Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21472 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21472 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 24460-2011 proposto da:
ANHEUSER-BUSCH

INC.

(C.F.

01168570586),

successivamente ANHEUSER-BUSCH LLC, in persona del
legale rappresentante pro tempore, e BIRRA PERONI
S.P.A.

(P.I.

INDUSTRIALE
2013
1101

06996881006),
S.P.A.,

in

già
persona

BIRRA

PERONI

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliate in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9,
presso l’avvocato BIAMONTI LUIGI, che le
rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Data pubblicazione: 19/09/2013

CONSOLO CLAUDIO, VANZETTI ADRIANO, MASETTI ZANNINI
DE CONCINA ALESSANDRO, GIULIO ENRICO SIRONI,
rispettivamente giusta procura speciale per Notaio
CINDY L. MCKEEHAN dello Stato del MISSOURI,

munita di Apostille n. 240143 a firma del

procura speciale per Notaio PAOLO SILVESTRO di ROMA
– Rep.n. 93511 del 27.9.2011, e procura speciale
per Notaio dott. SALVATORE D’IPPOLITO di SARONNO Rep.n. 154592 del 13.6.2013;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E
FORESTALI, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
K. KIEM S.R.L. (C.F. 00388370215), ITALSUG TRADE
S.R.L.

(C.F.

11575020158),

in

persona

dei

Segretario di Stato ROBIN CARNAHAN del 30.9.2011,

rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
elettivamente domiciliate in ROMA, C.SO VITTORIO
EMANUELE II 269, presso l’avvocato VACCARELLA
ROMANO, che le rappresenta e difende unitamente
agli avvocati DE BOSIO STEFANO, SALETTI ACHILLE,
giusta procure in calce al controricorso;

2

- controricorrentí

avverso la sentenza n. 1779/2011 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 20/06/2013 dal Consigliere

uditi, per le ricorrenti, gli Avvocati BIAMONTI,
VANZETTI, SIRONI e CONSOLO che si riportano agli
atti (e depositano note d’udienza);
uditi,

per le controricorrenti,

gli Avvocati

VACCARELLA R. e DE BOSIO S. che si riportano agli
atti (e depositano note d’udienza);
udito,

per

il

controricorrente

Ministero,

l’Avvocato Gen. Stato RAGO VINCENZO (presentato in
udienza alle ore 11,25) che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che chiede che la
Corte voglia disporre il rinvio pregiudiziale alla

Dott. VITTORIO RAGONESI;

C.G. UE sulle seguenti questioni: disciplina
sopravvenuta sui marchi in questione a seguito del
Trattato di Atene del 2003 e del Reg. n. 510/2006;
e sulla questione dell’utilizzazione della
denominazione in lingua tedesca della birra in
questione, in subordine rigetto del ricorso.
N

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza del 26/11/01, in parziale accoglimento del
ricorso cautelare depositato il 18.10.01 dalla società statunitense

contrassegnata dai marchi “Budweiser” e “Bud”, e dalla Birra
Peroni Industriale s.p.a., distributrice italiana e licenziataria del
predetti marchi, il Tribunale di Milano inibiva alle resistenti
Italsug Trade s.r.l. e K. Kiem s. r. l. ,distributrici italiane della birra
prodotta dalla società cecoslovacca Budejovicky Budvar,
l’utilizzazione commerciale e pubblicitaria del marchi dichiarati
nulli dalle sentenze n. 12839/98 del Tribunale di Milano e n. 2987
del 2000 della Corte d’Appello di Milano – sentenze pronunciate
nel giudizio pendente tra la Anheuser-Busch Incorporation e l’ente
ceco Budejovicky Budvar Narodni Podnik -fatta eccezione per il
marchio Budejovicky Budvar n. 342.157.
Il Tribunale disponeva altresì a carico delle resistenti una penale di
£. 10.000 per unità di prodotto commercializzata in violazione
dell’inibitoria, fissando al 31/12/01 il termine presuntivo per
l’esaurimento delle relative scorte.

Anheuser-Busch Incorporation, produttrice della birra

A seguito di reclamo, il Tribunale di Milano, con ordinanza in data
12/2/02, confermava il divieto di utilizzazione dei marchi
contenenti le parole “Budweiser” e/o “Bud”, estendendolo al

contraddistinti con i predetti marchi.
In data 10/9/02 veniva depositata la sentenza n. 13168/02 della
Corte di Cassazione relativa al giudizio pendente tra la AnheuserBusch Incorporation e l’ente ceco Budejovicky Budvar Narodni
Podnik (d’ora in avanti BB). le cui pronunce di merito erano state
richiamate dalle ricorrenti a fondamento della domanda cautelare.
Con atto di citazione notificato il 19, 20 e 21/12/01, la AnheuserBusch Incorporation (d’ora in avanti AB) e la Birra Peroni
Industriale s.p.a. avevano instaurato nel frattempo il giudizio di
merito, citando in giudizio la Italsug Trade s.r.l. e la K. Kiem s.r.l.
Le attrici chiedevano al Tribunale di Milano: di accertare in via
definitiva la responsabilità delle convenute sulla base sia della
contraffazione del marchio n. 589.805 di A B – relativo alla parola
`Budweiser” “in qualsiasi colore o combinazione di colori” e
registrato per i prodotti della classe 32 (“birre; acque minerali e

marchio n. 342. 157 ed autorizzando il sequestro del prodotti

gassose e altre bevande analcoliche: sciroppi e altri preparati per
fare bevande “) – sia del compimento di atti di concorrenza sleale ai
danni di esse attrici; di inibire alle convenute l’utilizzo dei marchi

parole “Budweiser “, “Bud” o parole simili; di pronunciare
condanna al risarcimento dei danni derivanti dagli illeciti
contraffattori, di ordinare la distruzione dei prodotti recanti i
marchi contraffatti; di disporre una penale non inferiore a £.
1.000.000 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’emananda
sentenza e di ordinarne, infine, la pubblicazione per estratto a
mezzo stampa.
Le attrici sostenevano in atto di citazione che, avendo i giudici di
merito omesso, nelle sentenze relative al giudizio pendente tra AB
e BB rispetto al quale la Corte di Cassazione non si era all’epoca
ancora pronunciata, di dichiarare in dispositivo la nullità anche del
marchio n. 342.158, la società ceca aveva proditoriamente
continuato a vendere i suoi prodotti con il marchio contraffatto.
intraprendendo nel contempo varie iniziative giudiziarie – presso i
Tribunali di Roma e di Firenze – nei riguardi rispettivamente di AB

per cui era causa e, comunque di qualsiasi marchio contenente le

e di Birra Peroni Industriale s.p. a. con le quali chiedeva – sulla
base del proprio marchio 342.157 – la declaratoria di nullità del
marchio n. 589.805 del 1993 di AB ed i conseguenti provvedimenti

Le attrici riferivano altresì del procedimento cautelare – sopra
indicato – che avevano instaurato innanzi al Tribunale di Milano
per ottenere l’inibitoria dell’attività contraffattoria di controparte in
ordine ai marchi già dichiarati nulli dall’Autorità giudiziaria
milanese con le citate sentenze n. 12839/98 e 2987/00.
Le convenute, costituitesi, chiedevano il rigetto delle domande
attrici . In via riconvenzionale, proponevano la domanda di
accertamento della nullità del marchio n. 589.805 di titolarità della
Anheuser-Busch nonché dell’attività di contraffazione e di
concorrenza sleale posta in essere dalle attrici mediante sviamento
di clientela ed illegittima appropriazione di pregi. Instavano, infine,
per l’adozione dei conseguenti provvedimenti inibitori e per il
risarcimento dei danni subiti da liquidarsi in separata sede.
In via subordinata, chiedevano di dichiarare legittimo l’uso, da
parte di esse convenute, di marchi Budweiser Budvar, Budveiser

inibitori.

