Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21484 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 15/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.15/09/2017),  n. 21484

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – rel. Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12617/2010 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore generale pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.G., quale titolare della ditta individuale omonima in

concordato preventivo, elettivamente domiciliato in Roma, Corso

Vittorio Emanuele n. 269, presso lo studio dell’avvocato Romano

Vaccarella, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Scatena Lamberto, Lucio Ghia, giusta procura speciale per Notaio

Dott.ssa C.C. di La Spezia – Rep. n. (OMISSIS);

– controricorrente –

e contro

Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di

Genova;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositato il

26/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/07/2017 dal Cons. Dott. DIDONE ANTONIO.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Il Tribunale di La Spezia ha omologato – su opposizione dell’Agenzia delle Entrate – la proposta di concordato preventivo presentata da M.G., prevedente il pagamento del creditore ipotecario (CARISPE) e del 10% di tutti gli altri creditori inclusi in unica classe, comprendente anche i crediti tributari privilegiati, rappresentati per la maggior parte da IVA.

La Corte di appello di Genova ha rigettato il reclamo dell’Agenzia delle Entrate, rilevando la facoltatività della transazione fiscale e ritenendo che la reclamante non avesse fornito la prova della capienza dei tributi ai sensi della L. Fall., art. 160, comma 2, nell’ipotesi di liquidazione.

Contro il decreto della Corte di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso il debitore, il quale ha altresì depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., in vista della pubblica udienza, successivamente rinviata in attesa della decisione delle Sezioni unite.

Quindi è stata fissata udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., n. 1.

2.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione della L. Fall., artt. 160 e 182, per avere la Corte di appello considerato il concordato fiscale meramente facoltativo, e ammesso, in mancanza di esso, la falcidia dei crediti tributari, e in particolare del credito IVA, suscettibile solo di dilazione e non di falcidia.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. e L. Fall., art. 160 cpv., avendo la Corte ligure motivato il rigetto con l’affermazione che competeva all’Agenzia delle Entrate provare che con la liquidazione ordinaria la percentuale dei crediti tributari privilegiati non sarebbe stata superiore al 10%, occorrendo tener conto che l’IVA è privilegiata su tutti i beni mobili.

3.- I motivi possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione.

Il primo motivo è infondato. La L. Fall., art. 182-ter, nel testo introdotto dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, come novellato, prima dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 e poi dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, e infine dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, prevede la facoltà per il debitore di proporre, in seno ad una procedura di concordato preventivo, ovvero di accordo di ristrutturazione dei debiti, una transazione fiscale per i crediti tributari e previdenziali.

L’art. 182-ter, comma 1, ha introdotto un regime privilegiato per i crediti IVA, escludendone la falcidiabilità concordataria e, dunque, sancendo l’intangibilità del relativo debito, lasciando, tuttavia, al debitore la possibilità di proporre la dilazione del pagamento.

Tale essendo il quadro normativo, va rilevato che la decisione impugnata è conforme all’orientamento accolto dalle Sezioni Unite (Sez. Un., n. 26988/2016) le quali, chiamate a “stabilire se la previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui alla L. Fall., art. 182 ter, trovi applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale, fattispecie alla quale la norma fa espresso riferimento, ovvero anche nell’ipotesi di concordato preventivo proposto senza fare ricorso all’istituto disciplinato dalla L. Fall., art. 182 ter”, hanno optato per la facoltatività dell’istituto della transazione fiscale. Questa impostazione trova fondamento nella lettera dello stesso L. Fall., art. 182 ter, nel testo applicabile ratione temporisi – che, nel suo incipit, prevede che il debitore, con il piano può proporre la transazione fiscale.

Ne consegue che il debitore – secondo la disciplina vigente ratione temporis, ossia prima della modifica della L. Fall., art. 182 ter, in vigore dal gennaio 2017 – era legittimato a scegliere tra due ipotesi diverse di concordato: quella principale di cui alla L. Fall., art. 160, che prescinde da un previo accordo con l’Erario, e la procedura di concordato con transazione fiscale, speciale rispetto alla prima, che viene in rilievo solo quando vi siano debiti tributari, la cui presenza, però, non esclude il ricorso a un concordato preventivo senza transazione fiscale.

Dunque, in ragione del carattere di specialità rispetto al concordato preventivo senza transazione fiscale, la L. Fall., art. 182 ter, comma 1, come modificato dal D.L. n. 185 del 2008, art. 32, conv. con L. n. 2 del 2009, laddove esclude la falcidia sul capitale dell’IVA, così sancendo l’intangibilità del relativo debito, costituisce un’eccezione alla regola generale, stabilita dalla L. Fall., art. 160, comma 2, della falcidiabilità dei crediti privilegiati, compresi quelli relativi ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, e trova, quindi, applicazione solo nella speciale ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale. Il divieto di falcidia ha, dunque, una portata derogatoria della disciplina dettata per il concordato, posto che, se il legislatore avesse voluto attribuirgli una portata generale, lo avrebbe introdotto nella L. Fall., art. 160 e non nell’art. 182 ter.

L’impostazione seguita dalle Sezioni Unite si conforma pienamente alla sentenza 7 aprile 2016 pronunciata, nella causa C-546/14, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea la quale ha dichiarato compatibile con l’art. 4, paragrafo 3, TUE nonchè con gli artt. 2,250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune dell’IVA, una normativa nazionale – come la legge fallimentare italiana – che ammetta la falcidiabilità dell’imposta sul valore aggiunto in sede di concordato preventivo, in ragione della serietà del procedimento destinato a verificare l’impossibilità di una maggiore soddisfazione sul ricavato nell’ipotesi di liquidazione, preso atto della collocazione preferenziale del credito.

Il legislatore italiano, attribuisce a un imprenditore in stato di insolvenza la facoltà di presentare al giudice la domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo – al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio – con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito dell’IVA affidando, proprio per garantire la serietà del procedimento, ad un esperto indipendente, in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), il compito di attestare se, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, il debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento (L. Fall., art. 160, cpv., cfr. Sez. 1, 13 luglio 2016, n. 18561).

Ciò posto, il secondo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto, posto che, diversamente da quanto afferma il controricorrente, la Corte di merito non ha accertato il valore dei beni e dei diritti oggetto di prelazione sulla base della relazione giurata di un professionista, così come previsto dalla L. Fall., art. 160 cpv., ma ha solo riversato sull’Agenzia delle Entrate l’onere di provare il contrario, ossia che con la liquidazione ordinaria la percentuale dei crediti tributari privilegiati non sarebbe stata superiore al 10%.

Ne discende che, pur in mancanza di transazione fiscale, i crediti IVA possono essere falcidiati con il meccanismo previsto della L. Fall., art. 160, comma 2, che consente in linea generale la detta falcidia solo quando l’incapienza dei beni su cui grava il privilegio, sia attestata dalla relazione giurata di un professionista, in possesso dei requisiti previsti dalla L. Fall., art. 67, comma 3, lett. d) e sia previsto il soddisfacimento dei creditori di grado inferiore con l’intervento esclusivo della cd. “finanza esterna” (Sez. 1, 13 luglio 2016, n. 18561).

Pertanto, il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio alla Corte di appello di Genova che si atterrà al principio sopra enunciato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello di Genova anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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