Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21475 del 19/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 19/08/2019, (ud. 08/05/2019, dep. 19/08/2019), n.21475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23830/2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– ricorrente principale –

contro

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALNERINA

40, presso lo studio dell’avvocato GINO SCARTOZZI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

C.M., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA GIOVANNI VITELLESCHI 26, presso lo studio dell’avvocato

GIANFRANCO PASSALACQUA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e contro

B.B.;

– intimato –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

e contro

A.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5982/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/07/2014 R.G.N. 7438/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/05/2019 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEDICINI Ettore, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato ANTONIO GRUMETTO;

uditi gli Avvocati GIANFRANCO PASSALACQUA e Avvocato GINO SCARTOZZI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Gli odierni controricorrenti, tutti assegnati al SECIT – Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario del Ministero dell’Economia e delle Finanze -, soppresso ad opera del D.L. n. 112 del 2008, art. 45, convennero in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere l’accertamento del diritto a mantenere il livello retributivo acquisito al 25.6.2008 comprensivo della speciale indennità prevista dalla L. n. 146 del 1980, art. 12 e la condanna della Amministrazione al pagamento delle corrispondenti somme, eventualmente anche mediante attribuzione di un “assegno ad personam” sino alla cessazione del servizio; in via subordinata avevano chiesto il pagamento della indennità speciale per il periodo compreso tra il 25 giugno 2008 e la data di assegnazione al nuovo ufficio o incarico.

2. I ricorrenti avevano anche domandato la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle differenze retributive correlate al mancato adeguamento dell’indennità speciale a far data dal 31.12.1993 e al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa dello stress psicofisico subito per l’improvvisa e consistente decurtazione dello stipendio e per l’assegnazione a mansioni che non corrispondevano al livello di professionalità raggiunto.

3. Il Tribunale di Roma respinse le domande e la Corte di Appello di Roma con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato il diritto degli originari ricorrenti a percepire, a far tempo dalla soppressione del SECIT, l’assegno della L. n. 146 del 1980, ex art. 12, comma 4, nella misura goduta alla data del 25 giugno 2008 ed ha condannato il Ministero al pagamento delle conseguenti differenze retributive.

4. La Corte territoriale ha osservato che il D.L. n. 112 del 2008, art. 45, che aveva disposto la soppressione del SECIT, l’attribuzione delle relative funzioni al Dipartimento delle Finanze del Ministero delle Finanze e la restituzione del personale amministrativo alle amministrazioni di appartenenza, ovvero, se del ruolo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’assegnazione al Dipartimento delle Finanze, non aveva statuito alcunchè in ordine al trattamento retributivo spettante al personale già addetto al SECIT.

5. Dalla mancanza di disposizioni in punto di trattamento economico spettante al personale già addetto al SECIT, la Corte territoriale ha desunto la applicabilità alla vicenda dedotta in giudizio della disciplina dettata, per i casi di “passaggio di carriera”, presso la stessa o diversa amministrazione, dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202 (in vigore fino alla sua abrogazione ad opera della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 458.

6. La Corte territoriale ha osservato che l’indennità “speciale”, prevista in origine dalla L. n. 146 del 1980, art. 12, comma 4, in favore degli ispettori addetti al Servizio Centrale degli ispettori tributari, era stata estesa dalla L. n. 358 del 1991, art. 11, al personale appartenente alle qualifiche funzionali dalla I alla IV addetto al medesimo servizio ed era stata fatta salva dal CCNL autorizzato con D.P.C.M. n. 63 del 1995, intervenuto a disciplinare il trattamento economico fondamentale ed accessorio dei dipendenti pubblici (in calce alla tabella allegato b) e stipulato ai sensi del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 2.

7. Ha riconosciuto la natura retributiva della indennità ed ha ritenuto che essa concorreva stabilmente a formare il trattamento economico corrisposto in via ordinaria e continuativa al personale assègnato al SECIT, in quanto veniva corrisposta per il solo fatto di tale assegnazione, a prescindere dalle mansioni espletate e dai risultati ottenuti.

