Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2146 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/01/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 30/01/2020), n.2146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 24014/2012, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Betonrossi s.p.a, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e

difesa dall’avv. Nicola Canessa, presso il quale è elettivamente

domiciliata in Roma, via Flaminia n. 135, come da mandato a margine

del controricorso.

– controricorrente – Ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza n. 57/04/2011 della Commissione Tributaria

Regionale della Emilia Romagna, depositata il 19/07/2011 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 novembre

2019 dal Consigliere Rosita D’Angiolella.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Amministrazione finanziaria emetteva nei confronti della società Betonrossi s.p.a. accertamento ai fini Iva, per l’annualità 2006, a seguito di omessa fatturazione relativa alle spese di ripristino di una cava, di estrazione di materiale litoide sabbio-ghiaioso e di riqualificazione ambientale del territorio, attività svolte dalla società contribuente in esecuzione della concessione amministrativa di cui alla convenzione stipulata con il Comune di San Sebastiano da Po.

La Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della società riducendo l’imposta sul presupposto che non fossero sottoposte ad obbligo di fatturazione le opere di ripristino e riqualificazione ambientale di cui alla convenzione con il Comune di San Sebastiano da Po mentre potesse essere soggetto al tributo Iva solo il corrispettivo, pari ad Euro 285.894,60, per l’acquisizione del materiale litoide.

La Commissione tributaria regionale della Emilia Romagna con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate, confermando integralmente la sentenza dei primi giudici, sul rilievo che il recupero ambientale previsto dalla convenzione a carico della società Betonrossi non poteva ritenersi soggetto all’Iva in quanto non sussisteva nella convenzione alcun elemento per qualificare la stessa come prestazione di servizi di fonte negoziale.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidandosi a due motivi.

La società contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale; in prossimità dell’udienza, deposita memoria ex art. 380-bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate assume la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 3,11 e 13, (quest’ultimo nella Disp. di cui al comma 1, lett. d)), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver i secondi giudici escluso la sussistenza di un’operazione permutativa senza valutare il rapporto di sinallagmaticità tra le prestazioni scaturenti dalla convenzione inter partes (escavazione del materiale litoide in cambio della prestazione di rimodellamento geomorfologico ai fini del recupero ambientale).

2. Col secondo motivo, assume, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che la motivazione della sentenza è insufficiente e contraddittoria, in ordine al fatto controverso e decisivo per il giudizio, quale la disamina delle pattuizioni convenzionali dalle quali emergerebbe che gli interventi di sistemazione ambientale costituiscono attività primaria ed a sè stante, tale da costituire un’autonoma prestazione di servizi e non, invece, una mera attività obbligatoria e conseguenziale da eseguirsi a seguito dell’escavazione del materiale inerte.

2.1. La difesa erariale, a sostegno dei motivi, riproduce integralmente la motivazione dell’avviso di accertamento e, quindi, la convenzione stipulata dalla società Betonrossi e dal Comune di San Sebastiano da Po (v. ricorso pagg. da 8 a 12) dalla quale risulta che il Comune di San Sebastiano dal Po rilasciava alla società Betonrossi concessione amministrativa, per la durata di cinque anni, per consentire un intervento di riqualificazione e bonifica ambientale su terreni del Comune, con estrazione di materiale sabbio-ghiaioso (art. 1 e 2 della convenzione riprodotta dalla ricorrente; pag. 10 ricorso); la società Bentorossi s’impegnava “formalmente” alla riqualificazione ambientale e paesaggistica dei luoghi, a proprie cura e spese (art. 3); la concessionaria società era tenuta al pagamento di un canone di concessione, nella misura annua di Euro 5.600,98, nonchè di un canone di estrazione, ammontante a complessivi Euro 285.894,60, canone considerato al netto dei costi per sostenere la sistemazione dell’area (convenzione, artt. 5 e 6, pag. 10 ricorso).

3. La società controricorrente deduce l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza del gravame dell’Agenzia delle entrate;

propone, poi, ricorso incidentale, assumendo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione da parte della Commissione regionale, del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nella parte in cui non ha risposto al motivo di appello incidentale di essa società, con il quale aveva censurato la sentenza di primo grado per aver ritenuto che la convenzione con il Comune di San Sebastiano da Po, al di là della sua veste amministrativa, fosse riconducibile esclusivamente ad una cessione di materiale litoide.

