Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21453 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21453 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA
sul ricorso 29649-2008 proposto da:
BARILLA’ GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli
avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,
che lo rappresentaNe difendOtwunitamente

all’avvocato

QUERO GIULIO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2252

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
é

80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

Data pubblicazione: 19/09/2013

FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,
rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
ALESSANDRO, NICOLA VALENTE, SERGIO PREDEN, giusta
delega/in atti;

400/2008 della CORTE D’APPELLO

di REGGIO CALABRIA, depositata

il 22/05/2008

r.g.n.

203/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

20/06/2013

dal Consigliere Dott. DANIELA

BLASUTTO;
udito l’Avvocato SANGERMANO FRANCESCO per delega
SCOGNAMIGLIO RENATO;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA per delega PREDEN
SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO ) che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

controricorrente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22 aprile 2008 la Corte di appello di
riformava la sentenza di primo grado che aveva accertato
l’irripetibilità dei ratei della pensione di invalidità
erroneamente erogati dall’Istituto dopo il decesso della
titolare, Scaramuzzino Carmela, coniuge del ricorrente
Barillà Giuseppe. Le somme, già accreditate sul conto
corrente bancario cointestato ai due coniugi, erano state
oggetto di recupero da parte dell’Istituto mediante
trattenute sulla pensione di reversibilità erogata al
Barillà. Osservava la Corte di appello che, mancando
radicalmente il diritto alla prestazione in capo al
ricorrente, la prestazione era ripetibile ex art. 2033 cod.
civ., non trovando applicazione la disciplina dell’indebito
previdenziale di cui all’art. 52 legge n. 88/89.
Avverso tale sentenza Barillà Giuseppe propone ricorso per
cassazione affidato a due motivi e illustrato con successiva
memoria ex art. art. 378 cod. proc. civ..
Resiste con controricorso l’INPS.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione
e falsa applicazione della legge 9 marzo 1988 n. 89, art. 52,
e della legge 30 dicembre 1991 n. 412, art. 13, censura la
sentenza per non avere debitamente considerato che tali
disposizioni non distinguono l’indebito pensionistico in
ragione del motivo della erogazione indebita, se cioè essa

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Udienza del 20 giugno 2013
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Reggio Calabria, accogliendo l’appello proposto dall’INPS,

sia avvenuta per carenza di un requisito costitutivo o per
difetto radicale del diritto alla prestazione.
Il ricorrente sostiene che non era tenuto ad effettuare
dell’avvenuto decesso della moglie; che nessun dolo era
ravvisabile per omessa o incompleta segnalazione di fatti
rilevanti a norma dell’art. 13 legge n. 412 del 1991; che
l’indebita erogazione di somme non dovute era imputabile
unicamente all’Istituto, che aveva continuato il pagamento
pur essendo stato reso edotto della inesistenza in vita della
titolare del trattamento pensionistico.
Il secondo motivo denuncia carenza di motivazione su un
fatto controverso e decisivo, consistente nell’assenza di
dolo del percettore (art. 360 cod. proc. civ., n.5), avendo
il ricorrente adempiuto tutti gli obblighi di informazione
riguardanti il decesso della moglie e non avendo posto in
essere alcun atto fraudolento suscettibile di trarre in
inganno l’ente erogatore, come poteva desumersi dai documenti
prodotti, che la sentenza impugnata aveva omesso di
esaminare.
I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente,
vertendo su questioni di fatto e di diritto tra loro
connesse, sono infondati.
La Corte di appello ha richiamato, a sostegno della
soluzione adottata, la sentenza di questa Corte del 23
agosto 2003 n. 12406, la quale ha affermato il principio
secondo cui, qualora sia stata indebitamente corrisposta, per
errore di persona, una prestazione assistenziale che il
percettore non abbia mai richiesto ed alla quale non abbia