Bier Budhraii, Budweiser Crystal, Budvar, Budweiser Bier (De
Budiwoyz Sigillum Civium) ai sensi dell’art.48 1.m.
Invocavano, infine, la condanna delle attrici al risarcimento dei

All’udienza del 23/6/04 si costituiva il Ministero delle Politiche
Agricole , interveniente volontario ad adiuvandum, chiedendo il
rigetto delle domande attoree e l’accoglimento di quelle proposte
dalle convenute Italsug Trade s.r.l. e della K. Klein s.r.l.
Svolta attività istruttoria, con sentenza n. 9946 del
15.11.2007/30.7.2008, il Tribunale di Milano : 1) accertava la
responsabilità della Italsug Trade s.d. e della K. Kiem s,r.l. in
ordine alla contraffazione del marchio 589.805 (rinnovato con
domanda n. F 120000000532) di titolarità della Anheuser-Busch
Incorporation, nonché il compimento di atti di concorrenza sleale ai
danni delle attrici, inibendo alle stesse Italsug Trade s.r.l. e K.
Kiem s.r.l. di utilizzare i marchi oggetto di preuso da parte di
Anheuser-Busch Incorporation, e, comunque, qualsiasi marchio
denominativo e/o figurativo contenente le parole “Budweiser”,
“Bud’ o parole ad esse simili; 2) inibiva alla Italsug Trade s.r.l.

danni per lite temeraria ex art. 96 c,p.c.

ed alla K. Kiem s.r.1 . l’utilizzo dei predetti marchi , fissando una
penale di euro 500,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione
delle disposizioni della sentenza e per ogni violazione constatata

di tutti i prodotti – e del relativo materiale promozionale o
pubblicitario – recanti i segni distintivi contraffatti; 4) condannava
la Italsug Trade s.r.l. e la K. Kiem s.r.l. al risarcimento del danni
patrimoniali subiti dalla Anheuser-Busch Incorporation, pari ad
euro 1.900.000,00 a carico di K. Kiem s.r.l. ed euro 1.200.000,90 a
carico di Italsug Trade s.r.1., oltre agli interessi legali maturandi
dal 31/5/06 al saldo effettivo; 5) condannava la Italsug Trade
s.r.l. e la K. Kiem s.r.l. al risarcimento dei danni patrimoniali subiti
dalla Birra Peroni Industriale s.p.a., pari ad euro 400.000,00 a
carico di K. Kiem s.r.l. e ad euro 1.000.000,00 a carico di Italsug
Trade s.r.1., oltre agli interessi legali maturandi dal 31/5/06 al saldo
effettivo;6) condannava la Italsug Trade s.r.l. e la K. Kiem s.r.1.,
in via tra loro solidale, al pagamento, in favore delle attrici, della
somma di euro 1.391.271,58, oltre agli interessi legali maturandi
dal 31/5/06 al saldo effettivo, a titolo di penale per la violazione

successivamente al deposito della stessa,3) ordinava la distruzione

dell’inibitoria cautelare,7) provvedeva sulle spese di causa.
Avverso tale sentenza la Italsug Trade s.r. 1. e la K. Kiem s.r.l.
proponevano gravame davanti alla Corte d’Appello di Milano , con

riforma della stessa, la Corte rigettasse o dichiarasse inammissibili
le domande avversarie e che venissero accolte le domande già
proposte in via riconvenzionale.
Costituendosi, la Anheuser-Busch e la Birra Peroni Industriale
contestavano la fondatezza dell’appello e ne chiedevano il rigetto;
chiedevano inoltre che venissero respinte tutte le domande
formulate dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali, confermando la sentenza impugnata e dichiarando,
occorrendo, l’inammissibilità dell’intervento del Ministero anche
nel dispositivo dell’emananda sentenza; proponevano appello
incidentale, chiedendo che la Italsug Trade e la K. Kiem venissero
condannate alla rifusione, a titolo di risarcimento dei danni di
somme non inferiori a euro 15.000.000,00 in favore della
Anheuser-Busch e di euro 2.000.000,00 in favore della Birra
Peroni, ovvero del diverso importo ritenuto di giustizia, da

atto di citazione notificato il 14.10.2008, chiedendo che, in totale

determinarsi anche in via equitativa, nonché a versare, a titolo di
penale per la violazione delle ordinanze cautelari del 26.11.2001 e
del 31.1/12.2.2002 una somma pari a euro 5.000.000,00, anche con

provvedimenti , ai sensi dell’art. 2599 cc. e per la fissazione di una
penale pari a euro 50.000,00 per ogni violazione diversa ed
ulteriore rispetto alla vendita di prodotti recanti i segni distintivi
oggetto di inibitoria nonché la condanna al risarcimento dei danni,
delle controparti ai sensi dell’art. 96 c.p.c .
Costituendosi in giudizio, il Ministero delle Politiche Agricole
Alimentari e Forestali proponeva appello incidentale, chiedendo
che, in riforma della sentenza impugnata, venissero respinte le
domande proposte dalla Anheuser-Busch e dalla Birra Peroni
Industriale e che venisse dichiarata la nullità del marchio registrato
n. 589.805 di cui era titolare la Anheuser-Busch e che, per l’effetto,
venisse dichiarata l’illiceità dell’uso di detto marchio e la
responsabilità della Anheuser-Busch e della Birra Peroni
Industriale per contraffazione e usurpazione di marchio, nonché per
concorrenza sleale per sviamento di clientela ed illegittima

valutazione equitativa; insistevano per l’emanazione dei

appropriazione di pregi, e che alle stesse venisse inibito l’utilizzo
del predetto marchio ed in genere del segno “Budweiser”.
Interveniva nel giudizio ii Procuratore Generale, chiedendo che

Kiem.
All’udienza dell’i 1.3.2009 si costituiva la Birra Peroni S.p.A.,
quale incorporante della Birra Peroni Industriale S.p.A.,
dichiarando di fare proprie le domande proposte dalla società
incorporata.
La Corte d’Appello di Milano, in totale riforma della sentenza
impugnata : 1) dichiarava ammissibile l’intervento del Ministero
delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, limitatamente alla
domanda di nullità del marchio n. 589.805 “Budweiser” della
Anheuser-Busch proposta dalla K. Kiem s.r.l. e dalla Italsug Trade
s.r.1.; 2) in accoglimento della domanda proposta dalla K. Kiem
s.r.l. e dalla Italsug Trade s.r.1., dichiarava la nullità del marchio n.
589.805 “Budweiser” registrato dalla Anheuser-Busch, per
decettività ai sensi dell’art. 18, lettera e), 1.m., 3) dichiarava
inammissibile la domanda di nullità della porzione italiana del

venisse accolto l’appello proposto dalla Italsug Trade e dalla K.

marchio internazionale n. 835.837 “Budweiser” registrato dalla
Anheuser-Busch, proposta dalla K. Kiem s.r.1 . e dalla Italsug
Trade s.r.1; 4)

rigettava la domanda di contraffazione del

Incorporation nei confronti della K. Kiem s.r.l. e della Italsug
Trade s.r.1.; 5) rigettava le domande di concorrenza sleale proposte
dalla Anheuser-Busch Incorporation e dalla Birra Peroni
Industriale S.p.A. (ora Birra Peroni S.p.A.) nei confronti della K.
Kiena s.r.l. e della Italsug Trade s.r.1.; 6) rigettava le domande di
contraffazione di marchio e di usurpazione di denominazione di
origine proposte dalla K. Kiem s.r.1 . e dalla Italsug Trade s.r.l. nel
confronti della Anheuser-Busch Incorporation e dalla Birra Peroni
Industriale S.p.A. (ora Birra Peroni S.p.A.); 7) rigettava la
domanda di concorrenza sleale proposta dalla K. Kiem srl. e dalla
Italsug Trade s.r.l. nei confronti della Anheuser-Busch
Incorporation e dalla Birra Peroni Industriale S.p.A. (ora Birra
Peroni S.p.A.); 8) provvedeva sulla spese di giudizio e di CTU.
Avverso la detta sentenza ricorrono per cassazione AnheuserBusch e la Birra Peroni spa sulla base di tredici motivi cui

marchio n. 589.805 “Budweiser” proposta dalla Anheuser-Busch

resistono con separati controricorsi ,da un lato, la K. Kiem srl. e la
Italsug Trade srl e ,dall’altro, il Ministero delle Politiche Agricole e
forestali.

memorie e note di udienza.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso le società ricorrenti lamentano che
la Corte d’appello sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione. I
giudici di merito, infatti, avrebbero esteso il proprio esame – in
violazione dell’art. 342 c.p.c. — anche a parti della sentenza di
prime cure non specificamente impugnate dalle appellanti.
In particolare avrebbe pronunciato relativamente alle statuizioni di
primo grado di rigetto della domanda riconvenzionale di nullità per
decettività del marchio n. 589.805 (“Budweiser”) di AB, in assenza
di specifica impugnazione sul punto poiché, secondo l’assunto
delle ricorrenti, le controparti avrebbero impugnato unicamente il
capo della sentenza di primo grado riguardante il giudicato
formatosi sul preuso del marchio di fatto da parte di AB.

