Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21448 del 17/10/2011
Cassazione civile sez. trib., 17/10/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 17/10/2011), n.21448
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21149-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
STORNARA SALUMI SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 131/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di BARI SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA del 23/3/08,
depositata il 27/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1.-Il 27 giugno 2008 la commissione tributaria pugliese, sezione staccata di Foggia, pronunziando su avviso d’accertamento per IRPEF/ILOR 1993 impugnato da Stornara Salumi S.r.l., ha accolto l’appello proposto dalla contribuente nei confronti dell’agenzia delle entrate, riformando la sfavorevole decisione di prime cure. Ha motivato la decisione ritenendo che l’ufficio non si fosse avvalso, nel recupero a tassazione, di presunzioni idonee e che, in particolare, non avesse dato prova delle pretese operazioni inesistenti.
2.-Con atto notificato il 24 settembre 2009 ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’amministrazione; la contribuente non si è costituita.
3.-La relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla parte ricorrente, che non ha depositato memoria nè ha presenziato all’odierna adunanza.
4.-Il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta inammissibilità del ricorso, per le ragioni sotto riportate:
4.1.-Si rileva su entrambi i motivi – riguardanti violazione di legge (art. 2697 c.c. e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39), l’uno, e vizio motivazionale, l’altro – che nel “quesito di diritto” e nel “momento di sintesi” si accenna a fatture e soprattutto a p.v.c. della G.d.F. asseritamente decisivi ai fini della corretta definizione della vertenza e trascurati o mal valutati dai giudici d’appello. Il ricorso, sul punto, pecca evidentemente di autosufficienza (art. 366 c.p.c.), atteso che la parte pubblica non indica la sede in cui detti documenti sarebbero rinvenibili, nè precisa i tempi e i modi in cui dette fonti sarebbero state introdotte nel giudizio di merito SU 2008/28547 e 2010/7161), nè provvede alla loro necessaria trascrizione quanto meno nelle parti salienti) così precludendo l’immediata delibazione della loro ammissibilità, rilevanza e decisività) cfr. Cass. 2011/11987.
4.2.-Inoltre, si rileva che, secondo la ricorrente, i giudici d’appello avrebbero trascurato, nella sintetica argomentazione svolta in sentenza, i dettagliati rilievi contenuti “nelle controdeduzioni di primo e secondo grado”. Per come sono formulati, i motivi di ricorso, e in particolare il secondo, si risolvono, dunque, in una non consentita istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione Cass. 2010/22298.
4.3.-Infine, si rileva che detto secondo motivo è intrinsecamente inammissibile anche per aver genericamente prospettato sul punto i vizi di “insufficienza, contraddittorietà e illogicità della motivazione”. Infatti, non è concepibile che una stessa motivazione, quanto allo stesso punto decisivo, sia contemporaneamente illogica – e quindi sostanzialmente omessa -, insufficiente e contraddittoria.
E’ palese, infatti, che i detti vizi – salvo che non investano distinte proposizioni contenute nella stessa sentenza, cioè diversi punti decisivi – non possono concorrere tra di loro, ma sono alternativi. Perciò è onere della parte ricorrente precisare quale sia – in concreto – il vero vizio della sentenza, non potendo tale scelta (a norma dell’art. 111 Cost. e del principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa alla Corte Cass. 2010/25127. Nulla di quanto necessario è riscontrabile nel caso di specie.
5.-Da ciò consegue, stante la sua manifesta inammissibilità, la reiezione del ricorso, senza alcuna ulteriore pronunzia in punto di spese non essendosi costituita la parte privata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2011