Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21491 del 15/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 15/09/2017, (ud. 06/07/2017, dep.15/09/2017), n. 21491
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8351/2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OMBRONE, n.
14, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FILIPPO LA SCALA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO DEL STABILE;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 4476/34/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DI PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il
27/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI
CONTI.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Sicilia indicata in epigrafe che, accogliendo parzialmente l’appello proposto dalla stessa, ha ritenuto legittimo l’accertamento emesso per IVA, IRPEF e sanzioni nei confronti di C.C. quanto all’anno d’imposta 2006, annullandolo per gli anni 2004 e 2005.
La parte intimata ha depositato controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
Con tutti i motivi di ricorso principale si lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), nonchè degli artt. 2730 e 2729 c.c..
Le censure meritano un esame congiunto e sono fondate nei termini di seguito esposti.
Il primo motivo di ricorso, senz’altro ammissibile non rilevando ai fini della censura il riferimento alla tipologia di accertamento posto in essere dall’Ufficio, è fondato, come le restanti censure esposte nei motivi successivi, laddove contesta l’affermazione del giudice di appello in ordine all’esclusione di ogni valenza probatoria che lo stesso ha riconosciuto con riferimento alle dichiarazioni confessorie del contribuente.
Ed invero, come già chiarito da questa Corte in tema di contenzioso tributario, le dichiarazioni rese in sede di verifica da un soggetto (nella specie, il direttore tecnico) che abbia operato per conto dell’impresa cui sia attribuita l’emissione di fatture per operazioni inesistenti possono, anche da sole, fondare l’accertamento di un maggior imponibile ai fini dell’IVA, non trattandosi di elemento indiziario, ma di vera e propria confessione stragiudiziale – cfr. Cass. n. 12271/2007, Cass. n. 22616/2014, Cass. n. 28316/2005 -.
Si è ancora più dettagliatamente ritenuto che una volta stabilita con esattezza – per un determinato esercizio di bilancio – la percentuale di incidenza di una particolare materia prima sul totale degli acquisti, tale percentuale può essere utilizzata anche per la determinazione del volume d’affari relativo a diversi anni d’imposta, se la natura dell’attività imprenditoriale nel corso degli anni non sia cambiata – cfr. Cass. n. 20628/2015 -.
Orbene, la sentenza della CTR ha radicalmente escluso qualunque valore probatorio alle dichiarazioni confessorie rese dal contribuente in sede di verifica, addossando all’Ufficio l’onere di fornire ulteriori elementi a sostegno della pretesa, ponendo così in essere un primo errore in diritto.
Peraltro, giova rimarcare che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, i principi di inerenza dei dati raccolti ad un determinato e specifico periodo di imposta e di effettività della capacità contributiva escludono la legittimità della “supposizione della costanza del reddito” in anni diversi da quello in cui è stata accertata la produzione, ma non precludono all’Amministrazione finanziaria di avvalersi, nell’accertamento del reddito (o del maggior reddito), di dati o notizie comunque raccolti, con la conseguenza che la percentuale di ricarico può essere legittimamente determinata con riferimento alla dichiarazione del contribuente relativa al periodo di imposta precedente, a fronte di un volume di vendite accertato sulla base di dati afferenti all’esercizio in corso – cfr. Cass. n. 5049/2011; Cass. n. 12774/1998; Cass. n. 6253/2003; Cass. n. 1647/2010; Cass. n. 20628/2015 -.
Anche sotto questo profilo la sentenza impugnata è censurabile, avendo ancora una volta erroneamente escluso la possibilità di utilizzare ai fini della verifica di annualità fra loro ravvicinate il dato risultante dei ricavi accertato per un’annualità diversa.
Il ricorso incidentale, con il quale il controricorrente prospetta il vizio di omessa pronunzia, non risultando che la CTR abbia esaminato l’eccezione, formulata in primo grado e riproposta in appello, circa la prospettata illegittimità dell’utilizzo della media aritmetica semplice in luogo della media ponderata, deve ritenersi assorbito spettando al giudice di merito l’esame della censura con lo stesso prospettata.
In conclusione, in accoglimento del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 6 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017