Tutte le parti ,ad eccezione del Ministero, hanno depositato

Il motivo è infondato.
La questione della nullità del marchio n. 589.805 risulta infatti
posta dalle resistenti con l’atto di appello cui questa Corte può

In tale atto si legge a pagina 41 quanto segue: “Nella presente
causa, invece, sono proprio eccezioni di illiceità quelle fatte valere
contro il marchio avversario che, in quanto registrato, è soggetto
ai requisiti (d’ordine pubblico) di liceità (art. 14 c.p.c.), in
particolare il requisito della non ingannevolezza per il pubblico
italiano circa la provenienza geografica e/o qualità del prodotto
contrassegnato: ecco il thema decidendum di questo processo,
ignorato dalla sentenza impugnata, nonostante l’intervento del
Ministero delle Politiche Alimentari a ricordarlo
perentoriamente.”
Inoltre alle pagine 97 e 98 dell’atto di appello si legge quanto
segue :” Ciò posto, la nullità delle registrazioni avversarie del
marchio “Budweiser” deriva innanzi tutto da contrarietà a norme
di ordine pubblico, poste a presidio del consumatore e della
regolarità della concorrenza, che vietano 1’uso come marchio di

avere accesso investendo il motivo un vizio di ordine processuale.

espressioni ingannevoli circa provenienza geografica e qualità dei
prodotti (situazione che, appunto, ha indotto la pubblica
amministrazione ad intervenire nel presente giudizio, con la

del marchio avversario).
E’ noto, infatti, che “le denominazioni di origine sono
indicazioni di origine che, oltre ad indicare una determinata
origine geografica, indicano inoltre particolare qualità che sono
geograficamente determinate. In altre parole, le denominazioni di
origine non solo garantiscono una origine geografica, ma anche
determinate qualità e caratteristiche” (Heath, Il Caso Budweiser,
Riv. Dir. Ind., 2004, II, 89, doc. 111).
Ai sensi dell’art. 14 codice diritto industriale (ex art. 18,
lettera e) r.d. nr. 929/1942), “non possono costituire oggetto di
registrazione come marchio d ‘impresa … i segni idonei ad
ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica,
sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi”.
Va detto che l ‘illiceità di un marchio illegittimamente
evocativo della reputazione di un prodotto, ai sensi dell’art. 14

proposizione di domanda autonoma diretta ad accertare la nullità

codice di diritto industriale, non richiede affatto che l’espressione
descrittiva da tutelare sia oggetto di conoscenza generale presso il
pubblico, quasi che si trattasse di marchio non registrato tutelabile

che si tratti di espressione che possa essere intesa dal pubblico in
funzione evocativa di falsa provenienza geografica”.
Dai brani riportati risulta di tutta evidenza che una censura nei
confronti della sentenza di primo grado in ordine alla non ritenuta
decettività del marchio di AB era stata posta.
Ukccezione di nullità del marchio n. 589.805 era del resto
conseguente e collegata alla questione dell’estensione del
giudicato di cui alla sentenza della Corte d’appello di Milano del
2000 alla presente controversia / ritenuta preclusiva dal giudice di
prime cure dell’esame della eccezione di nullità di cui si discute.
A tale proposito è ben nota la giurisprudenza di questa Corte
che ha costantemente ripetuto che, a norma dell’art. 342 cod. proc.
civ., il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole
questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti
della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente,

solo in forza delle norme sulla concorrenza: invece, è sufficiente

connessi a quelli censurati, derivandone che non viola il principio
del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di appello
che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte

specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali però appaiano
in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte
nei motivi stessi, e come tali comprese nel “thema decidendum” (ex
plurimis Cass 7789/11; Cass sez un 10933/97).
Il secondo motivo , con cui si deduce la nullità della sentenza,
nella parte in cui abbia eventualmente assunto che l’esame della
questione di cui al primo motivo fosse permesso
dall’impugnazione autonoma ed inammissibile del Ministero delle
Politiche Agricole Alimentari e Forestali, va rigettato in diretta
conseguenza del rigetto del primo motivo.
Con il terzo motivo di ricorso si assume che la Corte
d’Appello di Milano non avrebbe fatto buon governo delle norme
sul giudicato esterno, mancando di riconoscere l’effetto
conformativo del giudicato formatosi in altra controversia a
seguito della pronuncia da parte d odesta Suprema Corte di

dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non

Cassazione della sentenza n. 13168/2002.
Contestano le ricorrenti l’affermazione della sentenza
secondo cui il predetto giudicato ,laddove questo aveva accertato

indicazione geografica perché non indicava una origine geografica
e perché non era comunque collegata ad un milieu, non estendeva i
suoi effetti anche alla questione della decettività del marchio
n.589.805 in ragione del fatto che nel caso di specie vi era un
differente petitum ed una diversa causa petendi, avendo il
precedente giudicato rilevato l’insussistenza della indicazione
dell’origine geografica in riferimento alla asserita qualità di
indicazione geografica dei marchi dell’ente pubblico ceco mentre
in questo caso si trattava di accertare la decettività del marchio
della società americana ai sensi dell’art 18 1.f ( ora art 14 cpi) .
Sostengono le ricorrenti che, estendendosi l’effetto
conformativo del giudicato in ragione di quanto da esso accertato e
dei presupposti di tale accertamento ad un successivo giudizio
anche se questo abbia uno scopo ed un petitum diverso dal primo,
nel caso di specie non poteva non riconoscersi siffatto effetto

che la parola Budweiser non poteva considerarsi una valida

conformativo.
Il motivo appare inammissibile prima ancora che infondato.
La sentenza impugnata ha rilevato

“che, rispetto alla

non ha rilevanza la circostanza — accertata dalla sentenza
milanese passata in giudicato – che le caratteristiche della Budvar
non sono indissolubilmente legate al luogo d’origine. Tale
circostanza rileva soltanto ai fini della mancanza di protezione in
Italia delle denominazioni di origine registrate dalla Budéhovick
Budvar ai sensi dell’Arrangement di Lisbona, non per valutare se
il termine <> deve essere ritenuto un nome
geografico ai sensi dell’art. 18 legge marchi. Perché un marchio
costituito da un’indicazione geografica sia ingannevole è infatti
sufficiente che esista un collegamento tra la località indicata e la
qualità dei prodotti contraddistinti dal marchio, in quanto
altrimenti il marchio geografico risulterebbe usato in funzione di
mera fantasia e sarebbe lecito. Nella fattispecie l’esistenza di tale
collegamento è innegabile…”
Tale motivazione appare del tutto corretta.

valutazione di decettività del marchio geografico <>,

E’ appena il caso di rammentare che l’Accordo di Lisbona
prevede caratteristiche particolari che sono diverse da quelle
dell’art 18 1.m, ne consegue che l’accertamento fatto per le IG in

d’appello di Milano non è estensibile alla fattispecie in esame.
t,
(“L’articolo 2 ,comma primo,del citato Accordo preved che ”
si considera denominazione d’origine agli effetti del presente
Accordo la denominazione geografica di un paese, di una regione
o di una località utilizzata per designare un prodotto che ne è
originario e di cui le qualità o i caratteri sono dovuto,
esclusivamente o essenzialmente ,all ‘ambiente geografico
comprendente i fattori naturali e i fattori umani”.
Le condizioni dunque per la protezione delle indicazioni
geografiche sono che vi sia una denominazione geografica di un
luogo e che le caratteristiche e le qualità del prodotto derivino dal
detto ambiente geografico.
Nel caso dell’art 18 1.m (ora art 14 cpi) l’unico elemento che
viene in considerazione è quello di un segno idoneo ad ingannare il
pubblico sulla provenienza geografica del prodotto o dei servizi.

