Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21478 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21478 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

Data pubblicazione: 19/09/2013

R.G.N. 20746/2012

SENTENZA
Cron.

sul ricorso 20746-2012 proposto da:

L4-zg

Rep.

FALLIMENTO DELLA TRIONFANTE S.R.L., in persona delc . ) .
Ud. 11/07/2013

Curatore avv.

MAURIZIO PIZZUTO,

elettivamente
PU

domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso
l’avvocato MARZI MASSIMO FILIPPO, rappresentato e
difeso dall’avvocato MARINO ALBERTO, giusta procura
2013

in calce al ricorso;
– ricorrente –

1243

contro

TRIONFANTE S.R.L. (C.F. 02886930821), in persona

1

del

legale

rappresentante

pro

tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO
CESI 72, presso l’avvocato BONACCORSI DI PATTI
DOMENICO, che la rappresenta e difende unitamente
agli avvocati STAGNO D’ALCONTRES ALBERTO, MARSALA

– controricorrente contro

VAGLICA FRANCESCO, PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO
IL TRIBUNALE DI PALERMO, BANCA POPOLARE SANT’ANGELO
S.C.P.A., DONATO ELVIRA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1188/2012 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 10/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 11/07/2013 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato ALBERTO MARINO
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

ALFONSO, giusta procura in calce al controricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato ALBERTO
STAGNO D’ALCONTRES che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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2

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata in data 10
agosto 2012, in accoglimento del reclamo proposto dalla Trionfante
s.r.1., ha revocato il fallimento della società, ritenendo che

alla data di pubblicazione della sentenza di fallimento del
14/5/2012, l’unico creditore istante, Elvira Donato, aveva già
rinunciato alla dichiarazione di fallimento, presumendo
l’anteriorità della rinuncia avuto riguardo alla nota
dell’11/5/2012 ed all’ istanza di desistenza in pari data,
documenti firmati dalla Donato e dal legale della stessa, nonché
alla circostanza che nel giudizio di reclamo, la creditrice
istante era rimasta contumace.
La Corte territoriale ha ritenuto assorbite le ulteriori questioni
fatte valere dalla società.
Avverso detta pronuncia ricorre il Fallimento, sulla base di due
motivi.
Si difende con controricorso la sola società Trionfante s.r.l.
Sia il ricorrente che la controricorrente hanno depositato memoria
ex art.378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.1-. Col primo mezzo, il Fallimento denuncia il

vizio di

violazione e falsa applicazione degli artt.6 1.f. e 306 c.p.c.
Secondo il Fallimento, la rinuncia al ricorso diretto ad ottenere
la dichiarazione di fallimento non può essere considerata una mera

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I

fattispecie negoziale, che può manifestarsi anche con un

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comportamento concludente, ma, collocandosi all’interno del
procedimento

instaurato

a

seguito

della

presentazione

, dell’istanza, deve concretizzarsi nel deposito di un atto presso
la Cancelleria del Tribunale, in tal modo perfezionandosi la
fattispecie, in termini di rinuncia al ricorso, da cui consegue la

E l’art.306 c.p.c., dettato con riferimento al giudizio ordinario
di cognizione, ma avente portata generale, costituisce il
paradigma normativo della rinuncia al ricorso anche nel
procedimento prefallimentare.
Né infine, conclude il Fallimento, potrebbe ritenersi impedito il
deposito della dichiarazione di desistenza, firmata il venerdì 11
maggio 2012, nella giornata di sabato 12 maggio, in tempo utile
per impedire l’apertura del fallimento, dichiarato con sentenza
pubblicata il lunedì 14 maggio 2012, atteso che l’art.155 c.p.c.
non impedisce che il deposito abbia luogo nella giornata di
sabato.
1.2.- Col secondo mezzo, il ricorrente denuncia il vizio di
violazione e falsa applicazione degli artt.6 1.f. e 2704 c.c.

cessazione del procedimento.

In subordine, osserva il Fallimento, anche ad ammettere che per la
desistenza sia sufficiente accertare che il creditore abbia
manifestato, anche solo per fatti concludenti, la volontà di
rinunciare al ricorso, occorre verificare che tale volontà si sia
formata e manifestata prima della dichiarazione di fallimento; nel
caso, mentre dalla contumacia della creditrice nel successivo
giudizio di reclamo nulla può inferirsi, la Corte territoriale,

-1

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nel

considerare

la

data

dell’il

maggio,

apposta

alla

dichiarazione, ha disatteso quanto stabilito dall’art.2704 c.c. in
ordine alla computabilità della data nei confronti dei terzi.
2.1.- I due motivi di ricorso, strettamente collegati, possono
essere valutati unitariamente e sono da ritenersi infondati.

