Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21484 del 19/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 21484 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 13771-2012 proposto da:
DATAGEST S.R.L. (C.F. 03777360870), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE G. MAllINI 55, presso

Data pubblicazione: 19/09/2013

l’avvocato MASTROSANTI ROBERTO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato FANTIGROSSI
2013

UMBERTO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

1291
contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore

1

Generale pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controri corrente –

avverso la sentenza n.

524/2011 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/07/2013 dal Consigliere
Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito,

per la ricorrente,

l’Avvocato UMBERTO

FANTIGROSSI che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

D’APPELLO di CATANIA, depositata il 18/04/2011;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto, notificato il 14.2.2006, la Datagest s.r.1., conveniva innanzi
alla Corte d’appello di Catania l’Agenzia del Territorio, e, premesso
di essere una società operante nel settore delle informazioni

studi professionali e da banche che richiedevano rapporti informativi
sulla consistenza patrimoniale di persone fisiche e giuridiche,
esponeva:
che per la sua attività si avvaleva anche della consultazione di
vari archivi e registri pubblici, in particolare di quelli tenuti dalle
Conservatorie immobiliari e dal Catasto Terreni e Fabbricati i cui dati
venivano elaborati in una produzione di informazioni nuove ed
originali così fornendo un apposito servizio in regime di libera
concorrenza;
che essa società, come le altre operanti nel medesimo settore,
corrispondeva al momento del rilascio da parte degli Uffici delle
informazioni richieste le tariffe previste dalla normativa vigente;
che tale situazione aveva rischiato di essere totalmente
rivoluzionata per effetto della nuova disciplina introdotta dalla legge
finanziaria per il 2005 e le conseguenti condotte dell’Agenzia del
Territorio; in particolare con le disposizioni introdotte nei commi 367374 dell’art. 1 della legge 30.12.2004 n.311. si era introdotto un nuovo
regime della materia ;
che l’Agenzia del Territorio ,con circolare n.2/2005,

in

riferimento alle nuove disposizioni della legge finanziaria allegava un

economiche e finanziarie con clientela rappresentata in prevalenza da

testo di convenzione, nell’ambito della quale era trasfuso il regime del
divieto di riutilizzo dei dati salvo convenzione;
che tale regime convenzionale unilateralmente predisposto come
condizione per procedere, in deroga al divieto generale di cui alla
nuova disciplina al “riutilizzo del dati”, se sottoscritto andava a sancire

dell’Amministrazione a danno delle imprese;
che, da ultimo, l’azione di monopolizzazione del settore era stata
completata con l’entrata in vigore di una nuova tabella delle tasse
ipotecarie approvata con il D.L. n.7 del 2005,
che, in diritto, l’Agenzia del Territorio assumeva la qualità di
impresa onde la stessa era tenuta a conformarsi ai principi ed alle
regale del mercato concorrenziale;
che, invece, la condotta dell’Agenzia come sopra illustrata,
costituente abuso di posi _.: Jne dominante, confliggeva in prima luogo
con le disposizioni contenute negli artt.6 e 10 della direttiva
2003/98/CE, con altre disposizioni del trattato Ce ed anche con le
disposizioni della legge n.287 del 1990 norme di legge;
che tale condotta illecita era fonte di responsabilità risarcitoria in
capo all’Agenzia del Territorio la quale doveva ristorare essa attrice del
danni patrimoniali subiti e sotto il profilo del danno emergente che in
quello del lucro cessante, per il divieto di prosecuzione dell’attività di
rivendita del dati per tutto’il periodo intercorrente tra l’entrata in vigore
della nuova disciplina ed il momento dell’ottenimento della pronuncia
nonché per la perdita di opportunità rappresentata dalla temporanea
fuoriuscita dal mercato;
Chiedeva, pertanto, che la Corte volesse, previo accertamento

ulteriormente la posizione di privilegio e di assoluto dominio nel dati

che la lamentata condotta dell’Agenzia del Territorio costituiva abuso
della posizione dominane e come tale illecito concorrenziale e che
sussisteva il pieno e legittimo diritto della società attrice di continuare
ad esercitare l’attività di accesso ai pubblici registri e di consultazione
degli stessi ai fini di produzione e cessione a terzi di prodotti e servizi

