Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21468 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 25/10/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 25/10/2016), n.21468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 2738 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

B.G., (C.F.: (OMISSIS)), in proprio e quale legale

rappresentante di INTRAVCO – INTERNATIONAL TRAVEL CONSULTANTS

S.R.L., (P.I.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura a

margine del ricorso, dagli avvocati Daniele Mammani (C.F.:

MMMDNL64D23Z133W) e Sergio Smedile (C.F.: SMDSRG39P10H591A);

– ricorrente –

nei confronti di:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – I.N.P.S. (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale procuratore speciale di SOCIETA’ DI

CARTOLARIZZAZIONE IMMOBILI PUBBLICI – S.C.I.P. S.R.L., rappresentato

e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dagli avvocati

Gaetano De Ruvo (C.F. dichiarato: DRVGTN6106L219U) e Daniela Anziano

(C.F.: NZNDNL65T44H703V);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza pronunziata dalla Corte di Appello

di Milano n. 2698/2013, depositata in data 3 luglio 2013;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

28 settembre 2016 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo;

uditi:

l’avvocato Sergio Smedile, per il ricorrente;

l’avvocato Daniela Anziano, per l’ente controricorrente;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale

Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.G. e Intravco – International Travel Consultants S.r.l. hanno agito in giudizio nei confronti dell’INPS e della SCIP S.r.l. per ottenere l’accertamento del loro diritto di acquistare alcuni immobili dell’ente che conducevano in locazione ed il conseguente trasferimento della proprietà degli stessi in loro favore, ai sensi dell’art. 2932 c.c..

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Milano.

La Corte di Appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado, rigettando sia l’appello principale degli attori che quello incidentale degli enti convenuti.

Ricorrono il B. e l’Intravco S.r.l., sulla base di tre motivi, illustrati con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso l’INPS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) ed in particolare del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, art. 3, comma 6, convertito, con modificazioni, in L. 23 novembre 2001, n. 410 e del D.L. n. 203 del 2005, art. 7 bis, convertito dalla L. n. 248 del 2005”.

Il primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto pongono analoghe questioni.

Essi sono infondati.

Parte ricorrente non coglie in pieno la effettiva ratio decidendi della pronunzia impugnata.

Di conseguenza, i fatti di cui lamenta l’omesso esame non possono ritenersi in realtà decisivi, e le norme di cui assume la violazione, in parte correttamente applicate dai giudici del merito, per altra parte non sono rilevanti ai fini della decisione.

La corte di appello ha qualificato l’azione proposta come domanda di trasferimento della proprietà degli immobili ai sensi dell’art. 2932 c.c., ritenendola basata sul presupposto dell’avvenuto perfezionamento di un contratto preliminare di vendita tra le parti.

Ha perciò rigettato la stessa, per la mancanza di una preventiva proposta di acquisto diretta al conduttore da parte dell’ente proprietario, in conformità all’indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte, per cui tale proposta è necessaria per consentire al conduttore l’esercizio del diritto di opzione o di prelazione e il conseguente perfezionamento del contratto preliminare di vendita (cfr. in proposito: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21988 del 24/10/2011, Rv. 619701; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 20550 del 30/09/2014, Rv. 632360; in senso sostanzialmente conforme, cfr. anche: Sez. U, Sentenza n. 6023 del 25/03/2016, Rv. 638992; Sez. U, Sentenza n. 9692 del 22/04/2013, Rv. 625792).

I giudici di merito, quindi, non hanno negato (anzi, hanno in qualche modo addirittura affermato, sia pure in via del tutto teorica) il diritto degli attori di pervenire all’acquisto degli immobili occupati, se in possesso dei necessari requisiti, ma non hanno ritenuto necessario accertare tali requisiti, costituendo i relativi presupposti oggetto di distinti giudizi pendenti, e non essendo comunque la questione rilevante ai fini della decisione in ordine alla domanda proposta, di trasferimento degli immobili ai sensi dell’art. 2932 c.c..

