Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21486 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. I, 06/10/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 06/10/2020), n.21486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35849/2018 proposto da:

M.D.J.R., rappresentato e difeso dall’avv. A.

Praticò, del foro di Torino;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 781/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 26/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Questura di Torino aveva rigettato la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari proposta da M.D.J.R. sia in relazione alla sua pericolosità derivante dai precedenti penali sia in relazione ai requisiti reddituali. Il Tribunale ha respinto il ricorso avverso il predetto rigetto, perchè ha ritenuto che il numero e la natura dei reati commessi e quelli in via di accertamento (relativi a rapina, lesioni, maltrattamenti in famiglia reiterati) non consentisse di ritenere prevalente nel giudizio di bilanciamento, l’interesse al mantenimento dell’unità familiare rispetto alla tutela della pubblica sicurezza.

La Corte d’Appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado. In relazione al motivo di gravame riguardante la posizione dell’appellante come figlio maggiorenne a carico del genitore perchè impossibilitato a provvedere a sè stesso per ragioni d’invalidità, è stato rilevato che l’appellante al momento della domanda non conviveva con la madre ma con la compagna. Pertanto è stato ritenuto che non potesse essere neanche scrutinata la condizione costituita dalla natura ed effettività dei vincoli familiari dell’interessato.

In relazione al secondo motivo incentrato sulla mancanza del requisito della pericolosità sociale dell’appellante, la Corte ha svolto una valutazione in concreto della pluralità delle condanne penali, dei comportamenti criminogeni e pericolosi, espressione di una scarsa capacità di autocontrollo in relazione all’assunzione di condotte violente e traumatizzanti neanche davanti ai figli minori, come da relazioni dei servizi sociali territoriali.

Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero affidato ad un unico motivo. Non ha svolto difese il Ministero intimato.

Il ricorrente censura la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28 e dell’art. 3 della Convenzione di New York oltre che la motivazione apparente del provvedimento impugnato in relazione all’omesso esame dell’interesse preminente dei minori a non essere privati con l’allontanamento dall’Italia, della figura paterna. A sostegno della censura vengono riportati stralci della relazione di parte svolta dal Dott. R., psicologo della parte ricorrente e di quelle degli assistenti sociali che affermano, dopo aver sottolineato la situazione di fragilità, immaturità ed il pericolo di condotte pregiudizievoli e scorrette, la preferibilità di una continuità del rapporto del padre con i minori.

La censura non supera il vaglio di ammissibilità, mirando a sostituire alla valutazione di merito svolta, insindacabilmente, dalla Corte d’Appello in relazione al bilanciamento d’interessi sotteso alla decisione sul diritto al rilascio del permesso per motivi familiari, un giudizio alternativo. Al riguardo, deve rilevarsi che nella pronuncia impugnata viene fornita un’ampia ed esauriente giustificazione della comparazione tra gli interessi in conflitto, e si sottolinea come le reiterate violenze endofamiliari, rivolte dal ricorrente alla compagna si sono consumate alla presenza dei minori, che alla luce delle relazioni dei servizi territoriali, ne hanno ampiamente riferito. Deve aggiungersi che la valutazione comparativa da svolgersi in sede di diritto al permesso di soggiorno per motivi familiari od al suo rinnovo, riguarda in primo luogo l’accertamento della concreta ed effettiva pericolosità del richiedente da porsi in relazione alle esigenze di unità familiare, così come ribadito di recente dalla giurisprudenza di questa Corte, con indirizzo ormai consolidato nella pronuncia n. 17289 del 2019 così massimata:

“In tema di immigrazione, costituisce una condizione ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno, richiesto per motivi familiari, la verifica della pericolosità sociale – intesa come pericolosità non solo per l’ordine pubblico, ma anche solo per la sicurezza pubblica del familiare straniero di cittadino italiano o dell’Unione Europea e, pertanto, la sua sussistenza deve essere valutata dall’autorità competente al rilascio o al rinnovo del titolo, in conformità con il D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20 in forza del quale la “pericolosità sociale” costituisce, conformemente alla direttiva 2004/38/CEE, una limitazione al mantenimento del diritto di soggiorno”.

La Corte d’Appello ha confermato la valutazione svolta dal Tribunale facendo propria la motivazione del primo giudice, dopo averne correttamente riprodotto la parte rilevante relativa alla natura ed effettività della pericolosità del ricorrente e alla giustificazione della prevalenza delle stesse con il diritto, di natura non assoluta, alla conservazione dell’unità familiare. In particolare la Corte, seguendo l’iter argomentativo del Tribunale ha ritenuto incompatibile con la tutela di quest’ultimo diritto la tipologia di reati commessi e sub judice ed in particolare quelli, relativi ai reiterati maltrattamenti sulla compagna, sintomatici di un grave squilibrio e di un vulnus alla conservazione di un’equilibrata unità familiare. Per questa ragione, ancorchè con motivazione sintetica sono state ritenute recessive le valutazioni dei servizi sociali, ancorchè successive a quelle poste a base della pronuncia di primo grado, evidenzianti l’esigenza del mantenimento di un legame del ricorrente con i figli peraltro mediante un “percorso di aiuto coordinato”, in quanto “la situazione di fragilità ed immaturità in lui osservata non possono far escludere future scelte e condotte scorrette e pregiudizievoli”. Non si rinviene negli stralci riportati nel motivo di ricorso una prognosi favorevole, in termini probabilistici, e non solo di astratta possibilità, alla cessazione delle gravi condotte accertate e non contestate nelle predette relazioni, nè la valutazione di carattere generale, relativa all’esigenza di un contatto tra genitore e figli è sostenuta da una nuova, sopravvenuta valutazione positiva del complessivo profilo del padre, in relazione alla sua personalità ed ai suoi comportamenti. Ciò spiega la valutazione sintetica svolta dalla Corte d’Appello, anche in relazione alla mancata espressa contestazione delle valutazioni del consulente, anch’esse prive di una valutazione prognostica riguardante le condotte paterne.

All’inammissibilità del ricorso non segue la statuizione sulle spese processuali, in mancanza di difese della parte intimata.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore contributo D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

 

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