Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2145 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 12/07/2018, dep. 25/01/2019), n.2145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. MIGLIO Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1348/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

FC Internazionale Milano s.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Leo, come da

procura speciale in calce al controricorso, elettivamente

domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Giuseppe Avezzana n.

45;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 149/30/2010, depositata il 22 novembre 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 luglio

2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della FC Internazionale Milano s.p.a., con riferimento all’anno 2001, rettificando il valore della produzione ai fini Irap, elevandolo da un valore negativo Euro 40.205.406,00 ad Euro 62.197.456,00, riprendendo a tassazione plusvalenze non dichiarate per Euro 102.402.862,00, ed accertando, ai fini Irpeg ed Irap, la esposizione in dichiarazione di minusvalenze non deducibili per Euro 270.000,00. Le plusvalenze derivavano dalla cessione dei contratti relativi alle prestazioni sportive dei calciatori della società, costituenti oggetto della gestione ordinaria delle società sportive, con recupero dell’imponibile ai fini Irap, ai sensi del D.Lgs. 446 del 1997, art. 11, comma 3, non potendosi condividere la contabilizzazione in bilancio nella voce del conto economico E 20 tra i proventi e gli oneri straordinari. Trattavasi, invece, di cessione del contratto avente ad oggetto il diritto alla prestazione esclusiva del calciatore per la durata del contratto. Quanto alle minusvalenze il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 66, all’epoca vigente, consentiva la deducibilità delle stesse solo se “realizzate” ai sensi dell’art. 54, quindi mediante “cessione a titolo oneroso”, mentre nella specie le stesse derivavano dalla cessione senza corrispettivo di alcuni contratti relativi a prestazioni sportive di altri calciatori.

2. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso in relazione alle plusvalenze, riteneva non applicabili le sanzioni, stante l’obiettiva incertezza sull’ambito di applicazione della norma, ed accoglieva il ricorso quanto alle minusvalenze.

3. La Commissione tributaria regionale, rilevava la formazione del giudicato in ordine alle minusvalenze, rigettava l’appello proposto dalla società per le plusvalenze, e quello proposto dalla Agenzia delle entrate in ordine alle sanzioni (ritenute non applicabili dalla Commissione provinciale). Rilevava che, quanto alle plusvalenze, il contratto tra le due società sportive aveva ad oggetto il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione sportiva del calciatore. Il contratto era considerato come un bene, in quanto contenente un diritto con conseguenti vantaggi ai quali era legato il corrispettivo pagato. Veniva rigettato l’appello della Agenzia delle entrate per l’avvenuto annullamento delle sanzioni, avendo la società seguito le indicazione della Federazione Italiana Gioco Calcio.

4. Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

5. Resisteva con controricorso la società, proponendo ricorso incidentale.

6. La società depositava memoria scritta.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un unico motivo di ricorso principale l’Agenzia delle entrate deduce “in relazione all’art. 360, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2”, in quanto non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, non sussistendo l’ipotesi della incertezza obiettiva della normativa in materia.

2. Con un unico motivo di ricorso incidentale la società si duole della “violazione e falsa applicazione – a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (in tema…di violazione e falsa applicazione di norme di diritto) e n. 5 (in tema di contraddittoria motivazione) – del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, commi 3 e 4,…in combinato disposto alla legge n. 91 del 1981, art. 3,comma 1, art. 4, comma 1, e art. 5, commi 1 e 2”. In particolare, la società deduce che nella specie non v’è stato il trasferimento di un bene o diritto reale, idoneo ad ingenerare plusvalenza, nè la cessione di un autonomo diritto di esclusiva. I beni immateriali presuppongono, poi, un contenuto di realità e di assolutezza, non rinvenibile nella specie, nè la cessione del contratto attiene alla gestione “ordinaria” delle società sportive.

3.1. I due motivi, relativi al ricorso principale ed a quello incidentale, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione, sono entrambi infondati.

3.2. Quanto al merito, risulta preliminare l’esame sulla natura di plusvalenza, rilevante ai fini Irap, dei corrispettivi ricevuti dalla società sportiva per la cessione del contratto dei calciatori.

