Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21471 del 27/07/2021

Cassazione civile sez. II, 27/07/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 27/07/2021), n.21471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23974-2019 proposto da:

B.O., rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO

DEFILIPPI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA

CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 312/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere COSENTINO ANTONELLO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. B.O., cittadino senegalese, ha proposto ricorso, sulla scorta di tre motivi, per la cassazione della sentenza della corte di appello di Bologna che ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente aveva chiesto protezione affermando di essere stato costretto ad espatriare per non dover succedere al padre nelle funzioni di marabut.

Con il primo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, si lamenta l’erronea valutazione delle circostanze relative al contesto sociale e legislativo circa la condizione ereditaria della carica di marabut.

Con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, si deduce la nullità della sentenza per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione.

Con il terzo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, si lamenta la mancata valutazione area l’integrazione del richiedente nel tessuto italiano in riferimento alla possibile concessione di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 17 novembre 2020, per la quale il ricorrente ha depositato una memoria.

Il primo motivo è inammissibile perché la sua formulazione si discosta dal paradigma rissato dall’art. 360 c.p.c., n. 3, nel testo risultante dalla modifica recata dal (eereto L. n. 83 del 2012, in quanto non indica alcun fatto storico decisive) che abbia formato oggetto di discussione tra le parti ma si risolve in una richiesta, inammissibile nel giudizio di legittimità, di riesame dell’apprezzamento delle risultanze di causa operato dalla corte territoriale.

Il secondo motivo è inammissibile perché la nullità. della sentenza dipende dalla insistenza, o mera apparenza, e non già dalla insufficienza o contraddittorietà della motivazione e la motivazione della sentenza impugnata non è ne inesistente apparente.

Il terzo motivo è inammissibile perché la doglianza relativa alla mancata valutazione da parte della corte bolognese, della possibilità. che al sig. B. venga concesso un permesso di soggiorno per lavoro autonomo da un lato non ha ad oggetto un fatto storico ma una eventualità ipotetica e, d’altro lato, non si misura con la ratio decidendi del diniego di protezione umanitaria, consistente nel rilievo che tra il contesto di vita in cui il ricorrente si trova in Italia e quello in cui egli si troverebbe in Senegal “non emerge una effettiva cd incolmabile sproporzione” (pag. 7 della sentenza).

Il ricorso è inammissibile.

Non vi è luogo a regolazione di spese, in difetto di attività di difensiva dell’Amministrazione.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

 

 

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