It7

relazione al detto Accordo da parte della sentenza della Corte

Come si dirà nell’esaminare il motivo successivo, la sentenza
della Corte d’appello di Milano n. 2987 del 2000,costituente
giudicato, dopo avere escluso che le caratteristiche della birra ceka

ritenuto che detto nome tedesco non fosse comunque collegabile
alla località geografica ceka, ma su tale punto la sentenza oggi
impugnata ha ritenuto non essersi formato il giudicato per le
ragioni che si esporranno con l’esame del successivo quarto
motivo.
Nel caso di specie dunque ,non essendosi l’accertamento della
sentenza della Corte d’appello di Milano formato su elementi
costitutivi della fattispecie in esame relativa alla decettività del
marchio statunitense Budweiser, nessun giudicato poteva essere
invocato sul punto nella controversia in esame.
Con il quarto motivo le ricorrenti deducono che la sentenza di
appello qui impugnata é affetta da nullità per violazione delle
norme sul giudicato di cui agli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. anche
nella parte in cui afferma che la statuizione resa dalla Corte
d’appello di Milano del 2000, emessa nel primo giudizio milanese,

recante il marchio Budweiser derivassero da tale sito geografico, ha

conclusosi con la pronuncia della sent. n. 13168/2002 di questa
Suprema Corte, “non ha nemmeno acquistato valore di giudicato”
con riferimento alla circostanza che i termini “Budweiser” e “Bud”

descrittivi di un’origine geografica. L’assunto della sentenza
impugnata si basa sul rilievo che sul motivo di ricorso a tal
riguardo proposto dall’allora appellante-soccombente (ossia sul
carattere di indicazione geografica del sostantivo “Budweiser”,
negato invece dalla sent. n. 2987/00 della Corte d’appello di
Milano divenuta cosa giudicata a seguito della sentenza di questa
Corte del 2002, ) “la Corte di cassazione non ha pronunciato …
avendolo ritenuto assorbito dalla accertata esclusione della
“essenziale sussistenza del milieu”.
La decisione è corretta.
La sentenza del 2002 di questa Corte che, nel pronunciarsi sul
motivo di ricorso con cui ci si doleva che la sentenza della Corte
d’appello di Milano n. 2987 del 2000 aveva escluso con
motivazione carente la protezione prevista dall’Accordo di Lisbona
per le indicazioni geografiche ” in considerazione del fatto che la

non rappresentano il nome di una località e, in generale, non sono

denominazione in questione era espressa in lingua tedesca anziché
in lingua ceca” , ha ritenuto che, avendo il giudice del merito
preso in esame la allegata questione della mancanza del milieu ed

questione non dipendevano da fattori naturali o comunque
collegabili all’ambito geografico, ed avendo, quindi, escluso la
proteggibilità della stessa ai sensi dell’Accordo di Lisbona,

“la

predetta esclusione assorb(iva) la questione relativa all’uso della
lingua nella registrazione di cui si tratta essendo comunque
essenziale la sussistenza del milieu”.
La questione della lingua della registrazione è stata dunque ritenuta
assorbita.
A tale proposito questa Corte ha già in diverse occasioni
affermato che la declaratoria di assorbimento di una questione non
dà luogo ad una decisione sul merito, ma di rito e, pertanto, non
può formarsi alcun giudicato sulla questione assorbita.( Cass
11798/11; Cass 10545/08).
Correttamente pertanto la sentenza impugnata si è pronunciata sulla
questione in esame.

í2,

avendola ritenuta fondata 2 poiché le caratteristiche della birra in

Con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano ancora
la violazione delle norme sul giudicato poiché sostengono che
l’avvenuto accertamento con effetto di giudicato della esistenza

della registrazione n. 589.805, avrebbe comportato anche
l’accertamento della validità del predetto marchio non più
suscettibile quindi di nuovo esame.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che il giudicato per
implicazione discendente, regolato dall’art. 2909 cod. civ., in base
al quale l’accertamento contenuto nella sentenza passata in
giudicato fa stato “a ogni effetto” tra le parti, riguarda le questioni
dipendenti da quella pregiudiziale oggetto del giudicato stesso, e
non quelle concernenti effetti ulteriori o diversi che non
contraddicano il medesimo accertamento già compiuto. ( da ultimo
Cass 19503/12).
Nel caso di specie la Corte d’appello ha osservato che la
questione della nullità del marchio delle odierne ricorrenti non era
stato oggetto di esame da parte della sentenza della Corte d’appello

del preuso del marchio di esse ricorrenti ,successivamente oggetto

di Milano n. 2987/2000, passata in cosa giudicata, e che tale
questione non era comunque collegata all’accertamento del preuso
posto che l’accertamento della nullità di un marchio non può

Tale motivazione risulta corretta.
L’accertamento del preuso di un marchio implica, infatti, un
accertamento in punto di fatto circa tale circostanza nonché una
valutazione circa l’esistenza del carattere distintivo e del possesso
dei requisiti di novità ed originalità ( Cass 756/79, Cass 4071/81,
Cass 5462/82) ma non anche l’accertamento della inesistenza di
situazioni di nullità dello stesso non rilevabili d’ufficio ma su
eccezione di parte (Cass 3109/83 ; Cass 6259/82).
Va precisato che è certamente possibile che nel giudizio volto
all’accertamento del preuso di un marchio venga effettuato anche
l’accertamento della sua liceità ( v. Cass 2024/82;Cass 3371/80),
purchè però venga dalla controparte sollevata l’eccezione di
nullità.
Nel caso di specie, la sentenza della Corte d’appello di
Milano n. 2987 del 2000, il cui giudicato si invoca in questa sede,

avvenire d’ufficio ma solo ad istanza di parte.

nel decidere circa l’esistenza del preuso del marchio Budweiser da
parte delle ricorrenti, non ha in alcun modo preso in esame la
questione della validità o meno di tale marchio proprio perché

controparti.
Poiché dunque il giudicato non si forma anche sugli aspetti
del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento
effettivo, specifico e concreto , ogni profilo estraneo alla materia
del contendere del primo giudizio, come quello della nullità del
marchio rispetto a quello del suo preuso , resta escluso dagli effetti
conformativi del giudicato.( vedi Cass 21266/07).
A maggior conferma di quanto affermato basta rammentare
che questa Corte ,sia pure con una risalente decisione, ha ritenuto
che persino l’azione di nullità del brevetto per marchio d’impresa,
in relazione alla precedente concessione di altro brevetto per il
medesimo marchio, è autonoma e distinta, per diversità di
presupposti, da quella di nullità in relazione al difetto dei requisiti
di novità del marchio (in conseguenza di preuso) per cui , nella
controversia promossa per far valere esclusivamente l’una di dette

nessuna eccezione risulta essere stata sollevata sul punto dalle

nullità resta estranea ogni indagine attinente all’eventuale
ricorrenza dell’altra. ( Cass 4780/81).
Ciò sta a significare che ,se le stesse azioni di nullità restano

ragione deve ritenersi che il profilo del preuso di un marchio e
quello della invalidità della sua successiva registrazione diano
luogo ad accertamenti del tutto autonomi e distinti con la
conseguenza che il giudicato formatosi sul primo non estenda i
propri effetti sul secondo accertamento.
Venendo all’esame del sesto articolato motivo di ricorso , nel
prologo che precede le singole numerate censure le ricorrenti
sostengono che la Corte d’appello avrebbe errato nel negare che
non si fosse formato il giudicato sul fatto che il termine Budweis
non costituisce una provenienza geografica.
Tale censura riprende quella già trattata in occasione del
quarto motivo che è risultata infondata.
Le ricorrenti sostengono con la prima doglianza ( 6.1) che
risulta provato in giudizio con decine di documenti che la parola
Budweiser non può essere considerata una denominazione