3.3. Prima della legge n. 91 del 1981, l’atleta professionista era legato alla società sportiva, oltre che dal contratto di prestazione sportiva, anche dal “vincolo sportivo”, che costituiva un rapporto autonomo e distinto, in base al quale la società acquisiva il diritto, esclusivo ed alienabile a terzi, all’utilizzo dell’atleta per l’intera durata della sua carriera sportiva.

3.4. La legge n. 91 del 1981 ha regolamentato in modo diverso la materia, prevedendo, all’art. 3, che “la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge”. L’articolo suddetto disciplina il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso, che si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive.

L’art. 5, comma 2, prevede poi che “è ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un’altra, purchè vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali”.

3.5. Il D.Lgs. 446 del 1997, art. 11, comma 3, all’epoca vigente, dispone che “Ai fini della determinazione della base imponibile di cui agli artt. 5, 6 e 7 concorrono….in ogni caso, le plusvalenze e le minusvalenze relative a beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda”.

4. La Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC), nell’interpretare la L. n. 91 del 1981, art. 5, comma 2, ha ritenuto che tale fattispecie si configurasse come una commissione di tre atti distinti: l’accordo tra le due società sportive e l’atleta per il trasferimento di questi; l’accordo tra le due società per la risoluzione anticipata del contratto di prestazione sportiva in essere; la stipulazione di un nuovo contratto tra l’atleta e la nuova società. Il corrispettivo versato dalla cessionaria, quindi, non ha come causa la cessione del contratto esistente, ma solo la sua anticipata cessazione. Il diritto a concludere un nuovo contratto, per quanto bene immateriale, non rientra tra quelli strumentali all’esercizio dell’attività sportiva. In assenza della stipulazione del nuovo contratto, questo diritto “non è suscettibile di alcuna autonoma funzione produttiva”, sicchè le somme pattuite non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali.

4.1. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 213 del 19-12-2001, ha, invece, optato per la diversa tesi della sussistenza della plusvalenza, in quanto trattasi di cessione del contratto, come del resto espressamente previsto alla L. n. 91 del 1981, art. 5, comma 2. Oggetto del contratto è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva per la durata del contratto stesso dietro corrispettivo. Il diritto all’utilizzo esclusivo deve essere considerato un bene immateriale strumentale. Trattasi di una immobilizzazione, in quanto non esaurisce la propria utilità in un solo esercizio, ma manifesta i suoi benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi, assimilabile ai beni immateriali, ammortizzabile ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 68. Pertanto, il compenso derivante dalla cessione del bene immateriale strumentale genera plusvalenza o minusvalenza. Il trasferimento di un calciatore rientra poi nella gestione ordinaria “accessoria” di una società sportiva. Nel conto economico di cui all’art. 2425 c.c. le plusvalenze vanno, quindi, indicate alla voce A n. 5 “altri ricavi e proventi”, non come proventi straordinari di cui alla voce del conto economico E 20. Il compenso va, allora, iscritto tra le immobilizzazioni materiali dello stato patrimoniale, alla voce BI 7.

5. La seconda tesi, sostenuta dalla Agenzia delle entrate, è stata ritenuta corretta dal Consiglio di Stato, nel parere n. 5285/2012 dell’11-12-2012, per il quale il contratto di lavoro degli atleti professionisti rappresenta un bene dotato di una autonoma utilità economica, sicchè è suscettibile di negoziazione, in quanto le prestazioni sportive oggetto del contratto possono essere sfruttate anche da altre società sportive.

6. La giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., 2 dicembre 2015, n. 24588) ha sostanzialmente riconosciuto la validità della interpretazione normativa fornita dal Consiglio di Stato, eliminando l’applicazione delle sanzioni, per condotte del contribuente anteriori all’11-12-2012, data di pubblicazione del parere del Consiglio di Stato, che ha eliminato i dubbi al riguardo.

