Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21490 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. I, 06/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 06/10/2020), n.21490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13248/2015 r.g. proposto da:

UNICREDIT S.P.A., (p. iva (OMISSIS)), con sede legale in (OMISSIS), e

Direzione Generale in (OMISSIS), e, per essa, UNICREDIT CREDIT

MANAGEMENT BANK S.P.A. (già UGC Banca s.p.a.), in persona del

procuratore speciale S.D., rappresentata e difesa, giusta

procura speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Prof. Guido

Alpa, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla

piazza Benedetto Cairoli n. 3;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, (cod. fisc. (OMISSIS)),

in persona del curatore Avv. R.E., rappresentato e difeso,

giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’Avvocato

Carlo Carpinteri, con cui elettivamente domicilia in Roma, presso la

cancelleria della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI SIRACUSA depositato il

26/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 22/07/2020 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Unicredit s.p.a. (e, per essa, UniCredit Credit Management Bank s.p.a.) chiese, L. Fall., ex art. 101, di insinuarsi al passivo del fallimento (OMISSIS) s.p.a., dichiarato dal Tribunale di Siracusa con sentenza del 18 luglio 2012, n. 41: a) in via ipotecaria, per la complessiva somma di Euro 122.235,21 (di cui Euro 114.013,14 per rate scadute ed Euro 8.222,07 per interessi di mora maturati alla data del fallimento), in virtù del “mutuo fondiario” stipulato dalla società poi fallita con il Banco di Sicilia s.p.a. il 24.11.2004, con atto per notar G.F. n. 86271 rep. e n. 29391 racc., registrato in Siracusa l’1.12.2004, garantito da ipoteca sui beni immobili analiticamente indicati nella domanda L. Fall., ex art. 93; b) in chirografo, per un importo totale di Euro 438.248,00, di cui Euro 109.202,87 “in virtù del saldo debitore, comprensivo di interessi convenzionali maturati alla data del fallimento, del contratto di conto corrente”, originariamente acceso presso il Banco di Sicilia, n. (OMISSIS), già intrattenuto presso la Filiale Unicredit di (OMISSIS); ed i restanti Euro 329.045,13 “in virtù del saldo debitore del mutuo chirografario” n. (OMISSIS), stipulato dalla medesima società, con il Banco di Sicilia, il 27.4.2007.

1.1. Il Giudice delegato dispose l’ammissione esclusivamente per quest’ultimo credito (Euro 329.045,13, in chirografo), denegandola, invece, per quelli riguardanti, rispettivamente, il mutuo ipotecario, “per mancanza di prova dell’erogazione, anche con riferimento alle modalità, degli importi di cui al contratto stesso”, ed il conto corrente “per mancanza di idonea prova scritta del credito, non risultando sufficiente la produzione degli estratti conto muniti di certificazione D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 50 in presenza di clausole contrattuali nulle”.

1.2. L’opposizione promossa dalla banca creditrice, L. Fall., ex art. 98, contro tale provvedimento è stata respinta dal Tribunale di Siracusa con decreto del 25/26 marzo 2015, che, riconosciuta al curatore la possibilità di formulare, in quel giudizio, “eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, anche nuove rispetto a quelle sollevate in sede di verifica dello stato passivo, rimanendo affidato al tribunale del reclamo il compito di garantire il diritto di difesa del reclamante, nelle forme compatibili con il rito camerale”, ha ritenuto: i) non assolto dall’opponente l’onere probatorio, su di essa gravante, circa la titolarità dei rapporti di credito dedotti, non essendo stati allegati e dimostrati le vicende ed i passaggi di questi ultimi dalle originarie creditrici fino ad Unicredit s.p.a., insufficiente rivelandosi, a tal fine, la produzione della procura conferita da Unicredit s.p.a. ad UGC Banca s.p.a.; ii) non invocabile il fatto notorio, “dal momento che le vicende modificative-estintive societarie o quelle traslative del credito non sono riconducibili sicuramente tra le nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, trattandosi di fatti specifici e particolari, che non appartengono al patrimonio universale di conoscenze di una comunità”.

