Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21480 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21480 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: BERNABAI RENATO

SENTENZA

sul ricorso 10651-2012 proposto da:
CONSIT BANK SERVICE S.R.L., IL FARO S.R.L., SE.BA
S.R.L.,

in

persona

dei

rispettivi

legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 19/09/2013

domiciliate in ROMA, V.LE G. MAZZINI 55, presso
l’avvocato MASTROSANTI ROBERTO, che le rappresenta
2013
1283

e difende unitamente all’avvocato FANTIGROSSI
UMBERTO, giusta procure in calce al ricorso;
– ricorrenti contro

1

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore
Generale pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

918/2011 della CORTE

D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/07/2013 dal Consigliere
Dott. RENATO BERNABAI;
udito, per le ricorrenti, l’Avvocato FANTIGROSSI
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO APICE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

avverso la sentenza n.

controri corrente

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 15 febbraio 2006 la CONSIT
BANK SERVICE s.r.I., IL FARO s.r.l. e la SE.BA . s.r.I., operanti nel
i settore delle informazioni economiche e finanziarie, convenivano
dinanzi la Corte d’appello di Venezia l’Agenzia del Territorio, per

della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato), previo accertamento della condotta

anticoncorrenziale posta in essere in applicazione dell’arti, commi
367-374, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria
2005) e della successiva circolare del direttore dell’Agenzia, con

abuso di posizione dominante consistente nella riserva, di fatto, a
quest’ultima, esercente un’impresa pubblica, dell’attività di
commercializzazione delle informazioni ipocatastali acquisite dagli
archivi e dei pubblici registri immobiliari da essa tenuti: riserva,
ottenuta tramite l’imposizione alle imprese private di un regime di
convenzionamento più oneroso e munito di previsioni sanzionatorie.
Costituitasi ritualmente, l’Agenzia eccepiva l’inapplicabilità
della disciplina antitrust, stante la gestione di funzioni istituzionali e
l’insussistenza del diritto al risarcimento, in difetto di attività
illecita.
Nel corso dell’istruttoria veniva emessa ordinanza cautelare
d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civile, che inibiva all’Agenzia del
territorio di proseguire l’offerta al pubblico in via diretta dei dati,
senza parità di costi e di condizioni con le altre imprese del settore.
Con sentenza 13 aprile 2011 la Corte d’appello di Venezia
rigettava la domanda con compensazione delle spese di giudizio.

1

ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 33

Motivava
– che si era verificato un effettivo abuso di posizione
dominante, ma la normativa era stata modificata,nelle more, con
l’abrogazione dei commi 370,371 e 372 dell’art.1 della legge
finanziaria 2005 sostituiti dalla nuova disciplina introdotta dalla

previsto la piena riutilizzazione dei dati mediante corresponsione di
un importo fisso annuale e forfettario, con ripristino di una
situazione non distorsiva del mercato, conforme ai parametri della
direttiva comunitaria 2003/98;
– che quindi la domanda inibitoria non era più attuale e quella
risarcitoria rimasta priva di idonea prova di un danno risarcibile
attuale, non integrabile tramite consulenza tecnica d’ufficio volta a
supplire a tale carenza: ciò che rendeva inammissibile anche
l’istanza di liquidazione equitativa del pregiudizio.
Avverso la sentenza, non notificata le tre società proponevano
ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, notificato il 24 aprile
2012 ed ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 cod. proc.
civile.
Resisteva con controricorso l’agenzia del territorio.
All’udienza del 18 luglio 2013 il Procuratore generale ed il
difensore della ricorrente precisavano le rispettive conclusioni come
da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti deducono la carenza di
motivazione nel rigetto della domanda risarcitoria nonostante

2

legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) che aveva

l’accertamento dell’illecito anticoncorrenziale. Sostengono che la
corte abbia confuso il profilo della prova del danno con quello della
sua quantificazione e non abbia tenuto in alcun conto la
,

particolarità della fattispecie del cosiddetto illecito antitrust che
determina un danno “in re ipsa”.

Premesso

che

nessuna

contraddizione

sussiste tra

l’accertamento dell’illecito concorrenziale e il rigetto della domanda
risarcitoria, motivato con la carenza di prova di un concreto
pregiudizio subito, si osserva come quest’ultimo si configuri,
nell’ambito generale della tutela della concorrenza, come dannoconseguenza e non possa quindi essere ritenuto in re ipsa, come
effetto automatico della stessa violazione dei principi comunitari
(Cass., sez.1, 16 gennaio 2013 n.1000; Cass., sez.1, 26 marzo

2009 n.7306; Cass.,sez.1, 18 dicembre 2003 n.19430).
Con il secondo motivo si censura l’omessa ammissione della
consulenza tecnica d’ufficio richiesta; o in via alternativa, il
mancato ricorso alla liquidazione equitativa del danno.
Il motivo è fondato.
Non è illegittimo il ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio per
acquisire dati la cui valutazione sia poi rimessa allo stesso ausiliario
(cd.c.t.u. percipiente). Soprattutto nelle materie in cui occorra
ricostruire svolgimenti complessi di rapporti negoziali

in fieri o

futuri, ai fini della determinazione del lucro cessante per effetto di
un evento esterno, l’adozione di questo mezzo istruttorio è
pressoché necessitata. L’unica differenza, sotto il profilo
processuale è il doveroso rispetto dei termini di decadenza propri
dell’istruzione probatoria, visto che l’attività acquisitiva di dati

3

Il motivo è infondato.

rilevanti non può essere ricondotta alla mera attività valutativa
propria della classica Ctu deducente, esperibile senza preclusioni
anche in grado di appello.
Resta vero che non si può fare ricorso alla consulenza tecnica
per sopperire a lacune istruttorie imputabili alla parte; ma nella
dell’accertamento del danno emergente e del lucro cessante: onde,
non di funzione vicariale dell’onere della prova si trattava, bensì di
integrazione x consentita, nell’ambito di una ricostruzione
particolarmente

complessa

degli

effetti

dell’illecito

anticoncorrenziale
Con l’ultimo motivo si censura la mancata disamina della
domanda di mero accertamento dell’illecito perché formulata
tardivamente solo in sede di precisazione delle conclusioni.
Il motivo è infondato.
È inammissibile la proposizione alternativa della domanda di
condanna al risarcimento del danno e della domanda di condanna
generica) o di mero accertamento dell’illecito; subordinata, con tutta
evidenza, all’ipotesi in cui non risulti provata la prima. Per di più,
come la stessa corte territoriale ha messo in evidenza, la domanda
di accertamento era stata formulata in sede di edictio actionis quale
presupposto della condanna richiesta, e non in via autonoma; senza
che la successiva mutatío libelli avesse ottenuto il necessario
consenso dell’agenzia convenuta.
La sentenza deve essere dunque cassata in relazione alla
censura accolta, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in
diversa composizione, per un nuovo giudizio ed anche per il
regolamento delle spese della fase di legittimità.

4

specie era stata fornita una documentazione contabile ai fini

P.Q.M.
Accoglie ricorso nei sensi di cui motivazione, cassa la
sentenza nei limiti della censura accolta, con rinvio alla
Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione,

Roma, 18 luglio 2013
IL REL. EST.

IL PRESIDENTE
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anche per le spese della fase di legittimità.

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