Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2149 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 18/09/2018, dep. 25/01/2019), n.2149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3275-2012 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO

2, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASQUALE RUSSO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 474/2011 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE

SEZIONE di FIRENZE, depositata il 10/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2018 dal Consigliere Dott. RENATO PERINU.

Fatto

RILEVATO

che:

P.R. ricorre avverso la sentenza n. 474/11, depositata in data 10/6/2011, con la quale la Commissione Tributaria Centrale, Sez. di Firenze, ha riformato la decisione della CT di secondo grado avente ad oggetto l’iscrizione a ruolo dell’imposta ILOR, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, nei confronti di P.R. per prestazioni di servizi resi da quest’ultimo, in qualità di consulente finanziario;

per quanto qui rileva, la CTC ha fondato la pronuncia di annullamento sulla base dei seguenti elementi: a) l’anno in contestazione è afferente a redditi ascrivibili al P. per il 1984, di conseguenza la normativa invocata dal contribuente (L. n. 408 del 1990), non poteva essere applicata ai fini dell’esonero dall’ILOR per le fattispecie oggetto di controversia; b) dalla dichiarazione dei redditi resa dal contribuente che, si è attribuito, anche, le deduzioni ILOR, risulta un’organizzazione d’impresa caratterizzata dall’impiego di capitali e di beni strumentali, con conseguente applicabilità, per la definizione dei redditi, del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 51, e del D.P.R. n. 917 del 1986, e non di quanto, successivamente, disposto dalla L. n. 408 del 1990, in particolare sui presupposti per l’esonero dall’ILOR;

avverso tale pronuncia, ricorre P.R., affidandosi a due motivi e depositando memoria ex art. 375 c.p.c.;

l’Agenzia delle Entrate, ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 599 del 1973, art. 1, del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 51, nonchè del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 115, comma 2, lett. e-bis, per avere ritenuto la sentenza impugnata non applicabile la L. n. 409 del 1990, in relazione ad un’impresa familiare i cui addetti risultavano in numero inferiore alle tre unità, in tal modo, disattendendo i criteri interpretativi indicati, per la distinzione tra lavoro autonomo professionale ed attività d’impresa, nella sentenza n. 42/1980 della Corte Cost., ed in quella n. 9459/92 delle Sezioni Unite di questa Corte;

2. con il secondo motivo viene dedotta in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 37, per motivazione meramente apparente e/o inesistente;

3. il ricorso s’appalesa infondato per le ragioni che di seguito si espongono;

4. va, preliminarmente, rilevato come “il thema decidendum” sia rappresentato, nel caso che occupa, dallo stabilire e chiarire l’ambito di applicazione temporale ed il contenuto delle Disp. recate nella L. n. 409 del 1990, in riferimento all’impresa familiare ed alla normativa concernente l’ILOR;

5. al riguardo, secondo un consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 1625/03, Cass. n. 28558/08), formatosi a seguito delle pronunce n. 42/1980 della Corte Cost., e n. 9452/92 delle Sezioni Unite, al quale il Collegio ritiene di dover dare continuità, la L. n. 408 del 1990, con l’art. 9, che ha integrato il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 115, lett. e-bis, estendendo la categoria dei redditi esenti da ILOR a quelli di impresa derivanti da esercizio di attività commerciali svolte da soggetti diversi da quelli indicati nell’art. 87, comma 1, dianzi citato, organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei familiari, ovvero con quello dei soci, a condizione che il numero complessivo delle persone addette, esclusi gli apprendisti fino ad un massimo di tre, compreso il titolare, ovvero i soci, non sia superiore a tre, possiede natura innovativa rispetto al sistema precedente solo per quanto riguarda, specificamente le società commerciali, e non, come nella specie, per le imprese (individuali) familiari operanti nel settore della prestazione di servizi, atteso che, a prescindere dal requisito numerico(assetto societario costituito da non più di tre soci), la norma introdotta dalla L. n. 409 del 1990, costituisce nella sua prima parte, allorchè considera l’impresa individuale quale esplicitazione di un principio generale già implicitamente contenuto nel sistema (Corte Cost. n. 42/1980), principio in base al quale il dato discriminatorio, rilevante al fine di distinguere l’attività d’impresa da quella assimilata al lavoro autonomo, è rappresentato dalla prevalenza del lavoro proprio dell’imprenditore e dei suoi familiari rispetto alla componente patrimoniale ed organizzativa;

6. ciò posto, nel caso di specie, pare evidente che debba escludersi, sia avuto conto del tenore letterale della norma succitata che della sua collocazione nel sistema, che la stessa, in relazione al requisito numerico, possa applicarsi a fattispecie concrete antecedenti alla sua entrata in vigore, per le quali trova, invece, applicazione il sopra indicato “discrimen” tra l’attività d’impresa e quella assimilata al lavoro autonomo;

6. sulla base di ciò risultano, pertanto, inconferenti le censure dedotte dalla parte ricorrente in relazione all’efficacia innovativa della L. n. 409 del 1990, art. 9;

7. parimenti infondato appare il secondo motivo di doglianza;

8. infatti per costante orientamento di questa Corte (Cass. n. 1756/06) ricorre il vizio di motivazione apparente nell’ipotesi in cui il giudice di merito indichi gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento senza una disamina logica e giuridica che consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento posto a base della pronuncia;

9. nella specie il vizio denunciato non sussiste, atteso che il giudice di merito ha supportato la decisione con elementi di fatto (dimensione dell’organizzazione d’impresa desumibile dall’impiego di capitali e di beni strumentali) che seppure espressi sinteticamente, appaiono consoni ai principi dettati dal Giudice delle leggi ed elaborati da questa Corte;

13. il ricorso va, quindi, rigettato, mentre l’assenza di attività defensionale da parte dell’Agenzia delle Entrate esime il Collegio dal pronunciarsi sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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