Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21483 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 15/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.15/09/2017),  n. 21483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14261/2011 proposto da:

S.S. (C.F. (OMISSIS)), rapp.to e difeso per procura a margine

del ricorso dall’avv. Luigi Marcialis, presso il quale elettivamente

domicilia in Cagliari alla v. Puccini n. 70;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. (CF (OMISSIS)) in persona del curatore,

rapp.to e difeso per procura a margine del controricorso dall’avv.

Angelo Luminoso, con il quale elettivamente domicilia in Roma alla

v. Cuboni n. 12 presso lo studio dell’avv. Bruno Gancemi;

– controricorrente –

avverso il decreto del 18.11.2010 del Tribunale di Cagliari;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 21 giugno 2017 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con decreto del 18.11.2010 il Tribunale di Cagliari rigettava il reclamo proposto dall’avv. S. avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato del fallimento (OMISSIS) s.r.l. aveva dichiarato esecutivo il progetto di riparto parziale depositato dal curatore in data 10.3.2010, senza apportare modificazioni pur a seguito delle osservazioni presentate dal ricorrente;

osservava il tribunale che il credito per Iva e Cassa Previdenziale gode di un privilegio diverso da quello spettante al credito per corrispettivi da prestazioni professionali, per cui alle prime due causali non poteva essere riconosciuto, contrariamente a quanto richiesto dal ricorrente, il privilegio di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2;

che dovevano considerarsi irrilevanti le doglianze relative all’accantonamento delle somme in occasione del secondo piano di riparto, in attesa della definizione del giudizio di opposizione instaurato dall’avv. S.;

che, quanto alla determinazione della misura della Cpa sulle spese processuali, si trattava di una questione non riguardante il progetto di riparto reclamato e dunque estranea all’oggetto del procedimento;

avverso tale decreto l’avv. S. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;

la curatela fallimentare resiste mediante controricorso;

S.S. ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1362,1363,1364,1365,1366 e 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, avendo il tribunale trascurato di assegnare rilevanza al giudicato formatosi sulla sentenza n. 469 del 2008 con la quale la Corte di Appello, accogliendo l’opposizione allo stato passivo proposta dal ricorrente, aveva riconosciuto all’intero credito, comprendente oltre alla sorta capitale, anche l’Iva e la Cpa, il privilegio di cui all’art. 2751 bis n. 2;

con il secondo motivo lamenta la violazione della L. Fall., art. 54, comma 3, degli artt. 2749 e 2041 c.c., art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo il tribunale omesso di considerare che al ricorrente spettavano gli interessi legali quantomeno a partire dal marzo del 2001, momento nel quale il fallimento disponeva delle somme per procedere al pagamento del credito, come attestato dalla nota del curatore che deliberava, in pendenza dell’opposizione al passivo proposta dal ricorrente, di procedere all’accantonamento della somma eventualmente spettante;

con il terzo mezzo, proposto in via subordinata rispetto al secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione della L. Fall., art. 110 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, avendo il Tribunale omesso di riconoscere al ricorrente gli interessi legali sul capitale con riferimento al periodo di ritardo, imputabile al curatore, nello svolgimento delle attività di cui alla L. Fall., art. 110;

con l’ultimo motivo viene dedotta la violazione della L. Fall., artt. 110 e 111, nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, avendo errato il tribunale nel considerare che le questioni concernenti il pagamento di tale credito, riconosciuto come prededucibile, non riguardassero in alcun modo il piano di riparto (e dunque il reclamo presentato);

premesso che l’accertamento della preclusione da giudicato compete a questa Corte (Cass., sez. u, 28/11/2007, n. 24664, Cass., sez. 1, 27/1/2003, n. 1153), trattandosi della deduzione di un error in procedendo, il primo motivo risulta infondato, perchè alla sentenza della Corte di Appello, che ha ammesso allo stato passivo il credito dell’appellante quantificato in Euro 175.000, oltre Iva, Cpa ed interessi legali, dichiarandolo assistito dal privilegio speciale di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 2, non può essere in alcun modo assegnato il significato indicato dal ricorrente (e cioè che anche le voci accessorie dell’Iva e Cpa andrebbero ricomprese nell’ambito operativo del privilegio);

