Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21472 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 15/09/2017, (ud. 31/05/2017, dep.15/09/2017),  n. 21472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9246/2014 R.G. proposto da:

Strano Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Nunzio Santi Giuseppe Di Paola, del

Foro di Catania, giusta mandato steso in calce al ricorso, ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio, al corso Italia n.

171 in Catania;

– ricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena Spa, in persona del legale

rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Gaetano

Tafuri, che la rappresenta e la difende insieme all’Avv. Gaetano

Tafuri jr, elettivamente domiciliata presso lo studio di

quest’ultimo, alla via Umberto n. 296 in Catania;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 267 della Corte d’Appello di Catania,

depositata il 6 febbraio 2013;

Sentita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 31 maggio

2017, dal Consigliere Paolo Di Marzio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Spa Strano, quale avente causa da S.N., citava innanzi al Tribunale di Catania la Banca Monte dei Paschi di Siena, per vederla condannare alla restituzione di somme indebitamente percepite nel corso di rapporto di conto corrente bancario, in subordine a titolo di arricchimento senza causa. Espletata c.t.u. il Tribunale, accertata la nullità delle clausole contrattuali prevedenti l’applicazione di interessi ultralegali, di commissione di massimo scoperto, della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, condannava la Banca a corrispondere alla società istante la somma di Euro 292.303,96. L’Istituto di credito impugnava la decisione innanzi alla Corte d’Appello di Catania, proponendo plurime contestazioni. La Corte territoriale confermava le valutazioni del giudice di primo grado in materia di nullità di clausole contrattuali, ma riformava la decisione e rigettava la domanda della Strano Spa. Osservava la Corte di merito che, acclarata la nullità delle clausole contrattuali, sarebbe stato poi necessario rideterminare il saldo del rapporto di conto corrente. Per procedere a tanto, però, occorreva disporre degli estratti conto relativi alla movimentazione del rapporto, che però non erano stati prodotti tempestivamente dalla società, che li aveva forniti solo in occasione delle operazioni peritali. Il giudice di prime cure, invero, non aveva accolto l’istanza di esibizione delle scritture contabili della Banca proposta nell’atto introduttivo dalla Strano Spa, ma la scelta dipendeva dalla disponibilità delle stesse per la società, che avrebbe dovuto richiederle ai sensi dell’art. 119 TU ed avrebbe quindi potuto produrle. Neppure poteva ritenersi che la parte potesse provvedere alla produzione tardiva ai sensi dell’art. 198 c.p.c., perchè la norma regola la possibilità di produrre utilmente documenti accessori, e non le prove documentali attinenti fatti e situazioni direttamente posti a fondamento della domanda. Neanche poteva ritenersi ammissibile la produzione dei documenti omessi in grado di appello perchè, nel testo applicabile ratione temporis, la legge ne consentiva la produzione quando la stessa apparisse indispensabile, ma a condizione che la tardiva produzione non dipendesse dalla negligenza della parte. L’azionata pretesa restitutoria era perciò rimasta indeterminata nell’ammontare, ed a ciò doveva conseguire il rigetto della domanda.

La Spa Strano propone il proprio ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello di Catania, affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per violazione dell’art. 115 c.p.c., la ricorrente critica, per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, le determinazioni della Corte di Appello per non aver tenuto conto che la controparte non aveva mai contestato i fatti posti a fondamento della domanda. Anche a seguito dell’espletata consulenza, la Banca Monte dei Paschi aveva proposto censure in ordine al criterio di calcolo utilizzato, ma non aveva mai criticato l’applicazione al contratto di conto corrente di interessi ultralegali non pattuiti nelle forme di legge, nonchè l’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi.

1.2. – Con il secondo motivo di ricorso, proposto per violazione ed errata interpretazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed in conseguenza dell’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente contesta la decisione della Corte territoriale per avere ritenuto ammissibile la contestazione di controparte in merito alla tardiva produzione dei documenti atti a provare l’ammontare del credito vantato, sebbene introdotta soltanto con l’atto di appello, nonostante la proposizione di tempestiva contestazione. La tardività della produzione documentale non era stata contestata nel corso della consulenza, nè a seguito del suo deposito, e neppure nelle restanti fasi del giudizio di primo grado. In conseguenza, se di nullità poteva parlarsi, si sarebbe trattato di una nullità relativa, sanata ai sensi dell’art. 157 c.p.c. Del resto la controparte, non opponendosi alla produzione documentale, aveva mostrato il proprio consenso all’acquisizione, ed utilizzazione per la decisione, della stessa. La Banca, avendo proposto una eccezione in sede di appello, era incorsa nel divieto di cui all’art. 345 c.p.c., e la sua contestazione doveva essere dichiarata inammissibile.

