Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21488 del 19/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21488 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: DIDONE ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 8613-2012 proposto da:
CUTUGNO VITTORIO (CTGVTR43H21B379D) CUTUGNO
LEOPOLDO (CTGLLD46D09F158Z) in proprio e nella qualità di
amministratori e legali rappresentanti della società F.11i Levi Cutugno
Leopoldo e Vittorio Snc, elettivamente domiciliti in ROMA, presso la
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avv.
BUSACCA DIEGO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
VALENTINI NICOLA nella qualità di curatore del Fallimento della
F.11i Levi di Cutugno Leopoldo e Vittorio Snc e dei detti due soci
Cutugno Leopoldo e Cutugno Vittorio personalmente ed
illimitatamente responsabili, elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE FLAMINI° 22, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 19/09/2013

RANIERI FABRIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato
PASSARO DANIELE, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente nonché contro

– intimati avverso la sentenza n. 62/2012 della CORTE D’APPELLO di
MESSINA del 23.1.2012, depositata il 09/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 08613 sez. M1 – ud. 18-06-2013
-2-

STELLARIO CONSOLATO;

R.G. 8613_2012

Ritenuto in fatto e in diritto
1.- Cutugno Vittorio e Cutugno Leopoldo, in proprio e quali
legali rappresentanti della s.n.c. “F.11i Levi Cutugno
Leopoldo e Vittorio” hanno proposto ricorso per cassazione –

con la quale la Corte di appello di Messina ha dichiarato
inammissibile per tardività l’appello proposto dai ricorrenti
contro la sentenza del tribunale che ne aveva respinto
l’opposizione contro la dichiarazione di fallimento della
società e dei soci, emessa nel 2004.
Resiste con controricorso la curatela intimata.
1.1.- E’ stata depositata relazione ai sensi dell’art. 380
bis c.p.c.
Il relatore ha concluso per la manifesta infondatezza del
ricorso.
La relazione, con il decreto di fissazione dell’adunanza, è
stata notificata alle parti e comunicata al P.M.
2.-

La corte di merito ha accertato che risultava dallo

stesso atto di appello che la sentenza appellata era stata
notificata agli appellanti il 16 febbraio 2010, talché,
dovendosi applicare il testo originario dell’art. 18 1.
fall., l’appello proposto oltre il termine di quindici giorni
dalla notificazione doveva essere dichiarato inammissibile
per tardività.

3

affidato a cinque motivi – contro la sentenza del 9.2.2012

R.G. 8613_2012

Pertanto, irrilevante essendo la censura relativa alla
irregolare costituzione in appello della curatela (primo
motivo), posto che l’inammissibilità dell’appello (rilevabile
d’ufficio) è stata tratta dalle stesse circostanze di fatto

ordine alla data di notificazione della sentenza ai medesimi
appellanti (secondo motivo) e dovendosi applicare – come ha
correttamente ritenuto la corte dei merito – la disciplina
prevista dall’originario testo dell’art. 18 l. fall. (Sez. l,
Sentenza n. 22799/2011), che prevedeva il termine di giorni
quindici per appellare (terzo motivo), correttamente
l’appello è stato dichiarato inammissibile.
Invero,

il

discrimine

cronologico,

in

relazione

all’individuazione del regime dell’impugnazione, va
individuato nella data della sentenza di fallimento (nella
specie risalente al 2004) e la pronuncia emessa nel vigore
del R.D. n. 267 del 1942, soggiace alle regole processuali
che, secondo tale rito, ne sancivano il controllo da parte
del giudice di secondo grado (Sez. 1, Sentenza n.
22799/2011).
Talché, dalla manifesta infondatezza dei primi tre motivi di
ricorso discende l’assorbimento delle rimanenti censure, le
quali attengono al merito dell’impugnazione dichiarata
tardiva.
Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

4

dedotte dagli appellanti (non smentite con il ricorso) in

R.G. 8613_2012

Le spese del giudizio di legittimità

nella misura

determinata in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al

in euro 3.100,00 di cui euro 100,00 per esborsi oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 giugno
2013

pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate

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