Ed è evidente che, in quest’ottica, l’eventuale sussistenza del teorico diritto del conduttore di pervenire all’acquisto degli immobili occupati – in caso di loro alienazione, sussistendone i presupposti oggettivi e soggettivi, così come l’esistenza di concrete proposte di acquisto dirette ad altri conduttori – costituiscono fatti non decisivi, rilevando esclusivamente il mancato perfezionamento di un vero e proprio contratto preliminare di vendita e comunque l’inesistenza di un diritto perfetto alla conclusione del contratto definitivo di vendita, azionabile ai sensi dell’art. 2932 c.c..

2. Con il terzo motivo del ricorso principale si denunzia “nullità della sentenza (art. 360 comma 1 n. 4): violazione dell’art. 112 c.p.c.. Difetto di motivazione”.

Il motivo è inammissibile.

Si premette che esso è formulato in modo poco chiaro e logicamente contraddittorio, denunziandosi nella rubrica la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e al tempo stesso il difetto di motivazione, vizi tra loro logicamente incompatibili.

Anche nella sua esposizione, del resto, si fa dapprima riferimento ad un “rigetto”della domanda in assenza di motivazione, per concludersi (contraddittoriamente) che “conseguentemente” la sentenza sarebbe nulla per omessa pronunzia.

In ogni caso, il motivo stesso è inammissibile anche per difetto di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Come si è già chiarito, la corte di appello – in conformità, per quello che emerge dagli atti, alla pronunzia di primo grado – ha qualificato la domanda proposta come domanda di trasferimento degli immobili occupati dagli attori, ai sensi dell’art. 2932 c.c., in virtù dell’avvenuta conclusione di un contratto preliminare di compravendita (per la pretesa sussistenza di un vero e proprio diritto di opzione ai sensi dell’art. 1329 c.c., derivante dalla legge).

E’ stato quindi escluso che fosse stata avanzata dagli attori stessi una domanda di mero accertamento del diritto di vedersi effettuare una proposta di acquisto da parte dell’ente proprietario, ovvero una domanda di mero accertamento della sussistenza dei requisiti per esercitare la prelazione in seguito ad una siffatta eventuale proposta.

D’altra parte, dalla pronunzia impugnata non emerge affatto che fosse stata mossa, in sede di gravame, censura di omessa pronunzia su siffatte domande in relazione alla sentenza di primo grado, risultando indicata solo la contestazione del mancato riconoscimento del diritto di opzione del conduttore e del mancato trasferimento coattivo degli immobili ai sensi dell’art. 2932 c.c..

L’indicata qualificazione della domanda non è in realtà specificamente contestata neanche nel ricorso, dal quale si ricava solo una contestazione indiretta, laddove i ricorrenti deducono di avere proposto domanda di accertamento del proprio diritto di acquistare gli immobili (diritto di acquistare che è però formula equivoca, in realtà idonea a comprendere anche l’effetto tipico del contratto preliminare di compravendita).

Dunque, per valutare la correttezza dell’interpretazione data dai giudici di merito alle domande proposte, e per stabilire se essa sia comunque ancora censurabile nella presente sede, sarebbe stato necessario verificare il contenuto effettivo dell’atto di citazione, non essendo sufficiente uno stralcio delle sue conclusioni, nonchè il contenuto della sentenza di primo grado e quello dell’atto di appello, per accertare, rispettivamente, la presenza delle domande di mero accertamento con il contenuto sopra chiarito nell’atto introduttivo di primo grado, la pronunzia (o la omessa pronunzia) del tribunale in ordine alle stesse, e la eventuale sussistenza di uno specifico motivo di impugnazione sul punto.

Il contenuto rilevante degli atti indicati, però, non risulta trascritto nel ricorso; tali atti non sono prodotti in allegato al ricorso stesso, e non ne è neanche indicata l’esatta allocazione nel fascicolo processuale.

Le indicate verifiche non sono dunque possibili per la Corte, che di conseguenza non ha la possibilità di pervenire all’esame del merito del motivo di ricorso in esame.

3. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare le spese del presente giudizio in favore dell’ente controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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