Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21492 del 10/10/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21492 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: BISOGNI GIACINTO

SENTENZA

Ud. 27/06/14

sul ricorso proposto da:

Mario Buono, domiciliato in Roma, presso la Cancelleria
della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avv. Vittorio Nista che lo rappresenta e difende,
per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente nei confronti di

Aldo Buono, elettivamente domiciliato in Roma, via
degli Scipioni 268/A, presso lo studio dell’avv.
Alessio Petretti che, unitamente all’avv. Angelo Potena i

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lo

rappresenta e difende, per mandato a margine del

2014
controricorso;

Data pubblicazione: 10/10/2014

controri corrente avverso la sentenza n. 178/07 della Corte d’appello di
Foggia emessa in data 25 luglio 2007 e depositata il 9
agosto 2007, R.G. n. 89/2004;
sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto

ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso
e la dichiarazione di inammissibilità dei restanti
motivi con condanna del ricorrente alle spese;

Rilevato che:
l. Aldo Buono ha ottenuto il 6 luglio 2002 dal
Giudice di Pace di San Severo l’emissione di un
decreto ingiuntivo per 1.537,45 euro nei
confronti di Mario Buono esponendo i seguenti
fatti. Mario e Aldo Buono nel 1986 avevano
costituito la s.n.c. Gioielleria Mario e Aldo
Buono avente durata sino al 31 dicembre 2016. A
seguito della comunicazione all’altro socio della
sua volontà di recedere Aldo Buono aveva ottenuto
la stipulazione, in data 6 luglio 2002, di un
contratto erroneamente definito recesso del socio
ma avente il contenuto di un contratto
preliminare di cessione della quota a favore di
Mario Buono. Contrariamente a tale pattuizione
però la quota era stata ceduta con atto del 5
novembre 2002 a Nicola Buono e Anna Miraggio.
Dopo la stipula dell’atto di cessione Aldo Buono
2

procuratore generale dott. Rosario Giovanni Russo che

aveva ricevuto da GEMA s.p.a. l’ingiunzione di
pagamento di una cartella esattoriale per euro
1.537,45, di competenza della società, per
pregresse imposte non pagate. Aldo Buono aveva
pagato tale somma e ne aveva chiesto il rimborso
a Mario Buono ritenendolo obbligato in base al

la richiesta di decreto ingiuntivo accolta dal
Giudice di Pace.
2. Ha proposto opposizione Mario Buono rilevando
che, a seguito dell’atto di cessione del 14
novembre 2002, la precedente scrittura privata
del 6 luglio 2002 aveva perduto qualsiasi
efficacia e affermando, in via subordinata, che
il credito vantato dalla GEMA s.p.a. non poteva
considerarsi compreso fra quelli dei terzi e
fornitori di cui si era occupata la invocata
scrittura nel prevedere la liberazione del
promittente venditore della quota.
3. Il Giudice di pace, con sentenza n. 13/04, ha
respinto l’opposizione.
4. Il Tribunale di Foggia ha confermato la
decisione.
5. Ricorre per cassazione Mario Buono affidandosi a
tre motivi di impugnazione.
6. Si difende con controricorso Aldo Buono.
Ritenuto che
7. Con il primo motivo di ricorso si deduce
violazione dell’art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c. e

3

contratto preliminare del 6 luglio 2002. Di qui

dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 1372
c.c. Sostiene infatti il ricorrente che la
scrittura privata del 6 luglio 2002 non poteva
esplicare alcun effetto tra le parti e quindi non
poteva essere fonte di alcuna obbligazione in
quanto era stata posta nel nulla dall’atto di

5 novembre 2002 davanti al notaio Cassano. Il
ricorrente sottopone alla Corte il seguente
quesito: “dopo la stipula di un contratto
preliminare che prevede la cessione della quota
sociale di un socio a favore dell’altro, previo
corrispettivo, con obbligo di consacrare tale
cessione con atto definitivo a mezzo di notaio,
si verifica una risoluzione del preliminare per
mutuo dissenso qualora il socio promittente
alienante, con il consenso del promissario
acquirente, cede o vende la sua quota, previo
corrispettivo, a terzi, con conseguente
caducazione di tutte le obbligazioni contenute
nel contratto preliminare?”
8. Il motivo è inammissibile in quanto lungi dal
prospettare realmente una violazione di legge
ripropone una diversa interpretazione del valore
e della efficacia della scrittura privata e del
successivo atto notarile. Né può essere sindacata
la motivazione della Corte di appello in
considerazione del contenuto del motivo di
ricorso che si limita a dedurre violazione

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cessione delle quote successivamente stipulato il

dell’art. 360 nn.

