Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21451 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. II, 06/10/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 06/10/2020), n.21451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21046/2019 proposto da:

K.B., rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA BELLINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI VERONA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1961/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 14/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

K.B. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a chiedere la protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa e la Commissione territoriale di Verona rigettò ogni richiesta.

Avverso detto provvedimento di reiezione il richiedente asilo propose opposizione avanti il Tribunale di Venezia, che respinse la stessa.

Avverso detta sentenza il K. interpose gravame avanti la Corte d’Appello di Venezia che, resistendo il Ministero degli Interni, rigettò l’impugnazione, osservando come il racconto fatto dal K. circa le ragioni che l’indussero ad allontanarsi dal suo Paese d’origine non era credibile, come le condizioni sociopolitiche della zona del Pakistan da cui proveniva non lumeggiavano situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa richiesta dalla norma D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 17 e come nemmeno concorrevano i requisiti specifici per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Avverso detta sentenza il K. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso spiegato da K.B. s’appalesa siccome inammissibile.

Con il primo mezzo d’impugnazione proposto si denunzia violazione delle regole giuridiche che disciplinano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria, poichè la Corte lagunare non ha proceduto ad alcun approfondimento istruttorio officioso circa la situazione interna sociopolitica esistente attualmente in Pakistan e malamente ritenuto che il richiedente asilo non credibile circa le ragioni del suo espatrio.

Con la seconda doglianza si lamenta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e vizio di motivazione sempre in relazione alla mancata attivazione officiosa di richiesta di informazioni circa la situazione socio-politica interna del Pakistan in relazione alla situazione specifica soggettiva del ricorrente.

Con la terza ragione di doglianza si deduce la violazione del principio di non refoulement siccome stabilito dall’art. 3 CEDU ed art. 33 Convenzione di Ginevra. Deve,in limine, la Corte osservare come il proposto ricorso non rispetti la disposizione ex art. 366 c.p.c., n. 3, posto che nello stesso risulta non osservato in modo assoluto il requisito della prescritta sommaria esposizione dei fatti di causa – Cass. Su n. 22575/19, Cass. Sez. 3 n. 1075/05 -.

Difatti nel ricorso proposto, subito dopo l’indicazione del provvedimento oggetto d’impugnazione, risultano riportate le ragioni giuridiche poste a fondamento dell’impugnazione senza una seppur succinta esposizione dei fatti di causa e dello svolgimento dei precedenti due gradi di giudizio, sui quali vengono ad innestarsi le ragioni giuridiche svolte, esposizione che, per altro,nemmeno è dato ritrovare, in modo chiaro, esposta nel corpo delle ragioni di censura portate al provvedimento impugnato – Cass. Sez. 3 n. 17036/18 -.

Il rilevato difetto risulta positivamente sanzionato con l’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., declaratoria che dunque questa Corte deve adottare nella specie.

Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del K. alla rifusione verso l’Amministrazione costituita delle spese di questo giudizio di legittimità, tassate in Euro 2.100,00 oltre spese annotate a debito.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna K.B. a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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