fallimento non prevede alcuna iniziativa d’ufficio, ma dispone
all’art.6 1.f. che l’iniziativa provenga dal debitore, da uno o
più creditori o dal pubblico ministero, così prevedendosi
l’iniziativa di parte, definita efficacemente dalla dottrina come
“motore essenziale” del procedimento prefallimentare.
La giurisprudenza e la dottrina si sono interessate della
individuazione del soggetto a cui fa riferimento la norma, quale
“creditore”, senza alcuna specificazione ulteriore, e quindi come
colui che vanta un credito nei confronti dell’imprenditore, non
necessariamente certo, liquido, esigibile, ma anche non ancora
scaduto o condizionale, non ancora munito di titolo esecutivo, sia
pure idoneo in prospettiva a giustificare un’azione esecutiva(in
tali termini, la pronuncia 3472/2011), e che deve essere oggetto

Com’è noto, il nuovo procedimento per la dichiarazione di

dell’imprescindibile delibazione incidentale del giudice
fallimentare(così le pronunce 24309/2011 e, resa dalle S.U., la
1521/2013), proprio in quanto non esiste più l’iniziativa
d’ufficioa

&

carenza della legittimazione del creditore istante,

a valere non solo alla data di proposizione del ricorso, ma per
tutta la durata del procedimento, determina l’arresto del

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procedimento stesso con pronuncia in rito di inammissibilità (così
le pronunce 21834/2009 e 3472/2011).
Ciò posto, è di palese evidenza che con la legge fallimentare
riformata non è più sostenibile l’equivalenza del ricorso del
creditore alla semplice denuncia-segnalazione, ma anche la tesi

con ricadute di tutela per gli altri creditori e nell’interesse
latamente pubblicistico, presta il fianco al rilievo, di fondo,
che l’accertamento compiuto dal Tribunale non si fonda sulla
esistenza del credito, ma sulla sussistenza dei presupposti del
fallimento, tant’è che se il creditore istante vuole divenire
creditore ammesso deve presentare domanda di ammissione al
passivo.
A riguardo,autorevole dottrina, particolarmente attenta ai profili
processuali della materia, ha inteso la domanda di fallimento
quale azione a contenuto meramente processuale, rispetto a cui
l’accertamento del credito si pone come accertamento incidentale
ai fini della legittimazione al ricorso.
La domanda del creditore istante può certamente essere rinunciata,
e la rinuncia, inserendosi all’interno del procedimento, assume la
natura di atto processuale, da cui l’infondatezza del richiamo del
ricorrente all’art.2704 c.c.,applicabile agli atti negoziali;
problematica è peraltro la individuazione della natura della
rinuncia, da alcune pronunce di merito ritenuta assimilabile alla
rinuncia agli atti del giudizio ex art.306 c.p.c.(ma è evidente la
difficoltà di individuare nel procedimento in oggetto la

dell’esercizio di azione esecutiva nel proprio interesse, anche se

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controparte che abbia interesse alla prosecuzione del giudizio), e
dalla pronuncia di questa Corte, 18620/2010(l’unica che si è
pronunciata esplicitamente sul punto), ritenuta, in continuità con
l’orientamento dottrinale formatosi nella disciplina previgente,
sostanzialmente una rinuncia alla domanda, tale da potersi

costituire oggetto di accertamento del giudice del merito( e tale
interpretazione pare obliterare la natura processuale dell’atto).
Nella specie, peraltro, non occorre prendere posizione sulla
natura della rinuncia o desistenza del creditore istante, se
necessariamente estrinsecantesi in un atto del processo o
ricostruibile sulla sola base della volontà della parte, atteso
che la Corte del merito, sia pure facendo riferimento proprio alla
pronuncia 18620/2010, si è trovata a dovere valutare la
fattispecie in cui esisteva l’atto di desistenza e si poneva solo
la questione della anteriorità o meno dello stesso rispetto alla
data di pubblicazione della sentenza di fallimento.
Così ricostruito l’ambito proprio della pronuncia, si deve
ritenere che correttamente la Corte del merito ha ritenuto
l’anteriorità dell’atto di desistenza rispetto alla data della
sentenza di fallimento del 14/5/2012, avuto riguardo all’istanza
di desistenza dell’11/5/2012 ed alla nota in pari data, documenti
tutti sottoscritti dalla creditrice istante e dal legale della
stessa, versati in atti in sede di reclamo, anche se non
depositati presso la Cancelleria del Tribunale fallimentare,
mentre il riferimento alla scelta della Donato, di non costituirsi

manifestare anche a mezzo di fatti concludenti, tanto da

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in

sede

di

reclamo,

appare

inserito

ad

abundantiam

nell’argomentazione seguita.
E la Corte d’appello ben ha potuto considerare l’atto di
desistenza prodotto in fase di reclamo, ma anteriore alla sentenza
di fallimento, atteso che il giudizio di reclamo, per i

d.lgs. 169/07, è caratterizzato da effetto devolutivo pieno, per

il quale non si applicano i limiti dell’appello, di cui agli
artt.342 e 345 c.p.c.(così le pronunce 9174/2012 e 22546/2010).
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del
presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna il Fallimento al pagamento
delle spese, liquidate in euro 2000,00 per compenso, oltre euro
200,00 per esborsi; oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 11 luglio 2012

Il Consigliere est.

procedimenti regolati dalla disciplina fallimentare riformata ex

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