8. La domanda volta all’adeguamento della indennità è stata ritenuta infondata sul rilievo che essa era stata cristallizata, nell’importo previsto alla data del 31.12.1993, dal contratto collettivo recepito con D.P.C.M. n. 63 del 1995 e dalla disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 3, che aveva abrogato tutte le disposizioni che prevedevano trattamenti economici accessori comunque denominati a favore di dipendenti pubblici.

9. La Corte territoriale ha, poi, escluso la configurabilità di un danno patrimoniale in ragione dell’avvenuto riconoscimento del diritto a percepire la indennità “speciale” anche successivamente alla soppressione del SECIT ed ha ritenuto generiche le allegazioni correlate al cambiamento del tenore di vita, alle malattie insorte, alle aspettative di carriera mortificate in quanto erano state riferite indifferentemente a tutti gli originari ricorrenti, senza alcuna specificazione in relazione a ciascuno dei ricorrenti.

10. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza sulla base di due motivi. Hanno resistito con controricorso C.M. e gli altri litiscjnsorti indicati in epigrafe, i quali hanno anche proposto ricorso incidentale, affidato a tre motivi, al quale il Ministero ha resistito con controricorso. A.A. ha resistito con distinto controricorso. A.A. e C.M. hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi del ricorso principale:

11. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 45, comma 2, lett. a), convertito in L. n. 133 del 2008. Falsa applicazione del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 202 e della L. 24 dicembre 1993, n. 537.

12. Sostiene che la Corte territoriale, nell’affermare che il D.L. n. 112 del 2008, art. 45, “nulla ha statuito in merito al trattamento retributivo spettante a detto personale” ha omesso di considerare che l’art. 45 dispone in maniera inequivocabile che, a decorrere dalla data di cui al comma 1 (25 giugno 2008), sono o restano abrogate tutte le disposizioni incompatibili con quelle di cui al medesimo comma 1 e, in particolare della L. n. 146 del 1980, artt. 9,10,11,12 e successive modificazioni. Sulla scorta delle predette disposizioni, nella prospettiva difensiva del ricorrente, non avrebbe dovuto farsi applicazione del D.P.R. n. 3 del 1957, n. 3, art. 202 e della L. n. 537 del 1993.

13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 133 del 2008, art. 12, L. 29 ottobre 1991, n. 358, art. 11, comma 2 e del CCNL per il Comparto Ministeri autorizzato con D.P.C.M. 3 marzo 1995, n. 63.

14. Asserisce che il CCNL citato nella rubrica, in calce alla tabella dell’allegato b) si è limitato a fare salvo, per il personale in servizio presso il SECIT, il trattamento previsto dalla L. n. 146 del 1980, art. 12, comma 4, ma non ha affatto mutato il carattere dell’indennità.

15. Sostiene che quest’ultima, per essere correlata indissolubilmente all’espletamento delle particolari funzioni svolte all’interno della struttura ove gli odierni controricorrenti erano stati distaccati, non rientra nel trattamento fondamentale dei dipendenti pubblici cd. privatizzati, come previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 e configurato dalla contrattazione collettiva.

16. Aggiunge che, non avendo il SECIT un proprio ruolo, il personale assegnato in posizione di comando o distacco, è rimasto assoggettato al trattamento giuridico ed economico del ruolo di appartenenza, con l’eventuale aggiunta delle particolari indennità previste per la prestazione del servizio presso l’Amministrazione di utilizzazione, e che, venuta meno la condizione ambientale di particolare delicatezza dei compiti del SECIT, non sussisteva più il diritto dei controricorrenti a percepire l’indennità speciale.

17. Inoltre, il ricorrente richiama il combinato disposto del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 344, art. 10, comma 6 e del successivo D.P.C.M. 13 aprile 1984 e assume la natura accessoria della indennità speciale, desumendola dal divieto di cumulo di quest’ultima con il compenso incentivante.

18. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 45, convertito in L. n. 133 del 2008, in relazione al divieto di “reformatio in peius”.

19. Asserisce che la soppressione “ope legis” del SECIT non consente di qualificare la vicenda dedotta in giudizio come normale procedura di mobilità cui applicare il divieto di “reformatio in peius”.

Sintesi dei motivi del ricorso incidentale.

20. Con il primo motivo i ricorrenti incidentali denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 3 e del CCNL approvato con D.P.C.M. 3 marzo 1995, n. 63 e motivazione insufficiente e contraddittoria.

