Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2148 del 05/02/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2148 Anno 2015
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 10344-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA (c.f. 97103880585), domiciliata elettivamente
in Roma, Viale Mazzini n. 134, presso lo studio dell’Avv. Luigi Fiorillo,
rappresentata e difesa dall’Avv. Gaetano Granozzi per procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
DEL BEATO STEFANO (DLBSFN72B08A258Z), elettivamente
domiciliato in Roma in via Reno n. 21, presso lo studio dell’Av -v.
Roberto Rizzo, che lo rappresenta e difende per procura rilasciata a
margine del controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 10291/2009 della Corte d’appello di Roma,
depositata in data 15.04.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
1.12.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- Del Beato Stefano, con ricorso al Giudice del lavoro di
Roma chiedeva che fosse dichiarato nullo il termine apposto ad alcuni

Data pubblicazione: 05/02/2015

6. Poste Italiane s.p.a. c. Del Beato Stefano (r.g. 10344-11)

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contratti a tempo determinato con il primo dei quali era stata assunto
alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a. per il periodo 1.07-30.09.99 per
“esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso …” (ai sensi dell’art.
8 del cctil 26.11.94, come integrato dall’accordo sindacale 25.9.97).
2.- Rigettata la domanda e proposto ricorso dalla lavoratrice per
ottenere raccoglimento della domanda, la Corte d’appello di Roma con
sentenza 15.04.10 accoglieva l’impugnazione con riferimento al detto
primo contratto e dichiarava che tra le parti esisteva un rapporto di
lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 1°.07.99, condannando
Poste Italiane al risarcimento del danno corrispondendo le retribuzioni
dovute dal 24.06.03, dedotto l’ aliunde percotum
3.- La Corte rilevava che — nell’ambito del sistema dell’art. 23
della legge n. 56 del 1987, che aveva delegato le oo.ss. a individuare
nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva —
il primo contratto era stato stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL
Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per fare fronte ad
esigenze eccezionali connesse alla fase di ristrutturazione dell’azienda.
Considerato che la norma collettiva consentiva l’assunzione a termine
per detta causale solo fino al 30.4.98, riteneva che sussistesse la nullità
del termine apposto al primo contratto.
4.- Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione. Rispondeva
con controricorso Del Beato.
5.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha
depositato relazione, che è stata notificata ai difensori costituiti assieme
all’avviso di convocazione dell’adunanza.
6.- I motivi proposti dalla soc. Poste possono essere così
riassunti:
6.1.- violazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, dell’art. 8
del ceni 26.11.94 e dell’accordo integrativo 25.9.97, nonché degli
accordi successivi 16.1.98, 27.4.98, 2.7.98, 24.5.88 e 18.1.01, in
connessione con l’art. 1362 c.c.; violazione dei canoni di ermeneutica
contrattuale (art. 1362 e segg. c.c.) in relazione all’interpretazione
accolta dal giudice di merito dell’art. 8 del ceni 26.11.94 e dell’accordo
integrativo 25.9.97, nonché carenza di motivazione. In particolare, il
giudice di merito non avrebbe considerato che gli accordi successivi a
quello del 25.9.97 avevano valenza ricognitiva della sussistenza delle
condizioni legittimanti in fatto il ricorso al contratto a termine, senza
circoscrivere il ricorso a tale strumento solo al periodo temporale
indicato (primo motivo);
6.2.- omessa ed insufficiente motivazione in quanto il giudice di
merito non esposto in modo idoneo le ragioni che porrebbero in
rapporto il contratto collettivo 1994, l’accordo sindacale 25.9.97 ed i