Si è affermato, quindi, che, in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che costituisce causa di esenzione dalla responsabilità amministrativa tributaria, non sussiste in caso di divergenza tra l’indirizzo interpretativo seguito dall’Amministrazione finanziaria e le indicazioni fornite dall’associazione di categoria del contribuente, essendo necessaria la presenza di contrasti giurisprudenziali sull’oggetto della controversia. La Suprema Corte, dunque, proprio per la presenza di orientamenti giurisprudenziali non univoci sul punto nella giurisprudenza di merito, ha ritenuto la ricorrenza dell’incertezza normativa oggettiva e, dunque, dell’esimente, almeno fino al parere del Consiglio di Stato in data 11 dicembre 2012, in ordine all’interpretazione delle norme che regolano l’imponibilità, a fini IRAP, delle plusvalenze e minusvalenze generate dalla cessione di calciatori e diritti dì compartecipazione da parte delle società sportive professionistiche.

Si condividono, dunque, i principi affermati dalla Corte di cassazione, sicchè la doglianza sollevata non può essere condivisa.

7. Pertanto, va rigettato il ricorso incidentale proposto dalla società, in presenza di plusvalenze che incidono sul reddito della società sportiva cedente ai fini Irap.

Va rigettato anche il ricorso principale della Agenzia delle entrate, in quanto la cessione del contratto è avvenuta nel 2002, quindi prima del parere del Consiglio di Stato dell’11-12-2012.

8. La questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 446 del 1997, art. 11, comma 3, con riferimento alla tassazione delle plusvalenze (straordinarie) sollevata dalla società per violazione dell’art. 76 Cost., per eccesso di delega, in violazione dei principi di cui alla L. delega 23 dicembre 1996, n. 662, avendo allargato la base imponibile dell’irap anche alle plusvalenze straordinarie, è manifestamente infondata.

Anzitutto, si rileva che la questione è stata sollevata solo nelle ultime righe dell’ultima pagina del ricorso incidentale, senza adeguata specificazione ed indicazione delle ragioni dell’eccesso di delega, limitandosi la società a dedurre “di voler sospendere il giudizio…rimettendo i relativi atti alla Corte Costituzionale, in vista del necessario vaglio di costituzionalità relativo alla norma ospitata nel D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 3…E ciò, come si è diffusamente argomentato supra (ritrascrivendo una parte degli atti di causa, così da incorporarli e farne parte integrante di quello odierno), per la manifesta violazione dell’art. 76 della Carta Fondamentale, che impedisce ogni e qualsiasi intervento – da parte del legislatore delegato – inteso ad estendere la base imponibile ed il presupposto stesso dell’Irap”.

Inoltre, nella specie, non si verte in tema di plusvalenze “straordinarie”, ma di plusvalenze che derivano dalla gestione “ordinaria” della società sportiva, che si attua anche con la cessione dei contratti di prestazioni sportive, sicchè la questione risulta anche irrilevante.

Il trasferimento di un calciatore, infatti, è un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, rappresentando un evento collegato all’attività ordinaria della società sportiva, sicchè le plusvalenze derivanti dall’alienazione di immobilizzazioni, quando la cessione del bene costituisce un evento ordinario della gestione dell’impresa, fanno parte dei proventi ed oneri della gestione “ordinaria” accessoria. In tal modo, nel conto economico di cui all’art. 2425 c.c. le plusvalenza di questa tipologia vanno imputate alla voce “valore della produzione” A 5 “ricavi e proventi” e non alla voce E “proventi ed oneri”.

Pertanto, non v’è stata alcuna violazione del principio di delega per cui la determinazione della base imponibile deve avvenire “per le imprese diverse da quelle creditizie, finanziarie ed assicurative, sottraendo dal valore della produzione di cui alla lettera A) del primo comma dell’art. 2425 c.c. riguardante i criteri di redazione del conto economico…i costi della produzione”.

Peraltro, in numerose pronunce di legittimità si è affermato che la determinazione della base imponibile dell’i.r.a.p., ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 11, comma 3, (nel testo applicabile “ratione temporis”), comprende le minusvalenze e plusvalenze relative a beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda (Cass. Civ., 6 settembre 2013, n. 20533; Cass. Civ., 17 marzo 2010, n. 6462).

9. Stante la reciproca soccombenza le spese del giudizio di legittimità vanno compensate per intero tra le parti.

PQM

Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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