Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21483 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 25/10/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 25/10/2016), n.21483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13276/2014 proposto da:

P.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANDREA BAFILE 3, presso lo studio dell’avvocato SERGIO MASSIMO

MANCUSI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

RONLA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO

STUMPO, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, giusta procura speciale

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9378/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

6/11/2013, depositata il 20/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06 /07 / 2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato Vincenzo Stumpo difensore del controricorrente che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 6 luglio 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Roma ha respinto la domanda di P.M. intesa alla condanna dell’INPS all’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare cd ha condannato la ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

La statuizione di condanna alle spese di lite, unica investita dall’appello proposto dalla originaria ricorrente, è stata confermata dalla Corte territoriale.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P.M. sulla base di un unico motivo; l’INPS ha resistito con tempestivo controricorso.

Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp att. c.p.c., ha censurato la decisione di secondo grado per avere ritenuto inefficace la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, in quanto non inserita nelle conclusioni dell’atto introduttivo e in quanto non contenente l’impegno a comunicare variazioni di reddito intervenute in corso di causa.

Il ricorso è manifestamente fondato.

Si premette che il giudice di appello ha ritenuto insussistenti le condizioni per farsi luogo all’esonero dalle spese di lite ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., sul rilievo che la dichiarazione apposta in calce al ricorso di primo grado non era stata sottoscritta dalla parte come richiesto dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo risultante dalla modifica apportata dal D.L. n. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. con modificazioni dalla L. n. 326 del 2003; non era inoltre possibile tenere conto del certificato dell’Agenzia delle Entrate atteso che tale certificato, così come anche il CUD (OMISSIS), concerneva solo i redditi personali dell’anno (OMISSIS); neppure era utilizzabile l’autocertificazione del (OMISSIS) in quanto non conforme al modello normativo perchè priva dell’impegno a comunicare variazioni del reddito intervenute in corso di causa.

Come più volte affermato da questa Corte, il beneficio del dell’esonero dalle spese giudiziali, previsto dall’art. 152 disp. att. c.p.c., in favore del lavoratore soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, è applicabile in favore di qualunque ricorrente e non solo in favore di chi possa vantare l’effettiva esistenza del rapporto assicurativo o abbia comunque diritto all’assistenza pubblica, atteso che la ratio della norma, desumibile anche dalle sentenze n 85 del 1979 e n. 207 del 1994 della Corte Costituzionale, è quella di evitare che il timore della soccombenza sulle spese impedisca l’esercizio di diritti garantiti dalla Costituzione, fermo il limite della manifesta infondatezza e temerarietà della lite (Cass. n. 1880 del 2003, n. 17061 del 2003).

E’ stato quindi osservato che la ratio della disposizione è rimasta inalterata anche in seguito alla sostituzione – applicabile ai procedimenti incardinati successivamente al 2 ottobre 2003 (Cass. n. 4165 del 2004) – introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni, dalla L. n. 326 del 2003, nonchè in seguito all’aggiunta dell’ultimo periodo disposta – con decorrenza dal 4 luglio 2009 L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 52. In particolare, per effetto della suddetta sostituzione, è stato posto a carico della parte ricorrente nei giudizi per prestazioni previdenziali o assistenziali l’onere di effettuare – fin dalle conclusioni dell’atto introduttivo – un’apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma stessa per ottenere l’esenzione dal pagamento delle spese processuali.

Questa Corte ha inoltre chiarito che l’onere previsto dal cit. D.L. n. 269, art. 42, comma 11, di rendere apposita dichiarazione sostitutiva “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” và interpretato nel senso che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, cosicchè va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo (Cass. ord. n. 14600 del 2015, 9498 del 2015, Cass. n. 16284 del 2011)

Con riferimento all’ impegno a comunicare eventuali variazioni di reddito intervenute nel corso del giudizio è stato affermato che l’interpretazione letterale e logico-finalistica della norma rende evidente che il legislatore non ha voluto stabilire alcuna rigida formula per il soddisfacimento del suddetto onere e soprattutto che si è limitato a subordinare l’esenzione esclusivamente alla tempestiva presentazione della dichiarazione suindicata, senza prevedere che, nell’ambito della dichiarazione stessa, debba essere contenuto sempre e comunque – anche l’impegno di comunicare le variazioni reddituali rilevanti e che di ciò si trova ulteriore conferma nel fatto che il rinvio al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, è limitato ai commi 2 e 3 di tale articolo e non riguarda, quindi, il comma 1 ove – ai fini ivi previsti, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato – è specificamente indicato il contenuto dell’istanza, stabilito a pena di inammissibilità e comprendente anche l’impegno ad effettuare la comunicazione delle variazioni reddituali rilevanti. E’ stato infatti ulteriormente precisato che anche in caso di silenzio sul punto nella dichiarazione, l’impegno a darne comunicazione è comunque sussistente, perchè prescritto per legge, anche se, in particolari situazioni, la relativa mancata esplicita menzione nella autocertificazione iniziale può non essere considerata ostativa per l’attribuzione del beneficio dell’esenzione de quo (Cass. n. 9207 del 2012, n. 13367 del 2011).

In applicazione dei principi sopra richiamati, premesso che nel ricorso introduttivo, sottoscritto dal solo procuratore della P., è dato atto della sussistenza delle condizioni reddituali per l’esonero dalle spese di lite ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., che al ricorso introduttivo è stata allegata dichiarazione sostitutiva di atto notorio con il quale la interessata ha dichiarato, con riferimento agli anni (OMISSIS), di trovarsi nelle condizioni reddituali prescritte ai fini dell’esonero dalle spese di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, che la mancanza della espressa dichiarazione di impegno a comunicare eventuali variazioni di reddito non è sanzionabile con la inefficacia della dichiarazione, dovendo comunque tale impegno ritenersi sussistente (Cass. n. 9207 del 2012, n. 13367 del 2011 cit.) il ricorso deve essere accolto.

Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’adunanza camerale”.

Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia e che ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, per la definizione camerale.

A tanto consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della decisione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., può essere decisa nel merito dichiarando irripetibili le spese del giudizio di primo grado. Le spese del giudizio di appello, regolate secondo soccombenza, sono poste a carico dell’INPS e liquidate nella misura stabilità dal giudice di secondo grado. Analogamente le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, sono poste a carico dell’INPS.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara irripetibili le spese del giudizio di primo grado. Condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di secondo grado che liquida in Euro 950,00 per compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge, ed alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro. 1.500,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge, con distrazione in favore dell’Avv. Sergio Massimo Mancusi, antistatario.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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