Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21462 del 17/10/2011

Cassazione civile sez. I, 17/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 17/10/2011), n.21462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello

Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

N.E., N.G., GEN DI NUNZIATA GIUSEPPE E

ERNESTO s.n.c., con domicilio eletto in Roma, Via Pasquale Leonardi

cattolica n. 3, presso lo studio di FERRARA A. e dell’avv. FERRARA

Silvio, che li rappresenta e difende come da procura a margine del

ricorso;

– controricorrenti –

e sul ricorso proposto da:

N.E., N.G., GEN DI NUNZIATA GIUSEPPE E

ERNESTO s.n.c. come sopra domiciliati e difesi;

– ricorrenti incidentali –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma

depositato il 15 aprile 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

giorno 30 settembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per

l’inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Amministrazione ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello che ha accolto il ricorso della società e dei soci in proprio con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata della procedura relativa al loro fallimento svoltasi avanti al Tribunale di Napoli dal febbraio 1997 al giugno 2006.

Resistono gli intimati con controricorso e propongono ricorso incidentale.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono essere riuniti in quanto proposti nei confronti dello stesso decreto.

Con il primo e il secondo motivo del ricorso principale si censura l’impugnato decreto in relazione alla determinazione della durata ragionevole, quantificata in anni sei a fronte di una procedura di media complessità.

I motivi, che sono ammissibili in quanto sufficientemente articolati, sono fondati solo laddove censurano l’evidente errore compiuto dal giudice del merito che, dopo aver quantificato in anni sei la durata ragionevole, ha determinato in anni diciassette quella irragionevole a fronte di una procedura durata complessivamente circa diciannove anni.

Sono invece infondati quanto alla ritenuta eccessiva determinazione della durata ragionevole, dal momento che lo stesso ricorrente qualifica come di media complessità la procedura stessa e la giurisprudenza della Corte ha già individuato in anni cinque il termine di ragionevole durata di procedure non particolarmente complesse (Sez., 1^, sentenza 7 luglio 2009 n. 15953).

Infondato è altresì il terzo motivo con il quale si deduce carenza di motivazione in ordine alla determinazione della durata rilevante ai fini del calcolo dell’indennizzo per non avere tenuto conto il giudice del merito che alla luce della legislazione vigente prima della riforma delle procedure concorsuali del 2006 i falliti non avrebbero potuto comunque ottenere la riabilitazione prima di tale data anche se il fallimento fosse stato chiuso cinque anni prima.

Ciò che rileva ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, infatti, non sono le conseguenze favorevoli che si sarebbero potute verificare da un’anticipata cessazione del giudizio, così che diverrebbe irrilevante la sua durata in assenza delle stesse, ma la pendenza in sè del procedimento quale causa di patema d’animo.

Inammissibile, infine, è i quarto motivo con il quale si deduce l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice a quo nel ritenere legittimata ad agire per il ristoro del danno non patrimoniale anche la società benchè estinta in quanto si da per scontato che la stessa sia stata cancellata in esito alla chiusura della procedura, circostanza di cui non è traccia in atti.

I ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, è inammissibile essendo questo privo del prescritto quesito di diritto.

Il ricorso principale deve dunque essere accolto nei limiti di cui in motivazione.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750,00 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte europea (che è pari a Euro 1.000,00 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero della Giustizia deve essere condannato al pagamento di Euro 12.250,00 in favore di ciascuna delle parti intimate a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni tredici circa di ritardo.

Tenuto conto dell’accoglimento solo parziale del ricorso principale e della totale soccombenza del ricorrente incidentale, le spese del giudizio di legittimità possono essere compensata per un terzo e poste a carico per la differenza degli intimati resistenti, mentre l’Amministrazione deve essere condannata alla rifusione delle spese del giudizio di merito.

PQM

la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di N. E., di N.G. e della società GEN di Nunziata Ernesto e Nunziata Giuseppe s.n.c. della somma di Euro 12.250,00 ciascuno, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 1.550,00 di cui Euro 600,00 per diritti e Euro 900,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; compensa per un terzo le spese del giudizio di legittimità e condanna i ricorrenti incidentali in solido alla rifusione in favore dell’Amministrazione dei due terzi delle spese che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2011

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