Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21442 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 21442 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 10728-2010 proposto da:
UVIGAL SPA 00228130167, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio
dell’avvocato PETRETTI ALESSIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SAPONARO MARIO;

contro

2013
1810

ricorrente

GILARDI

GOFFREDO

00559500160,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio
GIUSTINIANI

dell’avvocato
rappresenta

e

difende

GIOVANNI,
unitamente

che

lo

all’avvocato

Data pubblicazione: 19/09/2013

CHRISTIAN PONTI;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

924/2009 della CORTE D’APPELLO

di BRESCIA, depositata il 16/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
04/07/2013

dal Consigliere Dott. FELICE

MANNA;
udito l’Avvocato Alessio PETRETTI, difensore del
ricorrente che si riporta agli atti scritti ed
insiste sull’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

g

udienza del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Goffredo Gilardi, titolare della ditta omonima, proponeva opposizione al
decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Bergamo, su
ricorso della Uvigal s.p.a., per il pagamento della somma di lire 292.200.000,

macchinari usati per molini, che negava di aver mai ordinato.
Nel resistere in giudizio la società opposta deduceva che il contratto si era
perfezionato 1’8.7.1998, e che il successivo giorno 20 le parti avevano, altresì,
sottoscritto un ulteriore accordo relativo alle modalità con cui la ditta Gilardi
avrebbe dovuto eseguire lo smontaggio e il ritiro dei macchinari. Deduceva,
inoltre, che il Gilardi aveva versato un acconto di lire 75.000.000, ritirato solo
una parte dei macchinari e non rispettato le ulteriori scadenze di pagamento.
Il Tribunale accoglieva l’opposiLiune e revocava, pertanto, il decreto
opposto.
L’impugnazione proposta dalla Uvigal s.p.a. era respinta dalla Corte
d’appello di Brescia, che dichiarava altresì assorbito l’appello incidentale
condizionato proposto dal Gilardi.
Riteneva la Corte territoriale che l’atto datato 8.7.1998 indicava alcuni
macchinari non riconducibili, per la genericità della loro descrizione, a quelli
inclusi nelle fatture azionate in sede monitoria, e non conteneva parole come
vendita o acquisto o altre simili, idonee a contestualizzare la manifestazione
di una tale volontà negoziale. La scrittura del 20.7.1998, proseguiva la Corte
bresciana, contenzva a sua volta una presa d’atto (“con lettera a parte vengono
pattuiti i prezzi di cessione dei macchinari e i pagamenti relativi”), da cui si
desumeva che se l’accordo fosse stato concluso già 1’8.7.1998 non vi sarebbe
3

quale prezzo d’acquisto (giusta fatture nn. 5127/98, 5979/98 e 6057/98) di

stata l’esigenza di rinviare ad altro momento la pattuizione scritta del prezzo e
della tempistica del pagamento. Pertanto, la natura e la funzione dell’atto
dell’8.7.1998, concludeva la Corte distrettuale, era quella di una mera lettera
d’intenti o di una puntuazione, attestante le trattative in corso e le intese

ed univoco riscontro nel testo di entrambi documenti anzidetti.
Per la cassazione di tale sentenza la Uvigal s.p.a. propone ricorso affidato a
due motivi.
Goffredo Gilardi resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità dell’istanza di

interruzione del processo per morte di Goffredo Gilardi, presentata dai
difensori di quest’ultimo. L’istituto dell’interruzione del processo per uno
degli eventi previsti dagli artt. 299 e segg. c.p.c. è ignoto, infatti, al giudizio di
cassazione, che è dominato dall’impulso d’ufficio, di guisa che nel caso di
decesso della parte, anche se dichiarato dal difensore, questi può continuare
nella sua attività difensiva (cfr. Cass. nn. 22624/11, 12967/08, S.U. 14385/07,
1257/06 e 22394/04).
2. – Col primo motivo d’impugnazione parte ricorrente denuncia la
“violazione e falsa applicazione delle norme di diritto — omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio”.
Quindi ripercorre i fatti di causa e, segnatamente, deduce che tra le parti sono
intercorsi due distinti accordi: il primo formalizzato con l’ordine n. 98087 del
24.4.1998 (avente ad oggetto un paletizzatore FBC e una cubettatrice CSM,
per l’importo, interamente pagato, di 95 milioni di lire oltre IVA); il secondo
4

