Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21448 del 19/08/2019

Cassazione civile sez. II, 19/08/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 19/08/2019), n.21448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9202/2015 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE

104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS,

rappresentata e difesa dagli avvocati ALBERTO LUMINOSO, ANGELO

LUMINOSO;

– ricorrente –

contro

S.S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MASSIMI N. 154, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CONTU,

rappresentato e difeso dall’avvocato MATILDE MURA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 123/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 26/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/03/2019 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Corte d’appello di Cagliari confermò la sentenza parziale di primo grado, la quale aveva dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione di M.G. al decreto ingiuntivo emesso in favore di S.P.S. e nei confronti dell’associazione Sardegna Progetti e Produzioni, in persona del suo legale rappresentante e di M.G. personalmente, sul presupposto che l’opponente avesse proposto tempestiva opposizione solo nel nome e per conto dell’associazione, nel mentre quella avanzata personalmente dalla M., con comparsa depositata il 29/10/2007, era da dirsi tardiva;

ritenuto che avverso la statuizione d’appello ricorre la M. sulla base di tre motivi e che il S. resiste con controricorso;

ritenuto che con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363, c.c., artt. 99,163,164 e 645 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che:

– la Corte locale aveva acceduto ad un’interpretazione formalistica della domanda, ingiustamente condizionata dalle parole utilizzate dalla parte;

– avrebbe dovuto, invece, tenere conto:

a) della nota d’iscrizione a ruolo, nella quale l’opponente era indicata come M.G.;

b) della citazione, nella quale più volte s’era fatto il nome della M. e, indistintamente, della Sardegna Progetti e Produzioni e delle conclusioni, formulate in nome e per conto della M.;

c) dell’intestazione della citazione nella quale il procuratore aveva dichiarato di agire in rappresentanza della “Sardegna Progetti e Produzioni di M.G. in persona dell’omonimo titolare”

d) dei successivi atti di causa (non specificati), nei quali il procuratore dell’opponente aveva sempre chiarito che l’opposizione era stata proposta dalla M.;

e) dalla procura alle liti, rilasciata anche a titolo personale;

f) dal non essere ragionevole che il difensore proponesse l’opposizione solo nell’interesse dell’associazione, lasciando che il decreto passasse in giudicato nei confronti della M.;

ritenuto che con il secondo motivo la M. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 156,157,163 e 164 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, poichè:

– la procura, priva di precisazione, doveva intendersi rilasciata nell’interesse dell’ente rappresentato e della persona fisica personalmente;

– i vizi della “della domanda o della procura” sono soggetti a sanatoria, nel rispetto del principio di conservazione;

– il giudice deve compiere una indagine diretta ad accertare l’effettiva volontà manifestata nell’atto, dovendosi preferire quell’interpretazione che salvaguardi il perseguimento dello scopo;

ritenuto che con il terzo motivo si allega l’omesso esame di fatti decisivi e controversi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, stante che l’opposizione avrebbe dovuto ritenersi proposta anche nell’interesse personale della ricorrente, ove si fosse tenuto conto:

– della nota d’iscrizione a ruolo;

– dell’esposizione delle ragioni in fatto e in diritto della citazione in opposizione (mai risulta essere stata menzionata l’associazione, mentre più volte la M.);

– dei successivi atti di causa;

– della circostanza che “in tutta l’espositiva dell’atto di citazione in opposizione si parla della opponente come la Signora M.G. e della Sardegna Progetti e Produzioni”.

– delle conclusioni formulate nell’atto di citazione, anche nell’interesse della M.;

considerato che, unitariamente esaminati gli esposti motivi, tra loro osmotici, il ricorso deve essere rigettato, valendo quanto appresso:

a) in primo luogo deve rilevarsi che la Corte locale ebbe a disattendere la pretesa della odierna ricorrente sulla base di più rationes decidendi, ritenendo, sia la tardività della prospettazione (settima pagina, penultimo periodo), che l’infondatezza nel merito; manca, però, una puntuale spendita impugnatoria della prima ratio (tardività della prospettazione), capace di reggere autonomamente la sentenza censurata, con la conseguenza che questa è divenuta intangibile e, pertanto, impermeabile al giudizio di cassazione (cfr., fra le tante, da ultimo, S.U., n. 7931 del 29/3/2013, Rv. 625631; Sez. L., n. 4293 del 4/3/2016, Rv. 639158);

b) in evidente contrasto con l’art. 360 c.p.c., n. 5, siccome novellato nel 2012, la ricorrente, lungi dall’evidenziare un fatto storico primario o secondario non esaminato, aspira ad un improprio riesame di merito (cfr., S.U. n. 8053, 7/4/2014), in presenza di motivazione niente affatto apparente a riguardo della questione sulla quale si controverte (la Corte locale chiarisce, alle pagg. 8 – 10, le ragioni per le quali l’atto d’opposizione era da attribuirsi all’associazione e non anche alla sua rappresentante in proprio, non mancando di vagliare i documenti sulla base dei quali si inferiva l’esistenza dell’associazione, di precisare che l’unica procura valida, cioè quella indicata nell’opposizione, risultava rilasciata dalla M. nella sua qualità di presidente dell’associazione, che non v’erano ragioni per ritenere che si fosse in presenza di una ditta o di un titolare individuale, risultando, al contrario, dalla stessa esposizione della citazione che l’attività promozionale era stata effettuata tramite l’associazione);

c) il richiamo al principio di interpretazione della domanda, in modo da assicurarne, ove possibile, il raggiungimento dello scopo, a parte ogni altra considerazione, non coglie nel segno, stante che qui non si tratta di verificare se a una certa prospettazione possa assegnarsi uno scopo, piuttosto che nessuno, ma, a monte, di attribuire la domanda giudiziale, oltre all’agente che appare, anche ad un terzo, che non appare;

d) il richiamo al principio di conservazione degli atti, in tema di sanatoria per raggiungimento dello scopo non è pertinente: qui, invero, non si tratta di apprezzare la non decisività di un vizio formale, ma, ben diversamente, di verificare se un certo soggetto abbia o non abbia agito;

e) di conseguenza deve affermarsi il seguente principio di diritto: “è con l’atto di citazione e, specularmente, con l’atto di costituzione, che la parte deve rendere nota e palese la propria legittimazione e, quindi, nel caso in cui sorga ragione per una pluralità di vesti (come nel caso di specie), quali dei ruoli intenda spendere e, se del caso, se tutti, di talchè, l’atto, cristallizzando la posizione, costituendo l’unica fonte sulla quale la controparte deve fare affidamento e in relazione alla quale calibra le proprie difese, non può integrarsi attraverso il ricorso ad elementi estrinseci, quali la nota d’iscrizione a ruolo o la procura”;

f) ovviamente, è appena il caso di soggiungere che la denunzia di violazione di legge non determina, per ciò stesso, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio giudiziale, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente;

considerato che spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, in favore del controricorrente siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2019

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