21. Ribadendo di avere diritto all’adeguamento della indennità dedotta in giudizio per il periodo successivo al 31.12.1993 e sino a fine carriera, asseriscono che, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, il peculiare sistema di rivalutazione dell’indennità, in origine previsto dalla L. n. 146 del 1980, art. 12, comma 4, non costituendo un meccanismo di adeguamento automatico, non poteva ritenersi abrogato dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 3.

22. Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218,1226,1375,2043 e 2056 c.c..

23. Imputano alla Corte territoriale contraddittorietà motivazionale e sostengono che i danni lamentati avrebbero potuto essere riconosciuti in via presuntiva e liquidati in via equitativa, sol tenendo conto del fatto che la decurtazione stipendiale aveva comportato “ex se” il peggioramento della qualità della loro vita. Deducono che il danno patrimoniale è conseguito alla operata decurtazione del trattamento economico in assenza di consultazione sindacale.

24. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, in via condizionata all’accoglimento del ricorso principale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 45, commi 1 e 2, conv. in L. n. 133 del 2008 e motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria. Asseriscono di avere diritto al pagamento della speciale indennità quanto meno sino alla data in cui hanno effettivamente cominciato a prestare servizio presso il nuovo ufficio (tutti dal 10.10.2008 tranne V.C. dal 13.8.2008).

25. In via preliminare va disattesa l’eccezione inammissibilità formulata ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, dai controricorrenti-ricorrenti incidentali, nei confronti del ricorso principale.

26. Va osservato che l’art. 360-bis c.p.c., n. 1, prevede (anche dopo il mutamento di indirizzo, ad opera della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 7155 del 2017, secondo cui lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgere relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, la declaratoria d’inammissibilità e non il rigetto per manifesta infondatezza), soltanto laddove la giurisprudenza della Corte di Cassazione già abbia giudicato nello stesso modo della sentenza di merito la specifica fattispecie proposta dal ricorrente oppure quando il caso concreto non sia stato ancora deciso ma, tuttavia, si presti palesemente ad essere facilmente ricondotto, secondo i principi applicati da detta giurisprudenza, a casi assolutamente consimili, e comunque in base alla logica pacificamente affermata con riguardo all’esegesi di un istituto nell’ambito del quale la vicenda particolare pacificamente si iscriva.

27. Ebbene, queste evenienze non ricorrono nella fattispecie in esame perchè le censure formulate nel ricorso principale, a prescindere dalla loro fondatezza, investono la corretta ricostruzione della indennità “speciale” dedotta in giudizio e della sua spettanza al personale già addetto al SECIT all’esito della soppressione di quest’ultimo ad opera della del D.L. n. 112 del 2008, art. 45, questione sulla quale questa Corte non ha ancora deciso e che non è facilmente riconducibile a casi assolutamente consimili con conseguente applicazione di principi di diritto già affermati.

Esame dei motivi del ricorso principale.

28. Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente, avuto riguardo all’intima connessione delle censure che sono sviluppate a corredo di ciascuno di essi, sono infondati.

29. Il dispositivo della sentenza impugnata è, infatti, conforme a diritto, sulla base della diversa motivazione, parzialmente correttiva, enunciata in questa sentenza.

30. La L. n. 146 del 1980, art. 9, comma 1, aveva istituito nell’ambito dell’Amministrazione finanziaria il servizio centrale degli ispettori tributari, divenuto, SECIT – servizio consultivo ed ispettivo tributario (D.Lgs. n. 382 del 1999, art. 1, comma 1, lett. a)).

31. Le attribuzioni del SECIT, nel tempo variamente disciplinate da fonti successive, che non hanno alterato le linee fondamentali della originaria impostazione costruita dalla L. n. 146 del 1980, la quale ha continuato ad essere la disciplina di riferimento (D.P.R. n. 107 del 2001, art. 22, comma 1), consistevano (D.P.R. n. 107 del 2001, art. 22, comma 1) nell’elaborazione di studi di politica economica e tributaria e di analisi fiscale in conformità agli indirizzi del Ministro (delle Finanze, in origine, dell’Economia e delle Finanze, successivamente).