9

distinte tra di loro dando luogo a distinti accertamenti , a maggior

espressiva di una provenienza geografica o, quanto meno, non può
essere considerata tale in Italia né oggi, né al momento della
registrazione dei marchi e delle denominazioni d’origine della

ancora all’epoca (anni Trenta del secolo scorso) cui risale il preuso
in Italia di Anheuser-Busch della parola in questione, né infine al
momento del deposito del marchio n. 589.805 di Anheuser-Busch
dichiarato nullo dalla sentenza impugnata e ciò perché il luogo
geografico ove viene prodotta la birra boema non è Budweis ma
Ceske Budejovice e che tale nome ha sostituito quello tedesco di
Budweis fin dal 1919.
Sostengono, poi, che il fatto che il termine Budweis o
Budwaiser non rappresentano il nome di una località geografica
sarebbe stato accertato già con efficacia di giudicato dalla più volte
citata sentenza della Corte d’appello di Milano del 2000 e che
comunque detto nome non sarebbe stato conosciuto in Italia come
espressivo di una provenienza geografica.
Con la seconda doglianza (6.2) le ricorrenti deducono la
violazione dell’art.115, comma 1, c.p.c. e dell’art. 116, comma 1,

Budejovicky Budvar dichiarate nulle nel precedente giudizio, né

c.p.c. per il riferimento contenuto nella sentenza ad un articolo
scritto da un professionista che si assume legato a una delle parti
in causa .Tale doglianza era peraltro già stata trattata diffusamente

Con la terza doglianza (6.3),che riprende argomenti già esposti con
la prima ( 6.1), si assume essere la sentenza viziata nella
motivazione anche sulla complessiva valutazione sulla valenza
geografica della parola Budweiser e sul suo carattere ingannevole.
Secondo le ricorrenti questa valutazione avrebbe presupposto che
si fosse accertato che il marchio aveva una valenza geografica al
momento dell’acquisto dei diritti sul marchio medesimo, e che in
più aveva questa valenza nel territorio italiano, per il quale era
chiesta la protezione; circostanza che a loro dire non sussisterebbe
nel caso di specie.
Le doglianze possono essere esaminate congiuntamente essendo tra
loro connesse.
Le stesse sono in parte infondate ed in parte inammissibili.
Per quanto concerne il giudicato che si sarebbe formato sulla
circostanza che Budweis non è un nome geografico ,tale doglianza

4

al precedente 6.1

è già stata proposta al quarto motivo e valgono per essa le stesse
considerazioni di rigetto svolte in occasione dell’esame di quel
motivo, e ,t,cioè.t che la questione della traduzione del nome

del 2002 e dunque su di essa non si è formato alcun giudicato .Va a
tale proposito ripetuto che la sentenza della Corte d’appello di
Milano del 2000 ha esaminato la denominazione geografica dal
punto di vista delle indicazioni geografiche ai sensi del Trattato di
Lisbona e non già della provenienza geografica di cui all’art 18
1.m.,questione che investe, invece, la fattispecie in esame e che si
distingue rispetto alla prima e che non è stata dunque oggetto di
esame da parte della predetta sentenza.
Quanto alla seconda doglianza, secondo cui la sentenza avrebbe
ripreso un articolo scritto da un professionista che si assume
legato a una delle parti in causa, la stessa è inammissibile perché
non deduce come tale richiamo, limitato peraltro a tre righe ,
avrebbe influito sulla decisione e costituito una rilevante ratio
decidendi . Sotto altro profilo , l’articolo in questione risulta
pubblicato su una rivista giuridica italiana onde ben potevano i

geografico è stata ritenuta assorbita dalla sentenza di questa Corte

giudici della Corte d’appello nello

studiare la controversia

esaminare gli scritti dottrinari e ,se del caso, utilizzare argomenti
ritenuti corretti ed adeguati.

argomenti già in precedenza esposti.
In particolare, essa costituisce una censura alla motivazione fornita
dalla Corte d’appello di ritenere che il nome Budweis sia un nome
geografico in riferimento agli argomenti svolti nella decisione.
Le ricorrenti sostengono che : a) “la “testimonianza” del
Presidente della Anheuser-Busch risale alla fine dell’Ottocento,
quando Budweis era ancora impiegato come nome della città che
all’epoca faceva parte dell’impero asburgico, e non si riferisce
comunque al territorio italiano;b) la transazione” del 1939 non
contiene affatto la frase sulla valenza geografica di Budweiser
attribuitale dalla Corte del merito e, comunque, riguarda solo
territori extraeuropei (questi aspetti sono trattati anche nel VII
mezzo di ricorso); c) la frase tratta dallo scritto dell’avv. Heath
non ha valore di prova e in ogni caso riguarda solo la situazione
nel territorio della ex Cecoslovacchia; d) il fatto che in risalente

Per quanto concerne la terza doglianza, anche questa riprende

epoca storica la città venisse anche chiamata Budweis nulla dice
circa l ‘asserita valenza geografica di questa parola negli anni
trenta in Italia o successivamente.”

conto sia di tutte le risultanze già emerse in precedenti giudizi i cui
giudici erano giunti a valutazioni diverse sia del fatto che la
decettività va valutata al momento dell’acquisto dei diritti e con
riferimento al territorio in cui si chiede la protezione.
Osserva in primo luogo la Corte che è privo di rilevanza il
riferimento a precedenti sentenze estranee al presente giudizio ,che,
in relazione alla questione trattata, non costituiscono — come detto cosa giudicata.
In secondo luogo le ricorrenti sembrano sostenere in alcuni
passaggi del ricorso che il nome Budweis non sia espressivo di una
provenienza geografica.
Tale assunto sarebbe comunque smentito dalle stesse ricorrenti
laddove ( pg 57 e 58 del ricorso) riconoscono che durante l’impero
asburgico la popolazione di lingua tedesca aveva usato il nome
Budweis per designare la città di Ceske Budejovice e che i due

Sostengono le ricorrenti che detta motivazione non avrebbe tenuto

nomi convissero per tutto il periodo di durata dell’impero.
Risulta quindi non controverso che comunque in passato il nome
Budweiser fosse attribuito alla città boema di cui si discute.

d’appello per ritenere che il nome Budweiser sia un nome
geografico, l’elemento fondamentale su cui basa la decisione è la
considerazione che anche nomi geografici usati in passato e non
più attuali

possono continuare a costituire

indicazioni di

provenienza geografica quando la loro notorietà perdura ancorchè
gli stessi non siano più ufficialmente usati. A tal fine la sentenza
impugnata riporta a titolo di esempio i nomi in italiano di alcune
città dell’Istria e della Dalmazia ormai sostituiti dai nomi in lingua
slava e che tuttavia continuano ad essere noti ed usati dalla
popolazione italiana.
Tale argomentazione decisiva — che appare peraltro del tutto
condivisibile – non costituisce oggetto di specifica censura ,onde il
motivo sotto tale profilo appare inammissibile.
Quanto poi alla conoscenza da parte del consumatore italiano del
fatto che il nome Budweiser indichi una provenienza geografica, la

