Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21481 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21481 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: BERNABAI RENATO

SENTENZA

sul ricorso 1527-2012 proposto da:
RIBES S.P.A. (P.I. 085584101158), già D&B DATA HOUSE
S.R.L., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G.

Data pubblicazione: 19/09/2013

MAllINI 55, presso l’avvocato MASTROSANTI ROBERTO,
rappresentato e difeso dall’avvocato FANTIGROSSI
2013

UMBERTO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente-

1284

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO

(c.f.

80416110585),

in

1

persona del Direttore pro tempore, domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende
ope legis;

avverso la sentenza n.

controricorrente

2631/2011

della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/07/2013 dal Consigliere Dott. RENATO
BERNABAI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato FANTIGROSSI che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La D. & B. Data House s.r.I.- più tardi RIBES s.p.a. – società
operante nel settore delle informazioni economiche e finanziarie
proponeva ricorso cautelare d’urgenza ante causam ai sensi dell’art.
33 legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della

confronti dell’Agenzia del Territorio, chiedendo l’inibizione
dell’attività anticoncorrenziale posta in essere da quest’ultima
mediante l’imposizione di tariffe maggiorate per la fornitura di dati
e informazioni ipocatastali in forza della disciplina introdotta con il
decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, poi convertito in legge
286/2006, contrastante con i principi di libera concorrenza propri
dell’Unione europea.
Costituitasi ritualmente l’Agenzia del Territorio eccepiva il
, difetto di giurisdizione e la carenza di legittimazione attiva della D.&
B. Data House s.r.l. – che non era destinataria di alcun
provvedimento specifico – nonché, nel merito, l’infondatezza della
pretesa.
Con ordinanza 8 gennaio 2007 la Corte d’appello di Milano
accoglieva l’istanza inibitoria, imponendo all’Agenzia del Territorio
di desistere dalle condotte lamentate e per l’effetto di proseguire il
servizio di rilascio delle informazioni con le modalità anche
economiche praticate fino al 2 ottobre 2006.
Veniva quindi introdotto il successivo giudizio di merito, nel
corso del quale provvedimento cautelare era revocato dal collegio.
Dopo l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio per la
determinazione dei danni lamentati, la Corte d’appello di Milano con

i

concorrenza e del mercato) dinanzi la Corte d’appello di Milano nei

sentenza 30 settembre 2011 rigettava la domanda e condannava
l’attrice alla rifusione delle spese processuali.
Motivava

che andava riconosciuta all’Agenzia del Territorio una

posizione dominante nel mercato rilevante della fornitura di servizi

della concorrenza e del mercato;
– che tuttavia la controversia in esame, a differenza di altre
della stessa natura promosse da varie società del settore, non
traeva origine dalla legge finanziaria 2005, bensì dal decreto legge
3 ottobre 2006 n. 262, come messo in evidenza dalla stessa società
attrice;
– che pertanto l’arco temporale di competenza dei danni
lamentati era contenuto in tre mesi, dall’ottobre 2006 fino alla
,

pronunzia cautelare inibitoria del dicembre 2006;
– che, sulla scorta della consulenza tecnica d’ufficio, non
poteva dirsi raggiunta la prova dell’esistenza di danni certi
causalmente riconducibili all’abuso di posizione dominante,
piuttosto che all’autonoma determinazione aziendale di sospendere
l’attività di monitoraggio, con rinunzia alla possibilità della
traslazione dei maggiori oneri economici sulla propria clientela, per
lo più facoltosa;
– che nemmeno sotto il profilo della gravosità oggettiva la
nuova tariffa introdotta poteva essere univocamente interpretabile
come manifestazione di abuso di posizione dominante, dovendo
essere valutata in relazione al suo omesso aggiornamento per vari
anni.

2

informativi immobiliari, come statuito dalla stessa Autorità garante

Avverso la sentenza, notificata il 7 novembre 2011, la società
Ribes s.p.a. proponeva ricorso per cassazione, articolato in dieci
motivi, notificato il 2 gennaio 2012 ed ulteriormente illustrato con
memoria ex art. 378 cod. proc. civile.
Resisteva con controricorso l’Agenzia del Territorio.

difensore della ricorrente precisavano le rispettive conclusioni come
da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione
nell’omesso risarcimento del danno conseguito all’abuso di
posizione dominante, perché ritenuto solo virtuale.
Anche se è inesatta la premessa in diritto secondo cui il
pregiudizio cagionato mediante abuso di posizione dominante
sarebbe in re ipsa, trattandosi, per contro, di danno-conseguenza,
diverso ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della
concorrenza, e come tale, bisognoso di prova (Cass., sez.1, 16
gennaio 2013 n.1000, Cass., sez.1, 26 marzo 2009 n.7306,
Cass.,sez.1, 18 dicembre 2003 n.19430), appare fondato il nucleo
centrale della censura.
La Corte d’appello di Milano, dopo aver riconosciuto la
sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi dell’illecito
anticoncorrenziale ha ritenuto che non fosse stata fornita la prova
di un danno concreto; attribuendo alle stime al riguardo elaborate
dal consulente tecnico d’ufficio – di cui, pure, ha approvato
l’approccio metodologico – natura di rappresentazione solo virtuale.

