivo) investe
la valutazione di illegittimità e quindi la dichiarazione di nullità del termine
apposto al contratto di lavoro subordinato intercorso tra le parti: in proposito

la ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe, con la sua immotivata
decisione, violato gli artt. 1 e 2 della L. n. 230/1962, 23 della L. n. 56/’87, 8
CCNL 1994 nonché degli accordi sindacali 25.9.97, 16.1.98, 27.4.98, 2.7.98,
24.5.99 e 18.1.2001, in connessione con gli artt. 1362 e ss. c.c.
Anche tali censure sono manifestamente infondate.
Va infatti qui ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte

(cfr., per tutte, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866 e 20 marzo 2009 n. 6913), formatasi in ordine all’esame di fattispecie analoghe alla presente, coinvolgenti
l’interpretazione delle norme contrattuali collettive indicate, la quale ha ripetutamente confermato le decisioni dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti di lavoro stipulati, in base alla previsione delle “esigenze eccezionali” di cui all’accordo integrativo del 25 settembre 1997, ritenendo che i contraenti collettivi, esercitando
i poteri loro attribuiti dall’art. 23 della legge n. 56/1987, abbiano convenuto di
limitare il riconoscimento della sussistenza della situazione indicata per far
fronte alla quale l’impresa poteva legittimamente procedere ad assunzioni di
personale con contratto a tempo determinato unicamente fino al 30 aprile
1998, con la conseguente illegittimità dei contratti stipulati successivamente a
tale data.
Da tali conclusioni della giurisprudenza non vi è ora ragione di discostarsi, in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso sono sorrette da
argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte nelle molteplici occasioni
ricordate e non appaiono comunque talmente evidenti e gravi da esonerare la
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Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda per larga
parte l’assolvimento della funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
Resta assorbito il settimo motivo di ricorso, col quale viene censurata
altro autonomo accertamento che la Corte territoriale avrebbe posto a fondamento della propria decisione.

In via subordinata, la società denuncia con l’ottavo motivo la violazione
degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c., quanto alla decorrenza
delle conseguenze economiche della conversione del contratto a tempo indeterminato tra le parti e col nono invoca comunque l’applicazione dello ius superveniens con efficacia retroattiva rappresentato dall’art. 32 commi 5-7 della
legge n. 183 del 2010, in vigore dal 24 novembre 2010, del seguente tenore:
“Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice
condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo una indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un
massimo di 12 mensilità dell ‘ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604.
In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o
aziendali, stipulati con le 00.SS. comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di
lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla
metà.
Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i
giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini
della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle
parti un termine per l ‘eventuale integrazione della domanda e delle relative

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eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 del codice di procedura civile”
Sul quest’ultimo motivo, che assorbe il precedente, dovrà pronunciarsi
il collegio, ove condivida le precedenti argomentazioni sugli altri motivi di ricorso.

fissare la data dell’adunanza in camera di consiglio.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.
Depositando successivamente copia della conciliazione intervenuta in
sede sindacale tra le parti in data 9 ottobre 2012, coinvolgente la materia del
contendere, la ricorrente ha chiesto alla Corte, con memoria ex art. 378 c.p.c.,
di trarne le conseguenze.
Il Collegio valuta pertanto inammissibile il ricorso, per il venir meno
dell’interesse allo stesso, in conseguenza dell’intervenuta soluzione transattiva
della controversia. Nulla per le spese della parte rimasta intimata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2013
Il Presidente

Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione voglia

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