Ciò posto, al di là delle varie argomentazioni poste dalla Corte

sentenza impugnata contiene una serie di richiami ad articoli e
riviste in gran parte degli anni novanta ,e quindi in epoca del tutto
prossima alla data di registrazione del marchio 589.805, ove viene

indicare la città di provenienza della birra boema.
Tale motivazione non è oggetto di censura da parte del motivo in
esame ( lo è da parte del motivo VIII.2 come sarà esaminato in
seguito ) onde anche sotto tale profilo questo deve essere dichiarato
inammissibile.
Con il settimo motivo le ricorrenti sostengono che la
sentenza della Corte territoriale, là dove ha posto la “transazione”
del 1939 alla base della declaratoria di nullità del marchio
Budweiser di Anheuser-Busch, sarebbe incorsa anche in una
(ulteriore) violazione del giudicato.
Questa stessa “transazione”, era infatti già stata sottoposta,
insieme a una precedente scrittura del 1911, all’esame della Corte
d’Appello di Milano nel primo giudizio tra Anheuser-Busch e
Budejovicky Budvar e la Corte aveva allora negato ad essa ogni
rilievo accertando che i “due accordi risalenti al 1911 al 1939 …

dato atto che il termine Budweiser era noto in tutto il mondo per

riguardano la regolamentazione dell’utilizzazione del marchi
Budweiser’ e Bud’ con riguardo al solo continente americano, e
precipuamente al Nordamerica; nulla dispongono per l’Europa e,

europei”.
Tale motivo, che si riallaccia al precedente, è inammissibile
per le medesime ragioni.
Il riferimento alla transazione del 1939 non riveste, infatti
carattere decisivo ai fini della individuazione del carattere
geografico o meno del nome Budweiser.
A ciò va aggiunto che ,nel caso di specie, non rileva se la
transazione si riferiva al solo continente americano e non anche
all’Europa, e sotto tale profilo non si riscontra alcuna violazione di
giudicato, l’unico aspetto rilevante essendo se la detta transazione
conteneva o meno il riconoscimento che la parola Budweis
indicasse la provenienza geografica delle birre boeme.
La Corte d’appello ha accertato che tale riconoscimento era
incluso nel testo della transazione. Le ricorrenti contestano la
veridicità di tale affermazione, ma non riproducono, in violazione

in particolare, nessuna restrizione è contemplata per i Paesi

del principio di autosufficienza del ricorso il testo della transazione
da cui poter desumere l’erroneità della affermazione della sentenza.
Anche sotto tale profilo dunque il motivo è inammissibile.

denunciano errori di diritto e i vizi di motivazione nei quali la
Corte d’Appello sarebbe incorsa in relazione al presupposto della
declaratoria di nullità per decettività originaria del marchio
costituito dalla sussistenza del milieu.
Sostengono che perché un marchio possa essere dichiarato
nullo per ingannevolezza sull’origine geografica non basta che il
segno che ne forma oggetto sia espressivo di questa origine , ma
occorre in più che l’origine sia, nella percezione del consumatore,
collegata a specifiche caratteristiche del prodotto dovute all’origine
stessa (c.d. milieu geographique) e che, conseguentemente, il
pubblico possa cadere in errore circa la presenza di queste
caratteristiche.
Sotto tale profilo assumono ( VIII.1) che la sentenza impugnata
ammette l’esistenza di un “giudicato riguardante la mancanza di
milieu” ossia di un giudicato sul fatto che “le caratteristiche della

Con l’ottavo articolato motivo di ricorso le ricorrenti

birra prodotta dalla Budejovicky Budvar non sono
indissolubilmente legate al luogo d’origine; cosi come ammette che
un giudicato opponibile alle controparti si sia conseguentemente

avversarie registrate in base all’accordo di Lisbona, essendo il
milieu pacificamente necessario per la proteggibilità di queste
denominazioni. Subito dopo, peraltro, la sentenza afferma che la
circostanza della mancanza di milieu rileva solo “ai fini della
mancanza di protezione in Italia delle denominazioni di origine
registrate dalla Budejovicky Budvar” e non ai fini della valutazione
circa la decettività del marchio “Budweiser di Anheuser-Busch.
Nel capoverso successivo , tuttavia, la sentenza — secondo le
società ricorrenti – si contraddirebbe asserendo che, affinché un
marchio costituito da un’indicazione geografica sia ingannevole,
occorre che “esista un collegamento tra la località indicata e la
qualità dei prodotti contraddistinti dal marchio, in quanto
altrimenti il marchio geografico risulterebbe usato in funzione di
mera fantasia e sarebbe lecito”. Occorrerebbe dunque, secondo la
sentenza qui impugnata, l’esistenza di un milieu, dato che esso è

formato in relazione alla invalidità delle denominazioni d’origine

appunto il collegamento tra la qualità dei prodotti e la loro origine
geografica. Ciò posto, pur avendo riconosciuto che vi è un
giudicato sull’inesistenza del milieu, la sentenza – a dire delle

proceduto a valutare la sussistenza del milieu concludendo che lo
stesso esisteva.
Il motivo è infondato.
La motivazione della sentenza impugnata risulta
sostanzialmente corretta ancorchè presenti margini di ambiguità e
necessiti quindi di alcuni chiarimenti ai sensi dell’art 384 cpc.
La Corte d’appello ha rilevato che il giudicato formatosi
con la sentenza della Corte d’appello di Milano del 2000 circa la
mancanza di un milieu e, cioè, di caratteristiche della birra boema
strettamente legate al luogo di produzione, fosse strettamente
riferibile alla fattispecie riguardante le indicazioni geografiche e
non si estendeva al caso di specie ove si discute di decettività del
marchio.
Tale assunto è del tutto corretto.
L’art 29 del c.p.i

stabilisce che sono indicazioni

ricorrenti – in contrasto con il giudicato da essa stessa ammesso, ha

geografiche le denominazioni d’origine che designano un paese,
una regione,una località quando siano adottate per designare un
prodotto che ne è originario e.. “le cui qualità reputazione o

all’ambiente geografico d’origine comprensivo dei fattori naturali
e umani e di tradizione. “.
Tale definizione ricalca pressochè alla lettera quella già
citata di cui all’art. 2 dell’Accordo di Lisbona ed è sostanzialmente
simile a quella del regolamento comunitario n. 510 del 2006
relativo alle indicazione geografiche in materia di prodotti agricoli
ed alimentari.
E’ evidente che i requisiti richiesti dalla normativa in esame
per le indicazioni geografiche ,stante la tutela rafforzata assicurata
dall’Accordo di Lisbona ,rivestono un carattere molto più
stringente di quelli che possono essere richiesti per determinare la
decettività di un marchio dall’art 18 1.m. ( ora 14 c.p.i) che
costituisce invece una norma di carattere generale al fine di
impedire l’induzione in errore dei consumatori in ordine alla
provenienza di un prodotto.

caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente

In relazione a tale ultimo aspetto la giurisprudenza di questa Corte
ha in ripetute occasioni affermato che i nomi geografici ben
possono essere usati come marchio di un prodotto, quando, non

ne’ essendo, comunque, un prodotto tipico di essa, assume rilievo
determinante l’idea originale dell’imprenditore di presentare il
prodotto e la località associati all’attenzione del pubblico. Tale
associazione, infatti, non essendo ispirata dalla provenienza del
prodotto, ma frutto di fantasia non può che appartenere al
patrimonio ideale di chi per primo la compie. ( Cass 8292/94;Cass
9882/93;Cass 5462/82 Cass 16022/00).
L’utilizzo lecito come marchio di un prodotto di un nome
geografico che non costituisce indicazione geografica ricorre
dunque quando non esiste alcun collegamento tra il prodotto e la
località geografica e i prodotti tipici di questa.
Nel caso di specie la tipicità del prodotto non deve avere gli
stringenti requisiti di collegamento con il territorio previsti per le
indicazioni geografiche, essendo comunque sufficiente che risulti
che in una certa località esista un certo prodotto conosciuto come

il

provenendo quest’ultimo dalla località evocata con il predetto nome

da essa proveniente per far sì che il nome di quella località non
possa essere utilizzato come marchio per lo stesso tipo di prodotto.
Nel caso di specie, l’accertamento effettuato dalla Corte d’appello