come precisato anche dal Tribunale, infatti, la Corte, nell’ammettere al passivo il credito del professionista, sul quale ha riconosciuto il privilegio di cui all’art. 2751 bis, n. 2, ha semplicemente inteso precisare l’esistenza dell’obbligo del versamento dell’Iva e della Cpa, venendo in rilievo poste accessorie dovute per legge, senza che dalla sentenza si ricavi in alcun modo l’esplicita intenzione di estendere un privilegio che, anzi, la Corte ha inteso direttamente ricollegare al “credito dell’appellante” nella quantificazione specificamente operata, dizione evidentemente non comprendente le poste accessorie che vengono chiaramente indicate in modo separato (come si desume dall’utilizzo della locuzione “oltre Iva, Cpa” adoperata dalla Corte proprio per indicare il rilievo autonomo, rispetto al credito principale, assunto da tali voci accessorie);

il secondo motivo è infondato;

nel lamentare l’omessa pronunzia sulla richiesta di attribuzione degli interessi alla luce delle previsioni della L. Fall., art. 54, il ricorrente omette di precisare se e quando tale questione sia stata trattata dinanzi al giudice del merito, tanto più che, esaminando il contenuto del decreto impugnato, emerge (cfr. pag. 5) che la questione scrutinata dal Tribunale atteneva solo “al calcolo degli interessi” (calcolo che il giudice del merito afferma essere stato effettuato correttamente sul capitale via via ridotto proporzionalmente alle liquidazioni conseguite, criterio che, secondo quanto risulta dal decreto impugnato, il ricorrente nemmeno ha contestato). E’ pur vero che il Tribunale ha ritenuto irrilevanti le doglianze relative “all’accantonamento delle somme in occasione del secondo piano di riparto”, ma è anche vero che il ricorrente omette di dimostrare in che modo tale ritenuta irrilevanza abbia concretamente inciso sul motivo in questa sede fatta valere (cioè se sia stata proprio tale statuizione a pregiudicare l’affermato diritto a vedersi riconosciuti gli interessi richiesti);

tanto più che, esaminando i motivi di reclamo (trascritti dal ricorrente a pag. 8 del ricorso per cassazione), emerge chiaramente come l’attuale ricorrente si sia doluto, in sede di reclamo, solo della scorretta quantificazione degli interessi postfallimentari (affermando testualmente: “non è corretto nemmeno il riconoscimento della somma di solo Euro 22.334 quali interessi post fallimento”), lamentando in questa sede, al contrario, l’omesso riconoscimento di tale posta; sarebbe stato, semmai, onere del ricorrente, proprio a fronte delle considerazioni svolte dal Tribunale circa la correttezza del criterio di calcolo adoperato, quantificare in modo specifico l’ammontare dovuto e dimostrare la scorrettezza del criterio di calcolo adoperato nella liquidazione;

anche il terzo motivo è infondato: in base alla L. Fall., art. 54, u.c.c, “per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso degli interessi cessa alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche se parzialmente”, sicchè se è vero che la L. Fall., art. 110, impone al curatore la presentazione periodica del progetto di ripartizione delle somme disponibili, è anche vero che l’eventuale ritardo è compensato dal riconoscimento degli interessi legali decorrenti fino al deposito del progetto di riparto; ne consegue che la doglianza circa il ritardo del curatore resta, nei termini in cui è stata esposta, priva di significato, rimanendo assorbita dalle considerazioni sopra svolte a proposito della seconda censura;

il quarto motivo è infondato: il ricorrente si duole della circostanza che la Cpa, inerente alle spese processuali liquidate in suo favore all’esito dei due gradi del giudizio di opposizione, gli sia stata corrisposta solo nella misura del 2% anzicchè in quella del 4%. Trattasi, tuttavia, come esattamente ritenuto dal Tribunale, di questione estranea al piano di riparto, sia perchè tale somma (sia pure nella minor misura) è stata già pagata dal curatore (sicchè le relative doglianze potevano anche essere fatte valere reclamando il provvedimento di autorizzazione al pagamento), sia perchè, venendo in rilievo un credito prededucibile non inserito nel piano di riparto, non è escluso che il creditore richieda il pagamento della maggior somma al giudice delegato mediante apposita ed autonoma istanza;

il ricorso va pertanto rigettato;

le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e pone le spese del giudizio di legittimità a carico del ricorrente liquidandole in Euro 7.000, di cui Euro 250 per esborsi, oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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