Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21459 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 25/10/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 25/10/2016), n.21459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20027/2013 proposto da:

MARINA DI CERVIA SRL, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore Dott. S.R., considerata domiciliata ex lege

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato IVAN ILLIANO unitamente

all’avvocato GIUSEPPE ALBARELLA giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

ALBA DI R.A. SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 49/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 17/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Dedotto l’inadempimento della conduttrice Alba di R.A. s.n.c., la Marina di Cervia s.r.l. richiese la risoluzione di un contratto di locazione ad uso diverso, relativo ad alcuni locali commerciali siti all’interno dell’area portuale di (OMISSIS) (oggetto di concessione demaniale in favore della locatrice).

La conduttrice resistette alla domanda e richiese, in via riconvenzionale, il pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale in quanto il rapporto era cessato in conseguenza del diniego di rinnovazione alla prima scadenza comunicatole dalla locatrice.

Il Tribunale di Ravenna rigettò le richieste della Marina di Cervia, accogliendo invece la domanda riconvenzionale e compensando parzialmente le spese di lite.

La Corte di Appello di Bologna ha rigettato il gravame proposto dalla Marina di Cervia, mentre ha accolto l’appello incidentale della società Alba in punto di spese di lite, escludendone la parziale compensazione disposta in primo grado.

Ricorre per cassazione la Marina di Cervia s.r.l., affidandosi a due motivi; l’intimata non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo (“violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5”), la ricorrente impugna la sentenza in quanto “completamente priva di motivazione”: assume che “nel corpo della sentenza, stigmatizzata in dieci righi, nonvengono minimamente accennati i presupposti di fatto e di diritto che hanno indotto i Giudici di secondo grado a confermare quanto disposto in primo grado”, così determinandosi “una chiara e inequivocabile violazione dell’obbligo motivazionale”.

1.1. Il motivo (che, nonostante la generica titolazione, deve intendersi proposto ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis) è infondato.

Premesso che “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali” e che “tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Cass., S.U. n. 8053/2014), deve ritenersi che una siffatta “anomalia” non ricorra nel caso di specie, atteso che la sentenza dà ampio e coerente conto (a pagg. 4 e 5) delle ragioni per cui ha ritenuto di fare proprie le valutazioni del primo giudice.

Del tutto inammissibile -in difetto della trascrizione dei motivi di appello che non avrebbero avuto risposta (cfr. Cass. n. 86/2012)è poi l’ulteriore doglianza svolta nell’ambito dell’illustrazione del motivo, laddove la ricorrente afferma che “si può sostenere senza timore di smentita che i Giudici che hanno pronunciato la sentenza impugnata sono incorsi una ipotesi di omessa pronuncia rispetto alle censure formulate in appello”.

2. Col secondo motivo (“violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”), si assume che “anche se per assurdo si volesse ritenere che la Corte di Appello avesse voluto motivare per relationem la sentenza impugnata… pure la pronuncia di primo grado deve ritenersi poco o male motivata”.

Fatta questa premessa, la ricorrente passa a evidenziare l’erroneità delle valutazioni compiute dal primo giudice (segnatamente in punto di esclusione della gravità dell’inadempimento da parte della conduttrice) alla luce del tenore delle previsioni contrattuali (artt. 5, 6, 7 e 8), concludendo che una corretta applicazione del contratto e una compiuta valutazione della natura e dell’entità dei pregiudizi subiti dalla locatrice a seguito dell’inadempimento della conduttrice avrebbero dovuto comportare un diverso esito della lite.

2.1. Il motivo è, sotto più profili, inammissibile.

Innanzitutto, nella parte in cui censura la sentenza di primo grado anzichè quella di appello (cfr. Cass. n. 2607/1999).

Inoltre, perchè basa le doglianze sul contenuto delle clausole del contratto di locazione, senza trascriverne il contenuto e senza fornire indicazioni necessarie a consentire il reperimento dell’atto nell’ambito dei fascicoli processuali (in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 6).

Infine, perchè non individua le norme di diritto che sarebbero state violate e risulta volto – nella sostanza – a sollecitare un non consentito diverso apprezzamento dei fatti.

3. In difetto di attività difensiva da parte dell’intimata, non deve provvedersi sulle spese di lite.

4. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso. Nulla per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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