3

All’udienza del 18 luglio 2013 il Procuratore generale ed il

L’argomento non è in se decisivo, dal momento che trattandosi
di lucro cessante, per i maggiori oneri tariffari illegittimamente
imposti, la ricostruzione di un ragionevole scenario di andamento
gestionale in assenza dell’evento esterno rappresentato dall’illecito
anticoncorrenziale non poteva che avere natura presuntiva, sia pure

La stessa motivazione pone in evidenza che si tratterebbe, in
effetti, solo di una minore redditività della banca dati piuttosto che
di una perdita di valore (pag.21): ma il rilievo non elide affatto il
concreto carattere pregiudizievole dell’abuso di posizione
dominante, quanto meno sotto il profilo del lucro cessante; senza
che valore esimente abbia la possibile traslazione dei maggiori oneri
sulla clientela (definita facoltosa) della società: stante l’ordinario
rapporto diretto tra costo del servizio e domanda: salva la prova di
una particolare rigidità di quest’ultima rispetto alle variazioni
dell’offerta.
Con il secondo motivo si censura la violazione degli articoli
2727 e 2729 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. nell’erronea esclusione
della prova del danno per presunzioni.
Anche questo motivo è fondato, non essendovi alcuna
limitazione legale al regime di prova del danno conseguito all’illecito
anticoncorrenziale.
Con il terzo e quarto motivo, da esaminare congiuntamente
per affinità di contenuto, si denunzia il vizio di motivazione in
ordine all’esclusione della gravosità della tariffa introdotta ex novo.
Il motivo è inammissibile, mirando ad una difforme valutazione
dei fatti apprezzati dalla corte territoriale e dunque ad un riesame
nel merito che non può trovare ingresso in questa sede: tenuto

4

sulla scorta di dati di partenza attendibili.

conto che la Corte d’appello di Milano ha fatto riferimento alla
circostanza dell’omesso aggiornamento, per anni, delle tariffe,
nonché alla genericità della contestazione della loro sproporzionata
esosità.
Con il quinto motivo si lamenta la carenza di motivazione nel

derivante dalla perdita di valore della banca-dati.
Anche questo motivo appare inammissibile, involgendo un
sindacato di merito della decisione della corte, attenutasi, sul
punto, alle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, che aveva
escluso tale voce di pregiudizio sul rilievo che l’archivio dell’attrice
non era stato reso irreversibilmente inutilizzabile, permanendone la
possibilità di sfruttamento commerciale, come da relazioni sulla
gestione dei bilanci degli esercizi 2006-2007.
Con il sesto motivo si censura l’inversione dell’onere alla prova
sul nesso di causalità tra abuso di posizione dominante e danno.
Il motivo è infondato, incombendo sul danneggiato la prova
che l’aumento della tariffa comportasse l’impossibilità di proseguire
l’attività di fornitura dei dati. Ferma, quindi, la già dichiarata
erroneità dell’esclusione del danno cd. virtuale, resta a carico del
danneggiato la prova del nesso eziologico tra l’illecito
anticoncorrenziale ed il pregiudizio lamentato.
Il settimo, ottavo e noo motivo appaio inammissibili,
involgendo censure di merito su singole argomentazioni, per di più
avulse dal contesto complessivo della motivazione.
È invece fondato, per le ragioni già esposte con riferimento al
primo motivo, l’ultimo motivo con cui si lamenta la violazione
dell’art.3 della legge n. 287/1990 nella parte in cui la corte

.

5

rigetto della domanda relativa al risarcimento del danno emergente,

territoriale ha ritenuto, in sostanza, l’evitabilità del danno, mediante
traslazione dei maggiori costi sulla clientela.
La sentenza va quindi cassata in relazione alle censure accolte
con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione,

P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza nei sensi di cui
motivazione e rinvia la causa alla Corte d’appello di
Milano, in diversa composizione, anche per le spese
della fase di legittimità.

Roma, 18 luglio 2013
IL REL. EST.

IL PRESIDENTE

anche per le spese della fase di legittimità.

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