1.3. – Con il terzo motivo di ricorso la Spa Strano contesta la decisione in materia di spese di lite adottata dalla Corte d’Appello, in relazione al primo quanto al secondo grado del giudizio, perchè fondata – sull’errato presupposto dell’accoglimento della domanda dell’appellante”.

2.1. – 2.2. – Il primo motivo ed il secondo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente, attenendo entrambi all’utilizzabilità degli estratti conto acquisiti in corso di causa. Invero la Corte d’Appello ha trascurato che la Banca non ha mai contestato l’andamento degli addebiti e accrediti, nè le risultanze della CTU, avendo, però, ritenuto fondata l’eccezione relativa alla tardiva produzione dei documenti posti a fondamento della domanda, perchè effettuata dalla Spa Strano soltanto nel corso dell’espletamento della consulenza tecnica. Occorre allora innanzitutto precisare che non si verte in materia di una mera azione di ripetizione dell’indebito, bensì di un’azione di rendiconto. E’ vero, pertanto, che l’esibizione di documenti non può essere chiesta, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., a fini meramente esplorativi, allorquando neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento e sul suo contenuto per verificarne la rilevanza in giudizio (Cass. sez. L, sent. 20.12.2007, n. 26943). Nel caso in esame, però, non può mettersi in dubbio l’esistenza del rapporto di conto corrente, non contestato dalla Banca, e dunque l’esistenza della documentazione relativa alla sua gestione. Secondo il disposto di cui al D.Lgs. n. 385 del 2003, art. 119 la Banca, in ipotesi di contratti di durata, nel caso di specie di conto corrente, deve fornire al cliente, in forma scritta e, -con periodicità annuale, o a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile”, l’estratto riguardante i rapporti regolati in conto corrente. La Suprema Corte ha già avuto modo, più volte, di affermare che – la norma dell’art. 1832 c.c. da leggersi in armonia con quella dell’art. 1827 c.c. impone che l’approvazione o la mancata contestazione nei termini del rendiconto spedito da uno dei correntisti, non impedisce di contestare la mancanza o la validità del rapporto che costituisce la causa dell’annotazione” (Cass. sez. 1, sent. 11.5.2001, n. 6548, Cass. sez. 1, sent. 20.9.2013, n. 21597). Inoltre, lo stesso D.Lgs. n. 385 del 2003, art. 109, comma 4, riconosce al cliente il diritto ad ottenere la copia della documentazione inerente le singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni e, per esercitare tale diritto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “non è necessario che il richiedente indichi specificatamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla Banca gli elementi minimi indispensabili per consentire l’individuazione dei documenti richiesti, quali, ad esempio, i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte” (Cass. sez. 1, sent. 12.5.2006, n. 11004). Per questo il correntista ha diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale, atteso che procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 c.p.c. e s. è fondato sul presupposto dell’esistenza dell’obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto dell’altra, facendo conoscere il risultato della propria attività” (Cass. sez. 1, sent. 23.7.2010, n. 17283). Occorre ancora chiarire, infine, rispetto alla contestazione della tardività della produzione documentale, che “in tema di rendimento dei conti” la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che – se la parte obbligata rende il conto solo in modo lacunoso e incompleto, inidoneo ad adempiere gli oneri a suo carico, il giudice può integrare la prova carente con altri mezzi di cognizione disposti anche d’ufficio, in particolare con la consulenza contabile o il giuramento” (Cass. sez. L, sent. 26.1.2006, n. 1551 e Cass. sez. 1, sent. 3.11.2004, n. 21090).

I primi due motivi di ricorso devono, pertanto, essere accolti.

2.3. – Il terzo motivo di ricorso contesta la decisione in materia di spese di lite adottata dalla Corte d’Appello in conseguenza dell’erroneità della decisione assunta. Poichè il grado di giudizio deve essere rinnovato, il motivo di ricorso deve, di conseguenza, essere dichiarato assorbito.

Il ricorso deve essere pertanto accolto. La decisione impugnata deve essere cassata con rinvio, in relazione ai motivi accolti, alla Corte d’Appello di Catania che, in diversa composizione, provvederà al nuovo giudizio nel rispetto dei principi innanzi indicati, e regolerà anche le spese di lite in relazione al presente grado.

PQM

 

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso proposti dalla Strano Spa, assorbito il terzo.

Cassa e rinvia, anche per le spese del presente grado, alla Corte d’Appello di Catania che rinnoverà il giudizio nel rispetto dei principi innanzi esposti, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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