4 e 5 c.p.c. e dell’art. 112

c.p.c., in relazione all’art. 1372 c.c..
9. Con il secondo motivo di ricorso si deduce
violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. e dell’art.
112 c.p.c. Secondo il ricorrente la sentenza
impugnata è viziata per ultrapetizione ed

pur non usando espressamente

termine

simulazione, è ricorso a tale istituto per
ritenere privo di effetti l’atto notarile di
trasferimento delle quote in favore di

Anna

Miraggio e Nicola Buono. Il ricorrente contesta
l’esistenza di elementi utili a far ritenere che
fosse volontà delle parti l’intento di conservare
la pluralità dei soci e che tale volontà abbia
determinato il non perfezionamento del contratto
preliminare. Il ricorrente sottopone alla Corte
il seguente quesito: “integra l’ipotesi di ultra
petitum o

extra

petitum il giudice che, nel

motivare la Sentenza, pur non richiamando
espressamente l’istituto della simulazione, a
questa sostanzialmente si riferisce quando
ritiene che la volontà delle parti non sia quella
risultante dal dato letterale dell’atto concluso,
bensì quella simulata da altri accordi; tanto in
assenza di una specifica eccezione formulata
dalla parte interessata?”.
10. Il motivo è palesemente inammissibile perché
fraintende macroscopicamente la ratio

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decidendl

extrapetizione in quanto il giudice dell’appello,

della sentenza impugnata. / giudici dell’appello
non hanno, né esplicitamente né implicitamente,
ritenuto che l’atto notarile di cessione delle
quote sia stato simulato tanto che nello stesso
brano della motivazione, riportato nella parte
illustrativa del motivo di ricorso, si afferma

effettivamente continuata fra il socio Aldo Buono
e i nuovi soci Anna Miraggio e Nicola Buono. Le
motivazioni della Corte di appello circa le
ragioni che possono aver indotto gli originari
contraenti a non dare seguito alla cessione
definitiva delle quote hanno un valore secondario
se non ininfluente nell’economia della decisione
e in ogni caso non comportano alcuna extra o
ultrapetizione.
11. Con il terzo motivo di ricorso si deduce
violazione dell’art. 360 n. 4 c.p.c. e dell’art.
112 c.p.c. Secondo il ricorrente il vizio della
sentenza appellata si rileva anche sotto altro
profilo in quanto la interposizione fittizia di
persona postula la imprescindibile partecipazione
all’accordo simulatorio non solo del soggetto
interponente e di quello interposto ma anche del
terzo contraente chiamato a esprimere la propria
adesione all’intesa raggiunta dai primi due. Il
ricorrente sottopone alla Corte il seguente
quesito: “nel caso di interposizione fittizia di
persona è nulla la sentenza pronunciata

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che la società dopo l’atto di cessione è

allorquando nel giudizio che accerta la
simulazione relativa di un atto non partecipa
anche il terzo, oltre all’interposto e
all’interponente?”
12. Il motivo di ricorso è inammissibile per le
stesse ragioni già esposte quanto al motivo

perorata dal ricorrente con riferimento alla
pretesa affermazione, da parte della Corte di
appello, della simulazione del contratto di
cessione delle quote intercorso fra Aldo Buono e
Anna Miraggio e Nicola Buono. Affermazione che
per quanto si è detto deve ritenersi
assolutamente inesistente nella sentenza della
Corte di appello.
13.11 ricorso va pertanto dichiarato inammissibile
con condanna del ricorrente alle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione liquidate in 1.000 euro di cui
200 per spese, oltre spese forfetarie e accessori di
legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
27 giugno 2014.

precedente. La nullità della sentenza è infatti

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