32. La L. n. 146 del 1980, art. 12, comma 4, nella sua originaria formulazione, dopo avere previsto che “Al servizio sono addetti non più di duecento impiegati designati con decreto del Ministro delle finanze per una metà tra il personale appartenente alla carriera direttiva dell’Amministrazione finanziaria e per l’altra metà alla carriera di concetto della stessa Amministrazione” stabilì che “Ad essi viene corrisposta una speciale indennità di funzione non pensionabile pari al cinquanta per cento della retribuzione percepita, con esclusione dell’indennità integrativa speciale e dell’assegno temporaneo di cui alla L. 19 luglio 1977, n. 412”.

33. La L. n. 358 del 1991, art. 11, statuì che la speciale indennità prevista dell’art. 12, citato comma 4, fosse riconosciuta anche “al personale appartenente alle qualifiche funzionali dalla I alla V assegnato al Servizio centrale degli ispettori tributari con provvedimento formale”.

34. Nell’ambito del contesto normativo innanzi descritto, all’indennità in esame deve essere riconosciuta la natura retributiva ma anche e soprattutto il carattere di voce retributiva stabile e continuativa del trattamento economico attribuito al personale appartenente alle “qualifiche funzionali dalla I alla V” assegnato al servizio SECIT (tra il quale rientrano incontestatamente gli odierni controricorrenti), e ciò indipendentemente dalla circostanza che in origine ne sia stata affermata la non pensionabilità.

35. Essa, infatti, come emerge dall’inequivoco tenore letterale della L. n. 1991 n. 358, art. 11, citato comma 4, fu attribuita, con carattere di generalità, per il solo fatto della assegnazione al SECIT, senza alcuna correlazione alla specificità delle mansioni in concreto svolte e/o ai risultati ottenuti. Tant’è che l’importo era stato predeterminato, in virtù del rinvio espresso alla L. n. 146 del 1980, art. 12, comma 4, in misura pari al “cinquanta per cento della retribuzione percepita, con esclusione dell’indennità integrativa speciale e dell’assegno temporaneo di cui alla L. 19 luglio 1977, n. 412”.

36. Essa entrò, pertanto, a far parte del trattamento economico erogato ai dipendenti addetti al SECIT in modo stabile, anche quanto ai parametri di determinazione quantitativa, e non occasionale.

37. L’indennità in esame non è venuta meno, nè ha mutato i caratteri sopra indicati a seguito della privatizzazione del rapporto di impiego pubblico e dell’intervento della contrattazione collettiva.

38. Il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, aveva previsto che “Salvo che per le materie di cui alla L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2, comma 1, lett. c), gli accordi sindacali recepiti in decreti del Presidente della Repubblica in base alla L. 29 marzo 1983, n. 93 e le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto e non abrogate, costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui all’art. 2, comma 2. Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi disciplinati dal presente decreto in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Le disposizioni vigenti cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, del secondo contratto collettivo previsto dal presente decreto (comma 1).

39. Lo stesso art. 72, aveva, però, anche disposto che “Contestualmente alla sottoscrizione dei primi contratti collettivi stipulati ai sensi del titolo III, sono abrogate le disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento economico, nonchè le disposizioni che prevedono trattamenti economici accessori comunque denominati a favore di dipendenti pubblici. I contratti collettivi fanno comunque salvi i trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalità per ciascuna amministrazione o ente” (comma 3).

40. Ebbene, il primo contratto collettivo successivo alla privatizzazione del pubblico impiego, si tratta del CCNL di cui al D.P.C.M. 3 marzo 1995, n. 63, all. 1 – art. 1 – parte 2, in conformità alle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, ha previsto che “Per il personale in servizio presso il Servizio Centrale degli Ispettori Tributari è fatto salvo il trattamento previsto dalla L. 24 aprile 1980, n. 146, art. 12, comma 4, come modificata dalla L. 29 ottobre 1991, n. 358, art. 11, negli importi spettanti al 31.12.1993, nonchè, per tutto il personale del Ministero delle Finanze, i trattamenti eventualmente ancora spettanti per effetto della L. 19 luglio 1977, n. 412, art. 9, comma 2”.

41. Il tenore letterale della disposizione non lascia spazio ad alcun dubbio in ordine al perdurare del diritto dei lavoratori assegnati ai SECIT a vedersi corrispondere la speciale indennità, sia pure, ormai, nell’importo cristallizato al 31.12.1993 (infra p. 54 di questa sentenza).

