Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21460 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 25/10/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 25/10/2016), n.21460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21386/2013 proposto da:

M.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO 149, presso lo studio dell’avvocato CAROLA

CICCONETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE OLIVIERI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MO.AN. (OMISSIS);

nonchè da:

MO.AN. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato CARLO BOURSIER

NIUTTA, rappresentata e difesa dall’avvocato SETTIMIO DI SALVO

giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

M.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO 149, presso lo studio dell’avvocato CAROLA

CICCONETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE OLIVIERI

giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1469/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE OLIVIERI;

udito l’Avvocato SETTIMIO DI SALVO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Mo.An. intimò a M.R. licenza per finita locazione in relazione ad un immobile ad uso abitativo ad esso locato a far data dal (OMISSIS).

L’intimato non si oppose alla convalida, ma propose domanda riconvenzionale per la restituzione dei canoni pagati in eccedenza rispetto a quanto risultante dal contratto registrato (assumendo di avere pagato mensilmente un importo di Euro 490,63 a fronte di una previsione contrattuale di Euro 206,58).

Disposto il mutamento del rito, il Tribunale di Nola accolse sia la domanda di rilascio che la riconvenzionale e, in relazione a quest’ultima, condannò la Mo. al pagamento di oltre 26.984,00 Euro.

In parziale riforma della sentenza, la Corte di Appello di Napoli ha rigettato la domanda riconvenzionale del M., che ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo; ha resistito la Mo. a mezzo di controricorso contenente ricorso incidentale condizionato basato su tre motivi.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha ritenuto ammissibile la domanda riconvenzione proposta dal M. già con la comparsa di costituzione depositata nel procedimento sommario di convalida, ma l’ha rigettata sul rilievo che era risultata provata un’ipotesi di simulazione relativa, “nel senso che le parti hanno realmente inteso accordarsi individuando quale canone dovuto quello di importo maggiore e non quello minore – simulato o apparente – che risultava dal contratto regolarmente registrato”.

Al riguardo, ha rilevato che l’effettiva volontà delle parti poteva “ritenersi provata sulla scorta della controdichiarazione prodotta dallo stesso M., datata (OMISSIS), e sottoscritta da entrambe le parti” e ha concluso che tale controdichiarazione era idonea a “determinare l’applicazione nel caso in esame del disposto di cui all’art. 1414 c.c., comma 2”, risultando pertanto “superflua ogni valutazione in ordine alla tempestività ed ammissibilità della produzione da parte della Mo. del contratto simulato”.

Tanto premesso, ha richiamato Cass. n. 16089/2003 – secondo cui la previsione di nullità di cui alla L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, non si riferisce all’ipotesi della simulazione relativa del contratto di locazione rispetto alla misura del corrispettivo, ma è volta a colpire la pattuizione in corso di rapporto di un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario – e ha escluso che ricorresse una ipotesi di nullità, “in quanto non si è avuta alcuna pattuizione circa un canone maggiore nel corso del rapporto, ma un accordo simulatorio avente ad oggetto un canone maggiore” (risultante sia dalla controdichiarazione depositata dal M. sia dal fatto che questi aveva dichiarato di avere sempre versato la somma maggiore).

2. Con l’unico motivo del ricorso principale, il M. deduce “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 416 c.p.c., comma 2, art. 437 c.p.c., comma 2, art. 447 bis c.p.c., comma 1 (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

Premesso che l’intimato aveva spiegato la domanda riconvenzionale già al momento della costituzione nella fase sommaria e che, disponendo il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c., il Tribunale aveva assegnato i termini per il deposito delle memorie integrative (scadenti per la Mo. al (OMISSIS)), il M. si duole che la Corte abbia ritenuto ammissibile la deduzione – da parte della Mo. – della simulazione relativa e la produzione del contratto dissimulato, che erano state effettuate soltanto il (OMISSIS), ossia in un momento successivo alla scadenza dei termini per il deposito delle memorie integrative; rileva, infatti, che la Mo. aveva compiuto l’allegazione e la produzione (e mutato radicalmente la linea difensiva) utilizzando un termine che le era stato concesso unicamente per “allegazioni difensive” in merito alle deduzioni avversarie (che non aveva potuto esaminare in precedenza a causa dello smarrimento dei fascicoli di parte).