4. Le eccezioni preliminari sollevate dalla società controricorrente d’inammissibilità del ricorso principale per carenza di legittimazione dell’Avvocatura generale dello Stato e per violazione del principio di autosufficienza sono infondate.

4.1. Quanto alla legittimazione dell’Avvocatura generale dello Stato, è sufficiente richiamare l’orientamento di questa Corte secondo cui: “In tema di rappresentanza e difesa in giudizio, le Agenzie fiscali, ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72, possono avvalersi, del R.D. n. 611 del 1993, ex art. 43, del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che, in forza di tali disposizioni, si pone con esse in un rapporto d’immedesimazione organica, ben diverso da quello determinato dalla procura “ad litem”, che trova fondamento nell'”intuitus fiduciae” e nella personalità della prestazione. Ne consegue che gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede, senza bisogno di mandato, neppur quando, come nel caso del ricorso per cassazione, è richiesto il mandato speciale e che, avendo la difesa dell’Avvocatura dello Stato carattere impersonale, ed essendo quindi gli avvocati dello Stato pienamente fungibili nel compimento di atti processuali relativi ad un medesimo giudizio, l’atto introduttivo di questo è valido anche se la sottoscrizione è apposta da avvocato diverso da quello che materialmente ha redatto l’atto, unica condizione richiesta essendo la spendita della qualità professionale abilitante alla difesa” (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 4950 del 28/03/2012, Rv. 621742-01; Sez. 5, Ordinanza n. 13627 del 30/05/2018, Rv. 648677-01).

4.2. Quanto all’eccezione di difetto di autosufficienza del ricorso principale, essa è inconferente, rispondendo il ricorso pienamente ai requisiti di cui all’art. 366 c.p.c..

5. Passando al merito, i due motivi di ricorso principale, che si esaminano congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati e vanno accolti per le ragioni qui di seguito esposte.

6. La questione che si pone riguarda essenzialmente il se le prestazioni pattuite tra la società e il Comune di San Sebastiano Dal Po, in virtù della convenzione di riqualificazione ambientale e di estrazione di materiale lapideo (sabbio-ghiaioso) stipulata inter partes in data 20/02/2003, realizzino, oppur no, un’operazione permutativa rilevante ai fini dell’imposizione IVA.

6.1. L’Ufficio ha inquadrato l’operazione in una permuta (a fronte dell’attività di rimodellamento geomorfologico ai fini ambientali, la Betonrossi poteva estrarre e commercializzare del materiale ghiaioso) assoggettando ad Iva, del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 11, anche le prestazioni di servizi inerenti al recupero ambientale.

6.2. I giudici di secondo grado hanno disatteso i rilievi dell’Ufficio, ritenendo che: “… ancorchè il recupero ambientale costituisca indubbio elemento presente nella convenzione… non può certo sostenersi che tale intervento debba considerarsi una prestazione di servizio imponibile ai fini Iva, tenuto conto dell’assenza di specifiche indicazioni sui costi e sugli interventi di rimodellamento morfologico e di ritombamento e dunque non essendo sussistente un chiaro rapporto negoziale configurante una prestazione di servizi.” (v. sentenza pag. 3). La Commissione regionale, dunque, pur riconoscendo la centralità, nella volontà delle parti, del recupero ambientale, ha escluso che tale prestazione fosse imponibile ai fini Iva sul rilievo che, rispetto a tale servizio, la convenzione non indicasse i costi o comunque il valore.

7. Il D.P.R. cit., art. 11, rubricato “Operazioni permutative e dazioni di pagamento”, al comma 1, prevede che: “Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate.”.

7.1. Detta disposizione, nel traguardare le operazioni permutative ai fini IVA, amplia la nozione civilistica del contratto di permuta di cui all’art. 1552 c.c., in quanto prevede un oggetto più ampio per la permuta rilevante ai fini fiscali, ricomprendendo non solo lo scambio tra proprietà di cose o di altri diritti da un contraente all’altro, ma anche lo scambio di servizi con altri servizi (cfr. Cass. n. 16173 del 23/12/2000 e n. 28723 del 30/11/2017).