6. Poste Italiane s.p.a. c. Del Beato Stefano (r.g. 10344-11)

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successivi accordi attuativi in relazione al limite temporale cui
sarebbero subordinate le assunzioni a termine (secondo motivo);
6.3.- Poste Italiane conclude richiamando l’art. 32 della legge
4.11.10 n. 183, che fissa specifici criteri di risarcimento del danno
connesso alla conversione del contratto di lavoro a tempo determinato
per nullità del termine, con applicazione diretta ai giudizi pendenti alla
data di entrata in vigore (terzo motivo).
7.- I primi due motivi sono infondati in forza della
giurisprudenza di questa Corte, la quale ritiene che l’art. 23 della 1.
28.2.87 n. 56, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità
di individuare — oltre le fattispecie tassativamente previste dall’art. 1
della 1. 18.4.62 n. 230 nonché dall’art. 8 bis del d.l. 29.1.83 n. 17, conv.
dalla 1. 15.3.83 n. 79 — nuove ipotesi di apposizione di un termine alla
durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in
bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati
all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe
a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).
Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno
individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui
all’accordo integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza ritiene corretta
l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto
accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo
sottoscritto in data 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti
abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi
in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione
di fatto integrante le esige/T eccezionali menzionate dal detto accordo
integrativo.
Consegue che per far fronte alle esigenze derivanti da tale
situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad
assunzione di personale straordinario con contratto tempo e che
l’esistenza di dette esigenze costituisse presupposto essenziale della
pattuizione negoziale; da ciò deriva che deve escludersi la legittimità
dei contratti a termine stipulati dopo il 30 aprile 1998 in quanto privi di
presupposto normativo. In altre parole, dato che le parti collettive
avevano raggiunto originariamente un’intesa priva di termine ed
avevano successivamente stipulato accordi attuativi che avevano posto
un limite temporale alla possibilità di procedere con assunzioni a
termine, fissato inizialmente al 31.1.98 e successivamente al 30.4.98,
l’indicazione di tale causale nel contratto a termine legittima
l’assunzione solo ove il contratto scada in data non successiva al
30.4.98 (v., exp/urimis, Cass. 23.8.06 n. 18378).
8.- La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto corretta, nella
ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di
merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato

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dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il
diritto del soggetto si era già perfezionato. Ammesso che le parti
avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi
precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a
termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in
forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione è comunque
conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già
perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il
potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica
(previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la
disciplina nel d.lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la
stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della
durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).
9.- Conseguentemente i contratti scadenti (o comunque
stipulati) al di fuori del limite temporale del 30.4.98 sono illegittimi in
quanto non rientranti nel complesso legislativo-collettivo costituito
dall’art. 23 della legge 28.2.87 n. 56 e dalla successiva legislazione
collettiva che consente la deroga alla legge n. 230 del 1962. Essendo
nella specie il contratto stipulato per “esigenze eccezionali ecc. …” per
il periodo 1.07-30.09.99, i due motivi debbono essere rigettati.
10.- Con il terzo motivo la ricorrente chiede l’applicazione
dell’art. 32, c. 5, della legge 4.11.10 n. 183 e la liquidazione indennitaria
del risarcimento del danno, evidenziando che il successivo c. 7 prevede
che detta disposizione trovi applicazione anche ai giudizi pendenti alla
data dell’entrata in vigore della legge.
La giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene che tale
disciplina, costituente nuova regolazione del rapporto controverso, sia
applicabile ai giudizi pendenti in grado di legittimità, a condizione che
la Corte sia al riguardo investita da un valido e pertinente motivo di
impugnazione (v. Cass. 28.01.11 n. 2112, 31.01.12 n. 1409 e 2.03.12 n.
3305), in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui
perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8.05.06
n. 10547 e 27.02.04 n. 4070). Tale condizione è nella specie realizzata,
atteso che l’applicazione della disciplina in questione è fatta oggetto
dello specifico motivo ora in esame.
11.- Tanto rilevato, deve considerarsi che la disposizione dell’art.
32 in questione (ritenuta conforme al dettato costituzionale dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2011) al e. 5 prevede che
“nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice
condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo
un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di
2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di
fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della 1. 15.7.66 n. 604”.
Lo stesso art. 32 al successivo c. 6 prevede, inoltre, che “in presenza di

Per questi motivi
La Corte rigetta i motivi primo e secondo ed accoglie il terzo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in
diversa composizione anche per la regolazione delle spese.
Così deciso in Roma il 10 dicembre 2014
Il Presidente

contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali,
stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche
a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a
termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo
dell’indennità fissata dal c. 5 è ridotto a metà”. La quantificazione del
risarcimento con questi criteri impone accertamenti di merito che
debbono essere rimessi al giudice di rinvio.
11.- In conclusione, rigettati i primi due motivi del ricorso
principale ed accolto il terzo, deve essere cassata la sentenza impugnata
con rinvio al giudice indicato in dispositivo per l’adozione dei
provvedimenti sul risarcimento previsti dalla legge n. 183 del 2010.
Allo stesso giudice va rimessa la regolazione delle spese.

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