l’esistenza del collegamento tra la birra e la città boema risultava
innegabile vista la celebrità della birra di Budweis.
Sempre con il motivo in esame le ricorrenti deducono che , nell’
accertare il milieu, la sentenza sarebbe comunque incorsa in
violazioni di diritto e in ulteriori vizi di motivazione
Al riguardo, contestano l’affermazione della Corte d’appello
secondo cui vi sarebbe una “attuale conoscenza da parte dei
consumatori italiani del nome Budweis per identificare le città
boema di Ceske Budejovice” e che questa conoscenza “è collegata
alla fama della birra prodotta in detta località”.
Come si è già fatto cenno in occasione dell’esame del sesto
motivo di ricorso, la Corte d’appello ha ritenuto sussistere la
conoscenza da parte del consumatore italiano della provenienza
dalla città boema della birra Budweiser da una pagina scaricata dal

riguarda proprio siffatta circostanza laddove ha rilevato che

sito Internet Wikipedia sulla storia di Ceske Budejovice nonché da
cinque estratti da pubblicazioni sulla birra, tutte edite negli anni tra
il 1995 e il 1999, in cui si parla anche della birra della

La Corte d’appello ha fornito adeguata motivazione sul
punto sulla base di una pluralità documenti attendibili.
Le censure che le ricorrenti muovono a siffatta motivazione
tendono in realtà a prospettare inammissibilmente una diversa
interpretazione riproponendo censure in precedenza svolte
riguardanti : la diversa valutazione fornita da altri giudici; il
milieu; la provenienza della birra da Ceske Budejovice e il
collegamento delle sue caratteristiche alla detta città ; l’epoca di
riferimento della conoscenza da parte dei consumatori italiani della
provenienza della birra dalla città boema.
A tale proposito ,fermo restando quanto già in precedenza
detto, basta ripetere che la documentazione posta a base della
decisione della Corte d’appello si riferisce a metà anni novanta ed è
pertanto prossima al 1993 data di registrazione del marchio da
parte di AB, che costituisce la data cui far riferimento ai fini di

Budejovicky Budvar, chiamandola “Budweiser’..

valutare la decettività del marchio, e quindi la valutazione della
conoscenza appare correttamente riferita a tale periodo.
Sempre con il motivo in esame le ricorrenti contestano la

delle prove per dimostrare che i consumatori italiani sapevano che
il marchio n. 589.805 `Budweiser’ contraddistingueva un tipico
prodotto americano, ma si erano limitate a sostenere che tale
circostanza era stata ampiamente provata nella prima causa
milanese, con effetto di giudicato.
Sostengono che l’onere della prova della nullità del marchio
era a carico delle resistenti e che la Corte d’appello avrebbe
affermato un erronea inversione dell’onere della prova.
La doglianza è infondata.
La Corte d’appello ha accertato la sussistenza degli
elementi della decettività in relazione al fatto che i consumatori
italiani riferivano il nome geografico Budwaiser alla birra boema
per cui ha correttamente ritenuto che sulla base di ciò era onere
delle odierne ricorrenti fornire la prova contraria della conoscenza
da parte dei consumatori del nome in questione come indicante un

sentenza laddove questa ha rilevato che esse non avevano offerto

prodotto americano.
Con ulteriore censura le ricorrenti sostengono che la Corte
d’appello avrebbe erroneamente valutato le argomentazioni e gli

da quella della Corte d’appello del 2000 passata in cosa giudicata,
in ordine alla notorietà acquistata dal marchio delle ricorrenti fin
dagli anni trenta ed alla loro conoscenza da parte dei consumatori
italiani.
Sul punto la Corte d’appello ha preso in esame le predette
argomentazioni ,che riferivano di una notorietà acquista fin dagli
anni trenta in virtù di intense campagne pubblicitarie a livello
mondiale, ma ha ritenuto che tali argomenti si riferivano
all’accertamento della mancanza di novità dei marchi registrati
dall’ente pubblico ceko e nulla dimostravano ,invece, circa il fatto
che in virtù della detta notorietà e del preuso i consumatori italiani
fossero consapevoli del fatto che la birra prodotta dalle ricorrenti
era una birra statunitense e non boema.
Trattasi di una motivazione del tutto logica, in ragione di quanto in
precedenza ritenuto dalla Corte d’appello poiché, proprio a causa

accertamenti probatori effettuati da altre sentenze ed in particolare

della accertata decettività del marchio Budweiser delle ricorrenti,
era presumibile supporre che il consumatore italiano fosse stato
tratto in errore ritenendo trattarsi di una birra boema.

ancora una volta ad investire inammissibilmente il merito della
valutazione.
Collegata alla censura in esame è quella secondo cui la sentenza
sarebbe incorsa in errore là dove ha ritenuto che, per sottrarsi alla
declaratoria di nullità, il marchio Budweiser di Anheuser-Busch
avrebbe dovuto assumere ‘un significato diverso da quello,
descrittivo della provenienza geografica della birra della località di
`Budweis’, che aveva in origine.
Anche tale doglianza è infondata e per certi versi inammissibile,
ripetendo essa l’argomentazione già in precedenza infondatamente
spesa secondo cui il marchio Budweiser non era descrittivo di una
località geografica già luogo di produzione di una diversa birra
nonché ponendo come data di riferimento quella degli anni trenta e
non già quella degli anni novanta.
Con il nono motivo di ricorso le ricorrenti deducono che la

A fronte di tale motivazione le censure delle ricorrenti tendono

sentenza sarebbe affetta da vizi motivazionali sui fatti decisivi e
controversi dell’esistenza del milieu, del collegamento tra le
caratteristiche della birra ceca della Budejovicky Budvar e la zona

Budweiser di Anheuser-Busch nonché sulla valutazione delle
risultanze di precedenti sentenze e della conoscenza da parte dei
consumatori italiani dell’origine americana della birra in questione.
Tale motivo ripete censure già espresse con i precedenti motivi in
precedenza esaminati e lo stesso risulta infondato ovvero
inammissibile per le ragioni già espresse.
Con il decimo articolato motivo di ricorso le ricorrenti sostengono
che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto che con il
Trattato di Atene del 2004 sia stato legittimato l’uso di
“Budweiser” da parte di Budejovicky Budvar basandosi sull’
originario equivoco secondo cui la città di Ceske Budejovice
sarebbe tuttora nota come Budweis.
Notano a tale proposito che il Trattato di Atene, come già si
è rilevato, non riguarda affatto la parola Budweiser bensì tre
espressioni in lingua ceca completamente diverse. Deducono poi

di origine, e della ingannevolezza al riguardo del marchio

che la sentenza non abbia minimamente tenuto conto delle
precedenti decisioni di numerosi giudici e della definitiva posizione
cui si e giunti in sede internazionale e comunitaria – che

sentenza impugnata che sarebbe poi in contrasto con il Trattato di
Atene anche per non aver tenuto conto della disposizione finale
secondo cui il riconoscimento delle tre espressioni ceche come
indicazioni geografiche protette ‘lascia impregiudicati qualsiasi
marchio di fabbrica o altri diritti relativi alla birra esistenti
nell’Unione europea alla data di adesione.
Il motivo non può trovare ingresso in questa sede di
legittimità .in quanto non investe comunque una ratio decidendi
della sentenza di per sé in grado di sostenere la decisione
impugnata .Invero, l’argomentazione sul punto della Corte
d’appello costituisce un fuor d’opera del tutto superfluo dal
momento che l’oggetto della controversia non riguarda in alcun
modo indicazioni geografiche o la loro violazione ma
esclusivamente la natura decettiva del marchio Budweiser delle
società ricorrenti in relazione all’art 18 1.m (ora art 14 cpi), senza

chiaramente smentiscono le conclusioni cui è pervenuta la

che rilevi la protezione a livello delle indicazioni geografiche
europee attribuite dal Trattato di Atene a tre località ceke e le
conseguenze che da detto Trattato discendono.

