Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21457 del 15/09/2017

Cassazione civile, sez. II, 15/09/2017, (ud. 16/05/2017, dep.15/09/2017),  n. 21457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23223 – 2014 R.G. proposto da:

R.G., – c.f. (OMISSIS) – C.V. – c.f. (OMISSIS) –

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del

ricorso dall’avvocato Angelo Lorenzon ed elettivamente domiciliati

in Roma, al viale G. Mazzini, n. 13, presso lo studio dell’avvocato

Maria Cristina Calamani;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2749 dei 15.10/14.11.2013 della corte

d’appello di Venezia;

udita la relazione nella camera di consiglio del 16 maggio 2017 del

consigliere dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto in data 4.7.2003 R.G. e C.V. citavano il condominio (OMISSIS), ove erano ubicati l’appartamento ed il posto – auto di loro proprietà, a comparire dinanzi al tribunale di Venezia, sezione distaccata di San Donà di Piave.

Esponevano che l’assemblea condominiale straordinaria tenutasi il 6.6.2003 aveva respinto la loro richiesta di autorizzazione al distacco del proprio appartamento dall’impianto di riscaldamento centralizzato.

Chiedevano annullarsi o dichiararsi l’invalidità della deliberazione, accertarsi la legittimità dell’operato distacco e disporsi la loro esclusione dal riparto delle spese relative al consumo d’acqua calda ed all’uso del riscaldamento centralizzato.

Si costituiva il condominio. Instava per il rigetto delle avverse domande.

Assunte le prove articolate, espletata c.t.u., con sentenza n. 411/2010 il tribunale rigettava ogni domanda e condannava gli attori alle spese.

Interponevano appello R.G. e C.V..

Resisteva il condominio.

Con sentenza n. 2749 dei 15.10/14.11.2013 la corte d’appello di Venezia rigettava il gravame e condannava in solido gli appellanti alle spese del grado.

Premetteva la corte che il distacco operato dagli appellanti, così come aveva chiarito il c.t.u., non aveva riguardato le parti comuni dell’edificio e nondimeno l’impianto centralizzato era da considerare come un unicum rispetto al distacco individuale.

Indi evidenziava che nel caso di specie l’incidenza funzionale era senza dubbio concreta alla stregua dei rilievi del consulente d’ufficio.

Evidenziava pertanto che l’impugnata delibera era senz’altro legittima e che “alla luce delle indicate conseguenze sull’impianto centralizzato, (…) l’intervento in questione si (era) sostanziato in una innovazione sull’impianto centralizzato stesso” (così sentenza d’appello, pag. 9).

Avverso tale sentenza R.G. e C.V. hanno proposto ricorso; ne hanno chiesto sulla scorta quattro motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

Il condominio (OMISSIS) non ha svolto difese.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la errata o falsa applicazione degli artt. 1102,1117 e 1121 c.c..

Deducono che ha errato la corte di merito a reputare che il distacco del loro appartamento dall’impianto di riscaldamento centralizzato “costituisse una innovazione sulle parti comuni condominiali” (così ricorso, pag. 8).

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la contraddittorietà della motivazione.

Deducono che la corte distrettuale ha dapprima rilevato che il distacco non comportava alcuna modifica per le cose comuni, indi, contraddittoriamente, ha assunto che “il distacco integra una innovazione ex art. 1121 c.c. perchè incidente sulla funzione comune dell’impianto centralizzato di riscaldamento” (così ricorso, pag. 11).

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Deducono che la corte territoriale “ha completamente omesso di considerare che il c.t.u. (…) aveva espressamente rilevato che il distacco (…) non aveva fisicamente causato danni e aggravi di costi all’impianto centralizzato di riscaldamento” (così ricorso, pagg. 12 – 13); che nelle decisioni di primo e secondo grado “manca qualsiasi riferimento a tale fondamentale circostanza” (così ricorso, pag. 13).

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano il vizio di motivazione apparente o insufficiente.