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ulteriori comunicazioni una volta informato l’INPS

diritto, le somme indebitamente percepite sono ripetibili
sulla base della ordinaria disciplina codicistica dettata
dall’art. 2033 cod. civ., mancando la ratio per applicarsi,
in questo caso, il principio di settore di necessaria tutela
indebita.
Al caso della erogazione indebita per errore di persona è
accomunabile, per eadem ratio,

quello oggetto del presente

giudizio in cui l’errore ha riguardato la corresponsione di
ratei in favore di persona deceduta. In entrambe le ipotesi
si è trattato di erogazioni di somme estranee ad un rapporto
previdenziale facente capo al percettore e tale situazione
colloca l’indebito al di fuori dell’alveo della disciplina di
settore, riconducendolo in quella comune di cui all’art. 2033
cod. civ..
La disciplina dell’indebito previdenziale ha carattere
speciale rispetto al regime ordinario dell’art. 2033 cod.
civ., in quanto diretta ad approntare una tutela idonea in
favore di chi abbia “in buona fede” percepito le prestazioni.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 431 del 1993 ha
affermato che nel quadro della disciplina delle pensioni e
del pari in quello delle pensioni private gestite dall’INPS
si è affermato ed è venuto via via consolidandosi un
principio di settore, secondo il quale – in luogo della
generale regola codicistica di incondizionata ripetibilità
dell’indebito (art. 2033 c.c.) – trova applicazione la
diversa regola, propria di tale sottosistema, che esclude
viceversa la ripetizione in presenza di una situazione di
fatto avente come minimo comun denominatore la non
addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta.
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Barillà Giuseppe c/1NPS

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A3

del percettore in buona fede della prestazione assistenziale

Tale regola, tuttavia, vive nell’ordinamento positivo in
forme e con articolazioni differenziate e variamente
modulate, in senso sincronico oltreché diacronico. Ed infatti
l’elemento soggettivo, riferito al percipiente, che preclude
dell’indebito, varia dalla previsione, in negativo, della
mancanza di dolo (v. artt. 80 r.d. 1422/1924, 52, 55, 1.
88/1989; 13, 1. 412/1991) alla prescrizione, in positivo,
della buona fede (art. 11, l. 656/1986). Inoltre, alcune
volte si richiede (art. 13, 1. 412/1991), altre no, che la
erogazione indebita – e in alcuni casi anche la sua
constatazione (art. 3, 1. 428/1985) – siano consacrati in un
provvedimento formale; di questo poi presupponendosi (art.
13, l. 412/1991), o non, la comunicazione all’interessato.
Per di più, in talune ipotesi lo ‘ius retentionis’ del
percipiente è subordinato anche alla non dipendenza
dell’erogazione indebita dalla inosservanza di un suo obbligo
di comunicazione (artt. 11, 1. 656/1986; 13, 1. 412/1991),
con ulteriore limitazione, in un caso, ai soli fatti che non
siano già di per sé conosciuti dall’ente erogante (art. 13,
1. 412/1991).
Il Giudice delle leggi ha poi osservato che al principio
di settore in questione, in funzione di essenziali esigenze
di vita della parte più debole del rapporto – che verrebbero
ad essere contraddette da una indiscriminata ripetibilità di
prestazioni ‘naturali -Ler’ già consumate in correlazione, e
nei limiti, della loro destinazione alimentare – l’art. 38
Cost. assicura una garanzia costituzionale.
Il

fondamento

costituzionale

dell’esclusione

della

ripetizione in funzione della tutela delle essenziali

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l’applicazione della regola codicistica di ripetibilità

esigenze di vita dell’assicurato o del pensionato – e che
sottrae alla indiscriminata ripetibilità le prestazioni
‘naturaliter’ già consumate in correlazione alla loro
destinazione alimentare – non è ravvisabile laddove
rapporto previdenziale o assistenziale facente capo al
percettore.
Come

evidenziato nella sentenza n. 12406 del 2003, la

regola della irripetibilità, che presenta, come minimo comune
denominatore, la non addebitabilità al percipiente della
erogazione non dovuta, esige pur sempre che “il percettore
abbia fatto ingresso nel singolo settore di protezione
sociale individuato dalla specifica prestazione” della cui
ripetibilità si controverte ed all’interno del quale è
identificabile il principio regolato dagli artt. 52, secondo
comma, legge n. 88/89 e 13 legge n. 412/91 ed oggi è l’art.
1, coma 266, 1. n. 662 del 1996. “Se viceversa il percettore
rimane estraneo ad esso, non opera più quella