argomentazione in esame esclude la necessità di un rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art 234 del
trattato Ce, per l’interpretazione della norma del Trattato di Atene
cui la sentenza si riferisce ,come richiesto anche dal PG in sede di
discussione.
Con l’undicesimo motivo di ricorso le ricorrenti contestano
la sentenza qui impugnata, laddove ha rigettato le domande di
contraffazione di marchio e di concorrenza sleale da esse proposte,
affermando che il rigetto è necessaria conseguenza della
declaratoria di nullità del marchio Budweiser n. 589.805 poiché la
validità del marchio é presupposto necessario per l’accoglimento di
queste domande.
Il motivo è palesemente infondato poiché ,accertata la nullità
da parte della Corte d’appello del marchio AB, è chiaro che su di
esso non è possibile fondare alcuna azione di contraffazione né

Il carattere aggiuntivo ,e quindi non decisivo, della

richiesta di risarcimento danni .
Con il dodicesimo motivo le ricorrenti contestano la riconosciuta
legittimazione del Ministero delle Politiche Agricole Ambientali e

tale legittimazione venga circoscritta dal Giudice d’appello alla
sola domanda di nullità per decettività del marchio di AB n.
589.805 “Budweiser”, svolta dalle convenute Italsug Trade e K.
Kiem in via riconvenzionale contestando che nel caso di specie
ricorrano le condizioni di un intervento ad adiuvandum.
Il motivo è fondato.
L.’art. 105 c.p.c. dispone al secondo comma, che per spiegare un
intervento adesivo in giudizio occorre avervi interesse. A tale
proposito questa Corte ha ripetutamente affermato che l’interesse
richiesto per la legittimazione dell’intervento adesivo dipendente,
tendente a far valere le ragioni della parte adiuvata, non può
consistere in una utilità di puro fatto , ma deve concretarsi in un
interesse giuridicamente rilevante e qualificato, determinato cioè
dalla sussistenza di un rapporto giuridico sostanziale fra adiuvante
e adiuvato e dalla necessità d’impedire che nella propria sfera

Forestali all’intervento adesivo ex art. 105, co. 2, c.p.c. ancorchè

giuridica possano ripercuotersi conseguenze dannose derivanti da
effetti riflessi o indiretti del giudicato (Cass. nn. 18541/03,
1106/1995, 12758/1993, 5736/1993, 11404/1992, 7769/1990).

giuridico sostanziale sussiste tra il Ministero delle politiche
agricole e le società resistenti con la conseguenza che gli eventuali
effetti negativi del giudicato per queste ultime non potrebbero
comunque riverberarsi nei confronti dell’Amministrazione.
Il prospettato interesse generale a proteggere i consumatori contro
l’uso ingannevole di una indicazione geografica nei marchi non
può infatti considerarsi un interesse giuridicamente rilevante e
qualificato nell’ambito di una controversia privatistica tra società
ove si controverte in tema di contraffazione e di nullità di una
privativa di marchio in quanto nessun effetto concreto, positivo o
negativo che sia, risulta prodursi in capo alla Amministrazione
pubblica in quanto soggetto.
Occon-e infatti considerare che gli interessi pubblici in materia di
proprietà industriale , la cui tutela viene conferita dall’ordinamento
alla Pubblica amministrazione,

vengono di regola perseguiti

Nel caso di specie è agevole osservare che nessun rapporto

tramite l’esercizio di poteri amministrativi comportanti
l’emanazione di atti che ,se danno luogo , come nel caso di specie,
al rilascio di una privativa di marchio ,comportano l’attribuzione di

Una volta che questi ultimi risultano conferiti, ogni controversia
che li concerne riguarda esclusivamente aspetti privatistici cui la
Pubblica amministrazione risulta di regola estranea essendo
indifferente rispetto alla loro sorte.
In tal senso il richiamo all’art 170 comma 2 cpi non appare
rilevante.
La mera partecipazione ad un procedimento amministrativo per il
rilascio di un marchio di competenza di altra Amministrazione
pubblica ( Ministero dello Sviluppo economico —Ufficio marchi e
brevetti) tramite l’espressione di un parere neppure vincolante,
comporta l’acquisizione in quel procedimento di un interesse
pubblico ,definito secondario, di cui l’Amministrazione procedente
deve tenere conto al fine di una adeguata valutazione degli interessi
pubblici coinvolti nel procedimento amministrativo ma tale
circostanza non può di per sé ritenersi idonea a conferire una

diritti soggettivi.

legittimazione processuale in ragione della quale il Ministero delle
politiche agricole possa intervenire in ogni giudizio civile tra
privati ove si controverta sulla nullità di un marchio recante una

Tra l’altro, qualora, come nel caso di specie, si sostenesse la nullità
di un marchio, si verrebbe di fatto a contestare la validità di un atto
amministrativo di rilascio della privativa emanato da altro
Ministero avente competenza primaria in materia, determinandosi
così un conflitto ,sia pure indiretto, tra pubbliche amministrazioni.
Sotto un diverso profilo va osservato che il potere amministrativo
del Ministero delle politiche agricole e forestali si è esaurito con il
rilascio del parere nel predetto procedimento amministrativo e il
generico potere di tutela dei consumatori circa una corretta
provenienza dei prodotti resta comunque esercitabile nei limiti
attribuiti dalla legge ma non può estendersi, in assenza di una
espressa disposizione legislativa, fino a consentire l’intervento in
un giudizio tra privati a sostegno delle ragioni di una o dell’altra
parte se non sussista un interesse concreto derivante dalla
possibilità di un vantaggio o di un pregiudizio concreto a carico

denominazione geografica.

dell ‘Amministrazione.
Non corretto appare ,infine, il richiamo fatto dalla sentenza alla
legittimazione processuale riconosciuta dall’art 122 cpc alle

Queste infatti rappresentano interessi privati di categorie ed hanno
acquistato legittimazione processuale ad agire per la tutela delle
predette categorie solo a seguito di apposita disposizione normativa
( legge n. 281/98) mentre prima della introduzione della
emanazione della citata legge tale legittimazione era stata esclusa
dalla giurisprudenza ( v. Cass 1111/03).
Ben diversa è ovviamente la posizione di una pubblica
amministrazione che rappresenta interessi pubblici generali e che
non ha di regola legittimazione, in assenza di apposita norma, a
rappresentare processualmente interessi di categorie o di singoli.
Il motivo va in conclusione accolto
Il tredicesimo motivo, con cui le ricorrenti

contestano la

legittimazione ad agire in nullità per decettività del Ministero in
ragione del disposto dell’art. 170, Co. 2, c.p.i., dal quale secondo
la sentenza emergerebbe il compito istituzionale del Ministero di

associazioni di consumatori.

”tutela dei consumatori nazionali contro l’uso ingannevole di
un’indicazione geografica come marchio di un tipo di birra”, resta
assorbito dall’accoglimento del dodicesimo motivo.

accolto il dodicesimo, assorbito il tredicesimo .La sentenza
impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, sussistendo
le condizioni di cui all’art 384 cpc, la causa può essere decisa nel
merito con la dichiarazione d’inammissibilità dell’intervento in
giudizio del Ministero delle politiche agricole.
In ragione della complessità e della novità delle questioni oggetto
del presente giudizio si compensano le spese dell’intero giudizio
tra il Ministero delle politiche agricole e le società ricorrenti
mentre tra queste ultime e le società resistenti si compensano le
spese del presente giudizio.
PQM
Respinge i primi undici motivi del ricorso, accoglie il dodicesimo,
assorbito il tredicesimo ;cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile
l’intervento in giudizio del Ministero delle politiche agricole;

In conclusione vanno respinti i primi undici motivi del ricorso,va

compensa le spese dell’intero giudizio tra il Ministero delle
politiche agricole ed le società ricorrenti ; compensa tra queste
ultime e le società resistenti le spese del presente giudizio.

r”

Roma 20.6.13

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