concorrenza, condannare l’Agenzia del Territorio al risarcimento di
ogni danno patito e patendo in relazione alla censurata condotta
anticoncorrenziale della stessa anche in relazione al perduto
avviamento commerciale, agli investimenti effettuati, ai maggiori costi,
al minori introiti, ed alla perdita di valore dell’azienda per l’importo
documentato e determinato in corso di causa; nonchè inibire, anche a
titolo di risarcimento del danno in forma specifica, qualsiasi riserva o
monopolio in ordine a tale , attività di impresa ed imponendo alla
convenuta di astenersi da qualsiasi iniziativa, dichiarazione o
comportamento che, anche regolamentando in tale modo le attività di
riutilizzazione commerciale di cui si controverteva potesse risultare
incompatibile con la prosecuzione dell’attività della società attrice
secondo le modalità in atto alla data del 31.12.2004;previo,in
subordine, rinvio alla Carte Costituzionale delle questioni di legittimità
costituzionale dell’art.1 commi 367-374 della legge 30.12.2004 n.311
per contrasto con gli artt. 3, 41, 42, 43, 97 e 117 Cost.;
Si costituiva in giudizio Agenzia del Territorio che eccepiva il
difetto assoluto di giurisdizione appartenente alle Commissioni
tributarie; l’improponibilità della domanda in quanto l’Agenzia non
aveva posto in essere alcun comportamento lesivo del diritto alla
concorrenza ;l’impossibilità del petitum non essendo consentita

informativi” a valore aggiunto” in regime di libero mercato e di libera

dall’ordinamento la proposizione di una domanda volta a chiedere
all’A.G.O. di eludere l’applicazione di una normativa di legge
contestata e non gradita; l’inammissibilità dell’azione per difetto di
legittimazione ad agire non avendo stipulato alcuna convenzione;
l’incompetenza per materia delia Carte d’Appello.

Espletata la consulenza tecnica d’ufficio, la Corte d’appello ,con
sentenza n.524/11 , rigettava la domanda di risarcimento danni.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione sulla base di due
motivi , illustrati con memoria, la Datagest srl .Resiste con
controricorso l’Agenzia per il territorio.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta sotto
il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale il rigetto
della domanda di risarcimento della danno in quanto sprovvisto di
prova.
Deduce la ricorrente che sotto il profilo della esistenza del danno,
questo doveva ritenersi provato sulla base della attività
anticoncorrenziale dell’Agenzia accertata dall’Autorità garante della
concorrenza da cui doveva ritenersi conseguenza logica e necessitata lo
svantaggio subito dalla ricorrente.
Assume poi quest’ultima di avere fornito elementi sufficienti al
fine di provare il danno e che, comunque, dalle conseguenze
dell’attività anticoncorrenziale dell’Agenzia, che aveva escluso gli
operatori economici da un mercato fonte di profitto, doveva desumersi

Nel merito contestava il fondamento della domanda.

in via di presunzioné l’esistenza di un danno.
Il motivo non appare fondato.
La Corte d’appello ,dopo avere ricordato che è possibile provare
il danno sulla base di presunzioni semplici ma che non può comunque
prescindersi dalla necessità di allegare circostanze precise a

prospettato nei termini di legge solo dei danni generici e che non aveva
prodotto nei termini alcun documento atto a supportare le proprie
argomentazioni.
Ha rilevato poi che i bilanci di esercizio e la contabilità aziendale
erano stati prodotti tardivamente ed erano quindi inutilizzabili.
Ha poi escluso che fosse utilizzabile la CTU in quanto questa
aveva basato il proprio accertamento su una attestazione tecnica di una
società di informatica estranea al giudizio acquisita irritualmente in
sede di operazioni peritali.
Tale motivazione non ‘risulta adeguatamente censurata dalla
ricorrente.
Questa si è limitata a ribadire il carattere anticoncorrenziale
dell’attività dell’Agenzia ed ha fatto riferimento ( v. pag 16 del ricorso)
ad un documento da cui sarebbe documentato lo stato di crisi del
settore determinato dal comportamento dell’Agenzia, l’annullamento
da parte del Tar Lazio della circolare n. 5 del 2005 dell’Agenzia,
l’annullamento da parte del Consiglio di Stato del nuovo assetto
convenzionale.
Trattasi di documentazione che riferisce di situazioni di carattere
generale prive di specifico riferimento alla situazione dell’impresa
ricorrente e ,come tali, correttamente disattese dalla sentenza.

dimostrazione della pretesa, ha osservato che la ricorrente aveva

La ricorrente fa poi riferimento ad ulteriore documentazione che
si assume prodotta in memoria istruttoria ex art 184 cpc , in particolare
alle informazioni ipocatastali, alle dichiarazioni anagrafiche ed alle
visure.
La ricorrente omette però di dedurre in ordine alla tempestività