ratio

unificante sottesa alla disciplina speciale di settore”
(sent. cit., in motivazione).
Come nel caso esaminato nel richiamato precedente, in cui
la ragione dell’indebito consisteva in un errore di
identificazione della persona beneficiaria della prestazione
(in quel caso, di un beneficio assistenziale), del pari nella
presente controversia l’attuale ricorrente era totalmente
estraneo al rapporto previdenziale da cui era scaturita
l’erogazione indebita, facendo questo capo alla moglie.
L’elemento di collegamento era dato da un fattore estrinseco
al rapporto previdenziale ed era costituito dalla
contitolarità del conto corrente bancario nel quale erano

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l’erogazione non sia in alcun modo riconducibile ad un

stati accreditati i ratei della pensione di invalidità, di
talché la prestazione erogata in favore della pensionata
deceduta era stata percepita dall’attuale ricorrente,
peraltro fruitore della pensione di reversibilità nello

Già in precedenza questa Corte aveva affermato (Cass. 23
maggio 1998 n. 5167) che trova applicazione non già la
speciale disciplina dell’indebito previdenziale, bensì
l’ordinaria disciplina dell’indebito civile nell’ipotesi in
cui l’INPS abbia annullato la posizione assicurativa in
ragione dell’accertamento definitivo (con efficacia di cosa
giudicata) dell’insussistenza del rapporto di lavoro
subordinato al quale tale posizione assicurativa si riferiva.
E’ stato così osservato che la questione non si pone in
termini di applicazione dell’art. 52 legge n. 88 del 1989 in
quanto questa disposizione, al pari di quelle successive
intervenute in materia, presuppone “una indebita erogazione
in relazione ad un rapporto pensionistico reale…”, mentre
l’inesistenza di un rapporto pensionistico, comporta
l’applicazione della disciplina ordinaria di cui all’art.
2033 c.c., propria dell’indebito oggettivo, trattandosi di
pagamento effettuato senza titolo, che colui che lo ha fatto
ha diritto di ripetere (v. sent. citata, 23 maggio 1998 n.
5167).
In tutte le situazioni sopra esaminate non si radica
quell’esigenza speciale, di tutela del percettore in buona
fede di una prestazione previdenziale indebita, richiamata
dalla Corte Costituzionale.

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stesso periodo.

Questo Collegio è consapevole del precedente difforme
costituito da Cass. 16 maggio 2013 n. 11922, nel quale si
osserva che l’esclusione della ripetizione dell’indebito
stabilita dalla legge speciale riguarda “tutti i soggetti che
(sempre che sussistano le condizioni di reddito). Questa
espressione non consentirebbe all’interprete di distinguere
tra diverse fattispecie di indebito.
L’osservazione non è tuttavia persuasiva giacché è la
stessa ratio legis che impone di distinguere. Il legislatore
speciale ha voluto proteggere, assicurando la conservazione
della somma percepita, solo i soggetti astrattamente titolari
di un certo credito previdenziale ma in concreto privi del
diritto, in tutto o in parte, per mancanza di uno o più
elementi costitutivi, come è dimostrato tra l’altro dal
riferimento al reddito complessivo, che s’intende aggiunto al
titolo pensionistico astrattamente idoneo.
La contraria tesi permetterebbe la definitiva attribuzione
di somme a persone del tutto estranee al sistema
pensionistico, il che non corrisponderebbe al canone di
ragionevolezza espresso dal capoverso dell’art. 3 Cost..
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di
legittimità, trovando applicazione ratione temporis il regime
della irripetibilità di cui all’art. 152 disp. att. cod.
proc. civ., nel testo anteriore alle modifiche apportate
dall’art. 42 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv., con
modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326.

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hanno percepito prestazioni pensionistiche indebitamente”

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente
giudizio.

Il Consigliere est.

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2013

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