8. Sul punto, questa Corte ha evidenziato che il fatto che l’esecuzione della prestazione di servizi corrisponda all’impegno di eseguire una cessione di beni oppure di eseguire un’altra prestazione di servizi, non è di ostacolo alla configurazione dell’operazione permutativa, atteso che è il risultato traslativo consistente nell’attribuzione dell’utilità derivante dalla futura prestazione di servizi o dalla futura cessione di beni di una determinata opera da realizzare, coincidente con il bene futuro – ad essere assunto come termine di scambio con la prestazione di servizi già eseguita, corrispondente al bene presente (in termini, con riguardo alla permuta, Cass. 22/12/2005 n. 28479 e 25/10/2003 n. 24172, richiamate da Sez. 5, Sentenza n. 25661 del 2018 e da Cass. Sez. 5 n. 7947 del 21/03/2019, entrambe non massimate).

9. Da tali principi ne deriva che la permuta rilevante ai fini Iva, e quindi rilevante a norma del D.P.R. cit., art. 11, non va considerata come un’unica operazione ma come più operazioni tra loro indipendenti, anche se assistite dal vincolo di corrispettività, alle quali va applicata atomisticamente l’Iva, e sono da ritenere imponibili al momento della loro esecuzione. In tal senso, è stato soggiunto che, nel caso di permuta di servizi con altre prestazioni di servizi, il ricevimento da parte di uno dei due contraenti del servizio, equivale, in parte qua, al pagamento del corrispettivo (pagamento che, in tal caso, avviene in natura), sicchè a tale momento dell’operazione si considera effettuata e sorge l’obbligo di emissione della fatturazione (così, Cass. n. 7947 del 2019).

10. Venendo alla convenzione tra la Betonrossi ed il Comune di Sam Sebastiano dal Po, si rileva che – come è evidente dal tenore della convenzione stessa, corrispondente evidentemente alla reale volontà delle parti, mai posta in dubbio nel corso del giudizio di merito – la riqualificazione ambientale costituisse una delle due prestazioni previste in concreto nell’accordo contrattuale, di talchè la concessione per l’estrazione e la commercializzazione del materiale ghiaioso si è posta in vincolo di sinallagmaticità con il progetto di rimodellamento geomorfologico; nella specie, quindi, si è di fronte all’ipotesi di operazione permutativa configurata dalla norma in parola, poichè l’attribuzione dell’utilità derivante dalla futura prestazione di servizi della riqualificazione ambientale ha costituito il risultato traslativo e, quindi, lo scambio con la prestazione di servizi già eseguita.

10.1. Posto, dunque, che si tratta di un’operazione permutativa senz’altro riconducibile alla disposizione di cui al D.P.R. cit., art. 11, aderendo alla giurisprudenza innanzi richiamata, le due operazioni che compongono la complessiva operazione vanno sottoposte ad imposizione separatamente e, altrettanto separatamente, vanno assoggettate agli obblighi formali e sostanziali ai fini Iva e sono da ritenere imponibili al momento della loro esecuzione.

11. Come pure evidenziato da tutte le pronunce richiamate, tali conclusioni risultano in linea con la giurisprudenza della Corte Europea in materia di Iva (v. la motivazione di Cass. n. 7947 del 2019), secondo cui le operazioni permutative debbono qualificarsi quale operazioni a titolo oneroso e le reciproche prestazioni che ne derivano vanno assoggettate ciascuna, in modo autonomo, all’imposizione Iva (cfr., in particolare, in tema di operazioni permutative, CGEU 13/06/2018, causa C- 421/17 Polfarmex Spolka Akcyjna w Kutnie: “alla luce della reciprocità delle prestazioni tra le… società della duplice qualità di ciascuna parte nell’ambito del loro rapporto giuridico, in quanto fornitore da un lato beneficiario dall’altro… le due operazioni devono essere distinte”. L’autonomia tra le due prestazioni oggetto dell’operazione permutativa si evince da una serie di pronunce tra cui, cfr. CGUE, sentenza 26/09/2016, in causa C-283/12 – Serebryannay vek EOOD che ha ritenuto che la possibilità di qualificare un’operazione a titolo oneroso presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni e la prestazione di servizi e un corrispettivo effettivamente percepito nel soggetto passivo; cfr. CGUE sentenze 3/09/2009, RCI Europe, C-37/08 e 3/05/2012, Lebara, C-520/10, secondo cui tale nesso diretto esiste qualora tra il prestatore ed il destinatario della prestazione di servizi intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni ed il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato destinatario; cfr. CGUE sentenza 03/07/2001, Bertelsmann, C-380-99, secondo cui il corrispettivo della cessione di beni ben può consistere in una prestazione di servizi e costituire la base imponibile ai sensi della Dir. Iva, art. 73, a condizione, tuttavia, che esista un nesso che colleghi direttamente la cessione di beni e la prestazione di servizi e che il valore di quest’ultima possa essere espresso in denaro; in riferimento alle operazioni permutative (ove il corrispettivo è per definizione in natura) ed all’identità delle situazioni derivanti da prestazioni di servizi in cui il corrispettivo in denaro, cfr., altresì, CGUE 03/07/1997 Goldsmiths, Euro 330-95 e 19/12/2012 Orfey C-549-11).