appare avvenuta tardivamente.
La doglianza non appare pertanto meritevole di accoglimento.
Quanto alla CTU, va rammentato che , secondo l’orientamento
ripetutamente espresso da questa Corte, occorre distinguere tra la
cosiddetta ” consulenza deducente” con cui viene affidato al
consulente l’incarico di valutare i fatti accertati ed i dati esistenti e la”
consulenza percipiente” con cui al consulente viene affidato anche
l’incarico di accertare i fatti stessi , quando si tratta di fatti che la parte
ha dedotto e posto a fondamento della sua domanda ed il cui
accertamento richiede specifiche cognizioni tecniche (si veda da
ultimo, tra le altre, Cass. 13 marzo 2009, n. 6155 e Cass sez un
30175/11).
Nel primo caso l’attività del consulente è limitata ad una mera
attività di valutazione degli elementi acquisiti in giudizio senza
possibilità di acquisire autonomamente elementi probatori, mentre nel
secondo caso è consentito al consulente l’acquisizione dei documenti
ritenuti necessari ai fini di accertamento dei fatti in ordine ai quali
effettuare le proprie valutazioni.
La Corte d’api; ello nel ritenere che l’attestazione tecnica di una
società informatica era stata acquisita irritualmente in violazione delle
norme processuali e non poteva dunque essere posta a base della

della detta produzione che, in base a quanto affermato dalla sentenza,

valutazione del CTU, ha evidentemente ritenuto che nel caso di specie
fosse stata disposta un consulenza deducente e non percipiente.
Era quindi onere della ricorrente, in osservanza del principio di
autosufficienza del ricorso , riportare il verbale di udienza in cui veniva
affidato l’incarico al consulente con indicazione dei quesiti e delle

di una consulenza percipiente ed in tal modo contestare adeguatamente
la ritenuta irritualità della documentazione nel corso della consulenza.
Nulla di tutto ciò si rinviene nel ricorso.
La società ricorrente si è limitata su tale aspetto a richiamare
genericamente il detto principio facendo riferimento ad una recente
sentenza delle Sezioni unite di questa Corte ( n. 30175/11) che ha
ritenuto giustificato l’affidamento al CTU di compiti di accertamento
dei fatti in una fattispecie analoga alla presente, in cui però tale
accertamento era pacifico che fosse stato effettivamente demandato e
non invece come nel caso di specie in cui tale circostanza non risulta.
Inoltre, la ricorrente non censura neppure l’affermazione della
sentenza secondo cui, stante l’inderogabilità delle norme processuali in
tema di preclusioni probatorie, a nulla rilevava la non opposizione
manifestata dall’Agenzia
Le censure mosse alla Ctu appaiono pertanto inammissibili e per
altri versi infondate.
Dovendosi in ogni caso tenere conto che secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte i le valutazioni espresse dal consulente
tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e,
tuttavia, egli può legittimamente disattenderle — come avvenuto nel
caso di specie – soltanto attraverso una valutazione critica, che sia

attività da svolgere in modo tale da argomentare in ordine alla esistenza

ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e
logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si
è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è
basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli
argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante

In conclusione appare ragionevolmente motivata la decisione
della Corte d’appello in quanto la sussistenza del danno risulta
argomentata dalla riponente sulla sola circostanza dell’accertamento
dell’attività anticoncorrenziale senza che sia stata ritualmente prodotta
alcuna prova sia pure minima atta a documentare la ricaduta di
conseguenze negative di tale attività a carattere nazionale sulla società
ricorrente.
Con il secondo motivo si lamenta l’omessa motivazione sulla
domanda di risarcimento danni di cui ai capi a) e d) il primo dei quali
si riferisce alla chiesta pronuncia di abuso dominante da parte
dell’Agenzia e di riconoscimento del diritto di essa ricorrente di
continuare ad esercitare l’attività di accesso ai pubblici registri al fine
di produzione e cessione a terzi di servizi a valore aggiunto mentre il
secondo (capo d) è relativo alla proprietà dei dati ricavati dai registri
ed alla prospettazione di una rimessione alla corte Costituzionale degli
articoli rilevanti in causa della legge 311/04.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello si è espressamente pronunciata sul punto
laddove ha osservato che” non pare inoltre a questa Corte che possa
configurarsi in capo alla società attrice un diritto soggettivo perfetto,
tutelabile con esecuzione in forma specifica, a continuare l’attività

con il parere del c.t.0 ( da ultimo Cass 5148/11)

d’impresa secondo le modalità in atto alla data del 31.12.04″ tanto più
ove si consideri che la maggiore onerosità fiscale deve ritenersi
legittima sotto il profilo della normativa comunitaria in tema di
concorrenza. Ma soprattutto ciò che rileva è il mutamento della
normativa di riferimento la quale, unitamente al regime di

condotta di abuso di posizione dominante.”
Il motivo non corrisponde dunque a realtà essendovi stata sul
punto espressa pronuncia che abbraccia entrambe le doglianze fatte
valere e perché comunque lo ius superveniens cui ha fatto cenno la
Corte d’appello e ,cioè, la legge n. 296 del 2006 ha reso prive di
interesse per la ricorrente le domande in esame.
Il ricorso va in conclusione respinto.
Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese
processuali liquidate come da dispositivo
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di
giudizio liquidate in euro 2500,00 oltre euro 200,00 per esborsi ed
oltre acc ssori di legge.

convenzionamento, impedisce di ritenere attuata o attuabile la dedotta

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA