Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21445 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21445 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 24064-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAllINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1630

ROSSI

FABRIZIO

RSSFRZ73A17H501F,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 19/09/2013

difende giusta delega in atti;
controricorrente

avverso la sentenza n. 1157/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 30/10/2008 r.g.n. 1408/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

DI CERBO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto.

udienza del 09/0E/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO

24064.08

Udienza 9 maggio 2013

Pres. A. Lamorgese
Est. V. Di Cerbo

Sentenza

Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato
illegittimo il termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 20 ottobre 1997
stipulato da Poste Italiane s.p.a. con Fabrizio Rossi ed ha altresì dichiarato la
sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a partire dalla
data suddetta.
2. Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto; il lavoratore ha
resistito con controricorso.
3. Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.
4. Come si evince dalla sentenza impugnata Fabrizio Rossi è stato assunto con contratto a
termine protrattosi dal 20 ottobre 1997 al 31 gennaio 1998; tale contratto è stato
stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 ed in particolare in base alla
previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi
legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze eccezionali,
conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in
corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di
sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo
equilibrio sul territorio delle risorse umane.
5. La Corte di merito ha ritenuto l’illegittimità del termine apposto al suddetto contratto
sul presupposto che, anche nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi a norma
dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, fosse necessario che l’apposizione del termine
fosse stata giustificata da una specifica esigenza derivata dal processo di
ristrutturazione, eccezionale per la sua intrinseca divergenza rispetto ad un assetto
organizzativo stabilizzato e consolidato. Rilevato che nel caso di specie la società Poste
Italiane non aveva provato la riconducibilità dell’assunzione alle specifiche esigenze
eccezionali sopra citate, la Corte territoriale ha concluso per l’illegittimità del termine
apposto al contratto in esame benché ricadente in un periodo precedente la data del
30 aprile 1998.

3

La Corte

6. Con i primi tre motivi di ricorso Poste Italiane s.p.a. censura la suddetta statuizione
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987, degli
artt. 1 e 2 della legge n. 230 del 1962, e degli artt. 1362 e segg. cod. civ. (in tema di
interpretazione della disciplina collettiva applicabile al rapporto); deduce, in
particolare, che l’interpretazione data dalla Corte di merito si basa, in sostanza, su una
erronea interpretazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987 e delle norme collettive
che hanno disciplinato la fattispecie.
La censura è fondata.

8. Secondo l’insegnamento di questa Corte di cassazione (costantemente ribadito a
partire da Cass. 26 luglio 2004 n. 14011; Cass. 7 marzo 2005 n. 4862), specificamente
riferito ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo
25 settembre 1997, l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge
n. 56 del 1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a
quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di
considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro
idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico
limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine
rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla
necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze
aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero
di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro
di procedere ad assunzioni a tempo determinato.
9.

La Corte di merito ha deciso in palese violazione del suddetto principio di diritto; alla
base della motivazione della decisione è l’assunto, quanto meno implicito, secondo cui
non sarebbe consentito autorizzare un datore di lavoro ad avvalersi liberamente del
tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di
collegamento tra contratti ed esigenze aziendali cui sono strumentali; la sentenza,
quindi, si muove pur sempre nella prospettiva che il legislatore non abbia conferito
una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti
ricavabili dal sistema di cui all’art. 1 della legge n. 230 del 1962; ciò in contrasto con
quanto ripetutamente affermato da questa Corte Suprema e ribadito dalla sentenza
delle Sezioni Unite 2 marzo 2006 n. 4588. La Corte territoriale ha inoltre omesso di
valutare adeguatamente la circostanza che il contratto in esame era stato stipulato
prima del 30 aprile 1998, e quindi nell’ambito della soglia temporale fissata da appositi
accordi collettivi stipulati dopo l’accordo integrativo del 25 settembre 1997.

10. In relazione all’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso deve considerarsi assorbito
l’ultimo, col quale è stata censurata la statuizione della Corte di merito concernente le
conseguenze economiche derivanti dalla declaratoria di illegittimità del termine. Resta
inoltre assorbita ogni ulteriore questione connessa all’applicabilità al presente giudizio
dello ius superveniens costituito dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010, applicabilità
espressamente invocata da Poste Italiane s.p.a. nella memoria ex art. 378 cod. proc.
civ.

4

7.

11. La sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata in relazione ai motivi
accolti; poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, decidendo
nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigetta la domanda
della ricorrente in primo grado.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e, decidendo nekBerito, rigetta la domanda; compensa fra le
parti le spese dei giudizi di merito e condanna 4elavoratdke al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione liquidate in Euro 50 per esborsi ed Euro 3500 (tremilacinquecento) per
compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2013.

12. Trattandosi di controversia concernente una problematica sulla quale questa S.C. ha
espresso un orientamento assolutamente consolidato, si ritiene conforme a giustizia
compensare fra le parti le spese dei giudizi di merito e, in applicazione del criterio della
soccombenza, condannare la lavoratrice al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione liquidate come in dispositivo.

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