Deducono che la penalizzazione del confort degli appartamenti limitrofi – affermata dal c.t.u. – non equivale allo squilibrio termico dell’intero condominio e quindi è del tutto irrilevante ai fini del decidere; si tratta al più di un inconveniente che i soli condomini confinanti sono abilitati a far valere.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono strettamente connessi.

Il che ne suggerisce l’esame contestuale.

Ambedue i motivi in ogni caso sono destituiti di fondamento.

Si rappresenta innanzitutto che, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, la corte d’appello non è incorsa in alcuna contraddizione.

Più esattamente la corte veneziana sulla scorta degli esiti della disposta consulenza d’ufficio ha, per un verso, negato qualsivoglia incidenza strutturale dell’operato distacco sull’impianto centralizzato di riscaldamento, tant’è che ha specificato che in nessun modo era stato violato l’art. 1122 c.c. ovvero che non vi era stato alcun materiale pregiudizio per le “tubazioni comuni”; ha, per altro verso, affermato (dopo aver premesso in linea di principio che “ogni intervento sulla parte di impianto considerata proprietà individuale è destinata, inevitabilmente, a incidere sulla funzione comune di riscaldamento propria dell’impianto”: così sentenza d’appello, pag. 8) che il “distacco” dei ricorrenti aveva viceversa inciso sulla efficienza funzionale dell’impianto centralizzato.

In tali ultimi termini deve perciò essere intesa e recepita l’affermazione della corte di merito secondo cui l’operato distacco si era risolto in una innovazione incidente sull’impianto centralizzato, “praticabile solo nel rispetto dell’art. 1120 c.c. e, nel caso in esame, previa delibera assembleare ex art. 3 del regolamento condominiale” (così sentenza d’appello, pag. 9; a norma dell’art. 1120 c.c., comma 2 “sono vietate le innovazioni che (…) rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”).

Tanto beninteso a prescindere dall’ulteriore considerazione per cui al cospetto della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1m n. 5 applicabile ratione temporis al caso di specie (la sentenza impugnata è stata depositata in data 14.11.2013), non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4 (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).

Il terzo ed il quarto motivo di ricorso del pari sono strettamente correlati. Il che ne giustifica l’esame congiunto.

Entrambi i motivi comunque sono privi di fondamento.

Si ribadisce che i vizi motivazionali addotti con i motivi de quibus agitur rilevano nei limiti della novella formulazione dell’art. 360 cv.p.c., comma 1, n. 5 e conseguentemente nei termini enunciati dalle sezioni unite di questa Corte con la pronuncia n. 8053 del 7.4.2014.

In quest’ottica si osserva ulteriormente quanto segue.

Da un canto, che è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testè menzionata, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – il giudice di secondo grado ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo (“il c.t.u. ha precisato che (…) l’intervento (…) ha, però, penalizzato il comfort degli appartamenti limitrofi che (…) avranno una maggiore superficie disperdente”: così sentenza d’appello, pag. 8; “il consulente ha precisato che il distacco dall’impianto centralizzato non avrebbe comportato alcun aggravio di costo al condominio solo nel caso in cui gli attori avessero continuato a versare la propria quota millesimale sia relativa alle spese di manutenzione che a quelle di gestione e soprattutto di consumo”: così sentenza d’appello, pag. 8).

Dall’altro, che la corte territoriale ha sicuramente disaminato il fatto decisivo caratterizzante la res litigiosa.

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di Venezia risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico – formale.

Ciò viepiù se si tiene conto che i ricorrenti censurano l’asserita distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa ed in particolare della c.t.u. (solo nell’evenienza “in cui l’appartamento dei coniugi R. fosse rimasto completamente privo di riscaldamento, (…) a detta del c.t.u., gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto contribuire alle spese di manutenzione di gestione e di consumo per evitare al condominio ogni aggravio di costo”: così ricorso, pag. 13; “la penalizzazione del confort era del tutto irrilevante ed inconferente ai fini del decidere”: così ricorso, pag. 16).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

Il condominio controricorrente non ha svolto difese. Nessuna statuizione pertanto va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

Il ricorso è datato 23.9.2014. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis cit..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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