raggiunte su alcuni punti di un eventuale futuro contratto, trovando un diretto

corrispondente alle pattuizioni sottoscritte 1’8.7.1998 e poi formqlizzato con
scrittura del 20.7.1998 (avente ad oggetto la vendita di un molino a martelli
Robinson, una bilancia Stork, una batteria di quattro Silos, una caldaia
Italwals e un gruppo filtro Grespan, per un importo di lire 306.000.000, di cui

via monitoria).
3. – Col secondo mezzo, intitolato “erroneità della sentenza resa dalla Corte
d’appello per violazione dell’art. 360, n. 3) e n. 5), c.p.c.”, parte ricorrente
sostiene che la tesi fatta propria dalla Corte territoriale, secondo cui i
documenti datati 8.7.1998 e 20.7.1998 non costituirebbero un contratto
perfetto, ma delle lettere d’intenti, non è condivisibile. Tali documenti, ad
avviso di parte ricorrente, contengono tutti i necessari requisiti per configurare
un contratto valido ed efficace individuante con esattezza il proprio oggetto,
ossia i macchinari venduti e il loro prezzo. Prosegue, quindi, affermando che
“da qui, da un lato la violazione e/o falsa applicazione delle norme di legge da
parte della Corte, ed in particolare degli artt. 1325 e 1346 ss. c.c. (…).
Dall’altro la carenza e/o l’insufficienza e/o la contraddittorietà della
motivazione (…): se il Giudice di secondo grado avesse esaminato con la
dovuta attenzione i motivi di censura esposti dalla Uvigal, avrebbe accertato
come, per l’appunto, il contenuto degli scritti dell’8.7.98 e del 20.7.98
presentino tutti i presupposti di un vero e proprio accordo contrattuale”.
Il motivo prosegue, quindi, con l’esame dettagliato del documento in data
“7.8.98” (si badi, non “8.7.98”), sostenendo che esso, contrariamente a quanto
ritenuto dalla Corte territoriale, si riferisce ai macchinari di cui al documento
dell’8.7.1998 e alla scrittura del 20.7.1998; contesta che le cerchiature e le
5

75 milioni pagati, ed il resto oggetto della domanda proposta dalla Uvigal in

cancellazioni apposte sullo scritto dell’8.7.1998 suffraghino, come ritenuto
dalla Corte bresciana, l’ipotesi di mere trattative, ché le prime stavano invece
ad evidenziare ccmplicemente i macchinari già smontati e prelevati dal
Gilardi, e le seconde si riferivano alle modalità di pagamento inizialmente

medesimo documento in forma diversa.
Ancora, il motivo prosegue con l’esame della scrittura del 20.7.1998, e si
domanda perché mai il Gilardi si sarebbe impegnato a smontare i macchinari
di proprietà Uvigal, fissando anche una tempistica ben precisa e senza alcuna
remunerazione, se non li avesse già acquistati, sostenendo per giunta costi
significativi.
Contesta, inoltre, l’opinione espressa dalla Corte territoriale, secondo cui la
sequenza e l’ammontare dei bonifici effettuati dalla ditta Gilardi non
sarebbero risolutivi ai fini della controversia, dovendo prevalete, l’oggettivo
contenuto dei documenti più volte richiamati. Invece, deduce parte ricorrente,
tali pagamenti confermerebbero che il Gilardi ha versato degli acconti proprio
sulle fatture oggetto della procedura monitoria, ché egli non avrebbe avuto
motivo di pagare macchinari non acquistati.
La società ricorrente richiama, ancora, la deposizione del teste Gianfranco
Losa, che ha parlato di due accordi, uno dell’aprile del 1998, l’altro del luglio
dello stesso anno, per poi ribadire che i documenti in forza dei quali la Uvigal
ha emesso le fatture poste a base de’. ricorso per decreto ingiuntivo, ossia il
c.d. brogliaccio dell’8.7.98 e la successiva scrittura del 20.7.98 integrano un
contratto valido ed efficace.

6

redatta in conformità col primo accordo, e poi concordate e sottoscritte nel

Infine, quanto al presunto ordine del 7.8.1998, che la Corte territoriale ha
ritenuto essere il vero secondo contratto fra le parti (pacifico quello del mese
di aprile dello stesso anno), parte ricorrente sostiene che la sentenza
impugnata non ha tenuto conto di circostanze obiettive che comproverebbero

creditoria della -società Uvigal. Ciò, si sostiene, è dimostrato dalla lettera
raccomandata del 9.12.1998, (inviata solo dopo l’emissione delle tre fatture
azionate con ricorso per decreto ingiuntivo), con la quale il Gilardi sosteneva
che il macchinario Paglierani, per il suo cattivo stato di manutenzione, non
poteva essere valutato 60 milioni, ma al massimo 40 milioni. Il Gilardi non
avrebbe avuto necessità di specificare nel mese di dicembre del 1998 che il
prezzo poteva essere solo di 40 milioni se già l’ordine relativo a detto
macchinario riportava tale prezzo. Ciò dimostrerebbe che in realtà non esiste
alcun ordine del 7.7.1998.
4. – Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente per la loro comune
impostazione su temi esclusivamente di merito, sono inammissibili.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nell’affermare cne il vizio di
omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione
ai sensi dell’art. 360 n.5 c.p.c., sussiste solo quando nel ragionamento del
giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva
deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio
convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che
le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente
contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione
della ratio decidendi, e cioè l’idemiíicazione del procedimento logico 7

come tale ordine sia stato predisposto ad hoc per paralizzare la pretesa

giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi non possono
consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal
giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto
giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove,

istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (cfr. fra le
ante, Cass. nn. 6064/08, 18709/07 e 17076/07).
Nel caso specifico, la stessa parte ricorrente avverte la zecessità di
intitolare il secondo mezzo d’annullamento come “erroneità della sentenza”, a
significare la chiara volontà di proporre delle censure di puro merito, al di là e
al di fuori dei limiti fissati dall’art. 360 c.p.c., che fanno del ricorso per
cassazione un mezzo d’impugnazione a critica vincolata.
Entrambi i motivi in esame, lungi dall’individuare una crisi di logicità
interna alla motivazione della sentenza impugnata, segnalandone singoli e
specifici passaggi incongrui o intrinsecamente illogici, si pongono
deliberatamente all’esterno di essa, s ,, lgendo una dettagliata disamina della
documentazione prodotta in causa al fine di contrapporre all’apprezzamento
operatone dalla Corte territoriale uno diverso, conforme alle aspettative della
parte ricorrente. La confutazione della soluzione adottata dai giudici d’appello
è così affidata non già ad un ragionamento di pura logica giuridica, ma ad un
diverso apprezzamento dei fatti di causa, valutati e collegati altrimenti fra loro
al fine di proporne una lettura alternativa.

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controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze

L’indagine richiesta dalla parte ricorrente presuppone l’esame diretto dei
documenti, la lnro valutazione critica, il confronto fra gli stessi e le restanti
emergenze istruttorie e, infine, la scelta motivata, nel ricostruire i fatti di
causa, di una tra le soluzioni possibili. Attività, queste, la cui incompatibilità

richiede ulteriori argomentazioni.
Del resto, la sollecitazione di un rinnovato — quanto inammissibile, in
questa sede — sindacato di merito non è neppure dissimulata dalla parte
ricorrente, lì dove essa non esita ad esplicitare, in sintesi, che un più attento
esame dei motivi d’appello da parte della Corte distrettuale avrebbe condotto
ad una decisione di segno opposto.
5. – In conclusione il ricorso va respinto.
6. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la socco…benza della
parte ricorrente.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese, che
liquida in E 5.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 4.7.2013.

con il giudizio di cassazione, in base alla giurisprudenza sopra richiamata, non

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