12. In conclusione, la sentenza della CTR non si è adeguata ai principi di diritto appena illustrati, avendo in radice escluso che le prestazioni riguardanti la riqualificazione ambientale potessero essere prestazioni di servizi imponibili ai fini Iva, per l’assenza “di specifiche indicazioni sui costi e sugli interventi di rimodellamento morfologico e di ritombamento”; tale decisione, si pone in contrasto con i principi generali su esposti perchè non ha considerato che, trattandosi di permuta di servizi, il risultato è dato dalla utilità conseguente allo scambio, in quanto il ricevimento da parte di uno dei due contraenti del servizio, equivale, in parte qua, al pagamento del corrispettivo (che avviene in tal caso in natura) e fa sorgere l’obbligo di imposizione Iva.

13. Per maggior chiarezza, si aggiungono le seguenti considerazioni. Sul piano funzionale il vincolo di sinallagmaticità non è altro che il nesso di interdipendenza tra le prestazioni, senza che il diverso valore delle prestazioni possa far venir meno detto vincolo sinallagmatico, sia perchè allorquando le parti abbiano scelto di porre in essere un’operazione permutativa, la sinallagmaticità entra a far parte della causa del negozio, sia perchè il giudizio sul valore delle reciproche prestazioni è rimesso nei limiti di legge – alle parti. D’altro canto, anche nell’ambito dello schema civilistico della permuta, se una prestazione vale più dell’altra, ciò non incide sulla sinallagmaticità, potendo, al più, far sorgere l’ulteriore prestazione del conguaglio. Per giunta, nella specie, nessuna delle parti ha contestato, come già accennato, che, quella di cui alla convenzione, fosse un’operazione fittizia, confermandosi così la causa permutativa della convenzione.

13.1. Nè, ai fini della qualificazione della permuta, appaiono conferenti le difese della società, ribadite nelle memorie ex art. 380-bis 1 c.p.c., circa gli obblighi pubblicistici derivanti dalla convenzione inter partes, posto che la pubblica amministrazione ben può realizzare un fine pubblico (nella specie la riqualificazione ambientale) mediante l’attività contrattuale ordinaria (L. n. 241 del 1990, art. 1, comma 1 bis, introdotto dalla L. n. 15 del 2005), fermo restando, si ripete, il vincolo di funzionalizzazione, che lega la p.a. al perseguimento del pubblico interesse.

14. Le considerazioni che precedono valgono a spiegare anche l’infondatezza del ricorso incidentale; ed invero, la conferma dalla parte della Commissione tributaria regionale della sentenza di prime cure (che, in parziale accoglimento del ricorso della società, aveva ridotto l’imposta dei corrispettivi su cui formulare i rilievi Iva, al solo corrispettivo pattuito per l’acquisizione del materiale litoide), ha comportato, per implicito, al rigetto dell’appello incidentale. La decisione di rigetto dei soli motivi di censura proposti con l’appello principale, ha, infatti, comportato la conferma delle altre statuizioni contenute nella sentenza impugnata e, quindi, l’implicito rigetto dell’appello incidentale contro la stessa, sicchè, in base all’orientamento costante di questa Corte, la sentenza di secondo grado, seppur non contiene nel dispositivo una esplicita dichiarazione di rigetto del gravame incidentalmente proposto, non può dirsi priva di una statuizione in tal senso, e per individuarne la portata precettiva è sufficiente procedere all’integrazione fra dispositivo e motivazione.

15. In conclusione, accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, affinchè proceda ad un nuovo esame della controversia, in base ai principi su esposti.

La CTR, in sede di rinvio, è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale per quanto esposto in motivazione; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso principale accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione Civile, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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