42. La clausola collettiva, inoltre, letta in una alle clausole collettive che descrivono la struttura della retribuzione ed il trattamento economico, rende evidente che la speciale indennità non solo venne mantenuta ma neppure mutò la natura di indennità retributiva erogata stabilmente e con continuità. Essa, infatti, continuò a costituire una voce ormai entrata stabilmente nel trattamento economico dei dipendenti assegnati al servizio SECIT.

43. Va al riguardo osservato, che l’art. 29 al comma 1, dopo avere precisato che la struttura della retribuzione si compone del trattamento fondamentale e del trattamento accessorio, ha previsto che di questo fanno parte, tra le altre voci, le competenze di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, ed all’Allegato B del presente contratto (lett. d).

44. Il successivo art. 34, che detta la disciplina della retribuzione accessoria, a sua volta ribadisce che “I trattamenti economici accessori in atto presso le singole amministrazioni del comparto, secondo la specifica disciplina legislativa, contrattuale ed amministrativa in vigore, sono conservati nelle amministrazioni medesime in base alle modalità determinate ai sensi del comma seguente” (comma 1) e rinvia all’allegato B per la definizione delle voci e delle quote di retribuzione accessoria utili ai fini dei diversi istituti contrattuali, ed inoltre, per l’individuazione delle “tabelle di retribuzione accessoria mensile distinte per livello, comprendenti le quote di retribuzione accessoria aventi carattere di generalità e continuità in base alla specifica disciplina legislativa, contrattuale ed amministrativa in vigore, anche ai sensi del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, comma 3, facendo riferimento agli importi corrisposti per l’anno 1993, rilevati sulla base del bilancio consuntivo (lett. b)”.

45. Ricostruita nei termini sopra descritti, la indennità dedotta in giudizio deve escludersi che il diritto alla sua attribuzione sia venuto meno per effetto del D.L. n. 112 del 2008, art. 45, convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008.

46. La disposizione innanzi richiamata ha previsto che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Servizio consultivo ed ispettivo tributario è soppresso e, dalla medesima data, le relative funzioni sono attribuite al Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze ed il relativo personale amministrativo è restituito alle amministrazioni di appartenenza ovvero, se del ruolo del Ministero dell’economia e delle finanze, assegnato al Dipartimento delle finanze di tale Ministero”.

47. Le funzioni proprie del SECIT, per espressa previsione del legislatore, non sono venute meno ma sono state attribuite al Dipartimento dello stesso Ministero ove il SECIT era stato collocato, e al Dipartimento è stato assegnato il personale che, come gli odierni controricorrenti, anche questa circostanza è incontestata, ha continuato a svolgere presso la nuova struttura organizzativa le medesime mansioni in precedenza svolte.

48. Essi hanno, pertanto, conservato, in virtù del principio generale di irriducibilità della retribuzione, il medesimo trattamento economico goduto sino a quando il SECIT non era stato soppresso.

49. Il principio generale della irriducibilità della retribuzione, che vieta anche nell’ambito dei rapporti di impiego pubblico privatizzato, il peggioramento ingiustificato del trattamento economico maturato, non risulta nella fattispecie derogato dalle disposizioni contenute nel D.L. n. 112 del 2008, art. 45, conv. con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008.

50. La predetta disposizione si è, infatti, limitata a disporre l’assegnazione al Dipartimento tributario delle funzioni del servizio soppresso e non ha affatto disciplinato il trattamento economico del personale del ruolo del Ministero, già in servizio al SECIT, assegnato al Dipartimento.

51. La abrogazione espressa (dell’art. 45, comma 2) di tutte le “le disposizioni incompatibili con quelle di cui al medesimo comma 1” e, in particolare degli artt. “della L. 24 aprile 1980, n. 146, artt. 9,10,11,12 e successive modificazioni (lett. a) e dell’art. 22 del regolamento emanato con D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107 (lett. b), non può essere richiamata utilmente. Come già evidenziato, l’indennità era stata attribuita agli odierni ricorrenti dalla L. n. 358 del 1991, art. 11, che non è stata oggetto di intervento abrogativo; essa, poi, era stata disciplinata dalla contrattazione collettiva successivamente intervenuta, che, nel silenzio della legge, non può ritenersi derogata da quest’ultima.

52. Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui il ricorrente richiama il combinato disposto del D.P.R. n. 344 del 1983, art. 10, comma 6 e del successivo D.P.C.M. 13 aprile 1984, per desumerne la natura accessoria della indennità speciale.

53. Della questione in diritto, dedotto divieto di cumulo di tale indennità con il compenso incentivante, comportante accertamenti in fatto (erogazione del predetto compenso in una alla indennità speciale) non v’è traccia nella sentenza impugnata e il ricorrente non ha allegato l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, nè, tampoco, ha indicato in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto (Cass. 10510/2018, 27568/2017).

Esame dei motivi del ricorso incidentale

54. Il primo motivo è infondato perchè, come già osservato (cfr. punti da 39 a 41 di questa sentenza), il primo contratto collettivo successivo alla privatizzazione del pubblico impiego (CCNL di cui al D.P.C.M. 3 marzo 1995, n. 63) all. 1 allegato 1 – art. 1 parte 2, con formulazione letterale chiara ed inequivoca e in conformità a quanto disposto dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72 commi 2 e 3, ha previsto che “Per il personale in servizio presso il Servizio Centrale degli Ispettori Tributari è fatto salvo il trattamento previsto dalla L. 24 aprile 1980, n. 146, art. 12, comma 4, come modificata dalla L. 29 ottobre 1991, n. 358, art. 11, negli importi spettanti al 31.12.1993, nonchè, per tutto il personale del Ministero delle Finanze, i trattamenti eventualmente ancora spettanti per effetto della L. 19 luglio 1977, n. 412, art. 9, comma 2”.

55. Il tenore letterale della disposizione non lascia spazio ad alcun dubbio interpretativo in ordine alla persistenza del diritto dei lavoratori assegnati al SECIT a vedersi corrispondere la speciale indennità ma nell’importo cristallizato al 31.12.1993.

56. Il secondo motivo è infondato.

57. Secondo l’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte successiva alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 6572 del 2006, il risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo, dell’esistenza di un pregiudizio, di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile.

58. Il danno, infatti, non è conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo, sicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore l’onere di fornire la prova del pregiudizio subito e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale (Cass. nn. 17214/2016, 4031/2016, 18431/2015, 1327/2015).

59. E’ stato anche affermato che detta prova può essere acquisita in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, “assumendo precipuo rilievo quella per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro dell’operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto) si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del danno (Cass. 18431/2015, 29832/2008).

60. Il ricorso alle presunzioni, peraltro, è stato, però, ritenuto consentito a condizione che sia stata allegata la natura del pregiudizio e che il ricorrente abbia dedotto e provato circostanze diverse ed ulteriori rispetto al mero inadempimento, che possano essere valorizzate per risalire dal fatto noto a quello ignoto.

61. I principi innanzi richiamati non risultano affatto violati nella fattispecie in esame perchè la Corte territoriale ha rilevato che le allegazioni contenute nel ricorso in ordine alle voci di danno, diverse da quello patrimoniale, erano connotate da assoluta genericità perchè riferite, senza alcuna specificazione, a tutti indistintamente i lavoratori appellanti.

62. Il primo e il secondo motivo sono inammissibili nella parte in cui addebitano alla sentenza impugnata vizi motivazionali. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile “ratione temporis” perchè la sentenza impugnata è stata pubblicata l’8.7.2014) consente tale denuncia nei limiti dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. SSUU 8053/2014, 8054/2014), fatto storico che non risulta indicato dai ricorrenti.

63. Il terzo motivo, proposto in via condizionata, all’accoglimento del ricorso principale, è assorbito dal rigetto di quest’ultimo.

64. Sulla scorta delle conclusioni svolte devono essere rigettati il ricorso principale, il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale e dichiarato assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale.

65. Le spese del giudizio di legittimità sono compensate, tra tutte le parti, in ragione della reciproca soccombenza.

66. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

67. Tali condizioni non sussistono, di contro, quanto al ricorrente principale perchè la norma non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. 17361/2017).

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso principale.

Rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbito il terzo.

Dichiara compensate tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2019

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