2. Avverso il descritto decreto, Unicredit s.p.a., nuovamente tramite UniCredit Credit Management Bank s.p.a., propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.. Resiste, con controricorso, la curatela fallimentare.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, , del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 92, 96 e 99 (L. Fall.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, per avere il tribunale siracusano erroneamente consentito al curatore fallimentare di contestare, per la prima volta in quella sede, la titolarità, in capo all’opponente, dei crediti non ammessi al passivo, così pregiudicando gli effetti già prodottisi, sulla relativa questione, ex art. 115 c.p.c., comma 1, in considerazione del tenore delle precedenti difese del medesimo curatore e delle argomentazioni con cui il giudice delegato aveva negato l’insinuazione per i crediti predetti;

II) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, , artt. 112 e 115 c.p.c., e del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99 (L. Fall.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, atteso che l’avvenuta contestazione, solo in sede di opposizione, della titolarità dei menzionati crediti in capo all’opponente doveva qualificarsi come una mera difesa della curatela, ormai preclusale ex art. 115 c.p.c., comma 1, per le ragioni già esposte nel primo motivo, piuttosto che un’eccezione in senso stretto, invece ancora proponibile giusta la L. Fall., art. 99, comma 7;

III) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, e dei principi generali in tema di notorio e notorio “locale”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4″, per avere il giudice a quo utilizzato una nozione estremamente restrittiva di “fatto notorio”, quale fatto che costituisce l’espressione di un “patrimonio universale di conoscenze”, laddove pure la giurisprudenza di legittimità comunemente ammette “anche una nozione più ampia di fatto notorio, quale “fatto generalmente conosciuto, almeno in una determinata zona (cd. notorietà locale) o in un particolare settore di attività o di affari, da una collettività di persone di media cultura””. Si assume, in altri termini, che il tribunale avrebbe “dovuto ritenere non necessaria la prova della successione di Unicredit s.p.a. in tutti i rapporti già facenti capo al Banco di Sicilia, trattandosi di fatto rientrante nell’art. 115 c.p.c., comma 2, sicuramente noto (ad una collettività di persone di media cultura, fra le quali, (…), il curatore ed il giudice delegato) in una certa zona (la Sicilia) ed in un particolare settore di attività o di affari (quelle commerciali e bancarie)”. Del resto, il curatore ed il giudice delegato avevano “mostrato di essere a conoscenza del fatto (notorio) che Unicredit era succeduta al Banco di Sicilia”, avendo su tale presupposto “deciso di ammettere una parte del credito della banca (odierna ricorrente)”;

IV) “Omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, per non essere state enunciate dal tribunale le ragioni della ritenuta insufficienza della procura conferita da Unicredit s.p.a. ad UGC Banca s.p.a. al fine della dimostrazione della esistenza, in capo alla prima, della titolarità dei crediti oggetto della invocata insinuazione.

2. I primi due motivi, scrutinabili congiuntamente perchè connessi, si rivelano fondati, nei limiti di cui appresso, sebbene per ragioni diverse da quelle esposte dalla banca ricorrente.

2.1. Invero, è costante orientamento di questa Corte quello secondo cui l’opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinata a seguito del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169), ancorchè abbia natura impugnatoria, costituendo il rimedio avverso la decisione sommaria del giudice delegato, non è un giudizio di appello, per cui il relativo procedimento è integralmente disciplinato dalla L. Fall., la quale prevede che avverso il decreto di esecutività dello stato passivo possano essere proposte solo l’opposizione, l’impugnazione o la revocazione, restando quindi esclusa un’impugnazione incidentale, sia essa tardiva o tempestiva (cfr. Cass. n. 9928 del 2018, in motivazione; Cass. n. 24489 del 2016; Cass. n. 9617 del 2016).