Tanto premesso e rilevato che la deduzione dell’accordo simulatorio costituiva oggetto di un’eccezione non rilevabile d’ufficio, il M. si duole che la Corte di merito abbia “accolto un’eccezione (quella di simulazione relativa del canone) riservata alla parte, sollevata dopo la scadenza del termine perentorio per l’integrazione degli atti introduttivi”, decidendo quindi “un’eccezione che non avrebbe potuto prendere in considerazione, perchè proposta fuori termine” e, per le stesse ragioni)neppure articolabile per la prima volta in appello.

Evidenzia, infine, che la Mo. ebbe conoscenza fin dalla fase sommaria “dei fatti posti a fondamento della domanda riconvenzionale”, avendo pertanto piena “possibilità di articolare tutte le proprie difese e produrre tutti i mezzi di prova ritenuti rilevanti” entro il termine del (OMISSIS) assegnatole ex art. 426 c.p.c..

2.1. Il motivo va rigettato.

La questione della simulazione relativa del contratto di locazione era stata dedotta dal M. fin dall’inizio della causa (dal momento che il conduttore aveva allegato di aver pagato dal primo mese- un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato) ed era stata ribadita – e suffragata documentalmente – con la memoria integrativa ex art. 426 c.p.c.: quella svolta dalla Mo. con la memoria del (OMISSIS) e con la produzione (tardiva) del contratto dissimulato costituiva dunque una mera difesa che, pur modificando la precedente linea difensiva, non introduceva un nuovo tema di indagine, ma era volta a contrastare la richiesta avversaria (basata sulla debenza del canone risultante dal contratto scritto e registrato), insistendo sul tema della simulazione relativa già acquisito alla causa.

Pertanto, a prescindere da ogni approfondimento sulla corretta qualificazione da attribuire all’eccezione di simulazione, la censura relativa all’avvenuta pronuncia su un’eccezione non rilevabile d’ufficio e sollevata tardivamente dalla locatrice non è fondata – in radice – poichè le deduzioni della Mo. sono da ricondurre all’ambito delle mere difese.

Nè rileva la tardività della produzione compiuta dalla Mo. in quanto la Corte ha affermato la superfluità del documento da essa prodotto, dichiarando di decidere sulla base della controdichiarazione depositata (tempestivamente) dal M. e del fatto – pacifico – che questi aveva fin dall’inizio pagato il maggior canone.

2.2. Esclude il Collegio che ricorrano le condizioni per rilevare d’ufficio (ex Cass., S.U. n. 26242/2015) la nullità della pattuizione originaria del maggior canone a fronte del principio espresso da Cass., S.U. n. 18213/2015, che, superando la diversa impostazione di Cass. n. 16089/2003, ha affermato che “in tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, la nullità prevista dalla L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1, sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente”.

Deve rilevarsi, infatti, che il tema della possibile nullità della pattuizione L. n. 431 del 1998, ex art. 13, comma 1, è stato affrontato dalla sentenza impugnata, che lo ha risolto – nel senso della validità – con una statuizione che non è stata sottoposta a censura (il M. non ha tenuto “viva” la questione della validità della pattuizione del maggior canone, ma si è limitato a sostenere la tardività della deduzione dell’accordo simulatorio), determinandosi pertanto un giudicato interno sulla sua “non nullità” (cfr. Cass., S.U. n. 26242/2014, pagg. 76 e 77) che osta al nuovo esame della questione (cfr. anche Cass. n. 23235/2013 e Cass. n. 18540/2009).

3. Il ricorso incidentale – espressamente “condizionato” all’accoglimento del principale – è assorbito.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza.

5. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso principale, dichiarando assorbito l’incidentale, e condanna il contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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