2.1.1. Va soggiunto che, per le medesime ragioni, nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c. in materia di ius novorum, con riguardo alle nuove difese ed eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, se esclude l’immutazione del thema disputandum e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni e difese in precedenza non sottoposte all’esame del giudice delegato (cfr. Cass. n. 9928 del 2018, in motivazione; Cass. n. 19003 del 2017; Cass. n. 8929 del 2012).

2.1.2. Anche nel giudizio di verificazione dello stato passivo, infine, è pienamente efficace la regola del giudicato endofallimentare L. Fall., ex art. 96, sicchè, ad esempio, ove il creditore, ammesso al passivo in collocazione chirografaria, abbia opposto il decreto di esecutività per il mancato riconoscimento del privilegio richiesto senza che, nel conseguente giudizio di opposizione, il curatore si sia costituito ed abbia contestato l’ammissibilità stessa del credito, il giudice dell’opposizione non può, ex officio, prendere nuovamente in considerazione la questione relativa all’ammissione del credito ed escluderlo dallo stato passivo in base ad una rivalutazione dei fatti già oggetto di quel provvedimento, essendo l’ammissione coperta dal predetto giudicato (cfr. Cass. n. 9928 del 2018, in motivazione; Cass. n. 6524 del 2017; Cass. n. 19960 del 2015).

2.2. Alla luce dei suddetti principi ripetutamente espressi da questa Corte, da un lato, va certamente escluso che il curatore fallimentare sia tenuto ad avanzare un’autonoma impugnazione ove intenda formulare eccezioni o difese in precedenza non articolate nell’ambito della verifica dei crediti innanzi al giudice delegato, restando nella sua facoltà di proporre, senza limitazioni di sorta, nuove difese ed eccezioni per la prima volta in sede di opposizione allo stato passivo. Dall’altro, tuttavia, deve anche ritenersi che ove il giudice delegato in sede di verifica dei crediti abbia ammesso – sebbene parzialmente – taluni crediti vantati dal ricorrente sulla base di determinati fatti storici posti a fondamento della domanda, è onere del curatore, il quale intenda contestare detti fatti, impugnare lo stato passivo nei termini di rito, al fine di impedire che si formi, sul punto, il giudicato endofallimentare (cfr. Cass. n. 9928 del 2018. In senso sostanzialmente analogo, si veda, in motivazione, anche la più recente Cass. n. 2663 del 2019).

2.3. Nella vicenda sottoposta all’esame della Corte è incontroverso che una delle voci creditorie oggetto della complessiva, originaria domanda di ammissione al concorso di Unicredit s.p.a. (e, per essa di Unicredit Credit Management Bank s.p.a.), venne ammessa al passivo dal giudice delegato in sede di verifica, sull’evidente accertamento di fatto, ancorchè implicito, che la Unicredit s.p.a., incorporante per fusione il Banco di Sicilia s.p.a., fosse subentrata nei crediti da quest’ultima originariamente vantati verso la (OMISSIS) s.p.a. in bonis.

2.3.1. Un siffatto accertamento non risulta essere stato impugnato dal curatore. Dunque, ha errato il giudice di merito nel prendere senz’altro in esame la mera difesa (cfr. Cass., SU, n. 2951 del 2016; Cass. n. 20721 del 2018; Cass. n. 11744 del 2018), formulata dal curatore per la prima volta nel giudizio di opposizione al passivo, in ordine al difetto di prova di titolarità dell’opponente dei crediti oggetto della domanda di partecipazione al concorso, atteso che, nella specie, si era formato il giudicato endofallimentare in ordine ai corrispondenti fatti storici accertati dal giudice delegato in sede di verifica dei crediti.

3. Resta assorbito l’esame dei restanti motivi del ricorso.

4. In definitiva, accolti i primi due motivi del ricorso ed assorbiti gli altri, il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, perchè si adegui al principio di diritto sopra esposto al p. 2.2.1., statuendo anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri. Cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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