Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21442 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.15/09/2017),  n. 21442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8734/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.M.P.;

– intimata –

avverso la decisione n. 1419/2012 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

MILANO, depositata il 23/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che D.M.P. presentava istanza di rimborso delle ritenute effettuate ai fini IRPEF nell’anno 1989 sull’indennità integrativa speciale ex lege n. 324 del 1959, dalla stessa percepita;

che avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.T.P. di Como, sostenendo che l’indennità in questione era esente da qualsiasi ritenuta;

che la decisione di accoglimento del ricorso emessa dalla commissione tributaria provinciale era confermata dalla C.T.R. della Lombardia;

che avverso la pronuncia del giudice di appello proponeva ricorso l’Ufficio dinanzi alla C.T.C., che, con sentenza del 23 marzo 2012, lo rigettava. Riteneva la Commissione che l’indennità integrativa speciale avesse una natura sui generis e che non costituisse una componente di reddito di lavoro dipendente, non rientrando nel concetto di retribuzione, ragion per cui non poteva essere sottoposta ad imposizione. Rilevava, inoltre, che la disciplina dettata dalla L. n. 324 del 1959, non era stata abrogata dal D.P.R n. 601 del 1973, art. 42; che contro la suddetta sentenza, l’Ufficio propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo;

che la contribuente non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 324 del 1959, D.P.R. n. 597 del 1973, art. 48 e del D.P.R n. 601 del 1973, art. 42;

che il ricorso è fondato, in quanto la sentenza impugnata si pone in aperto contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’indennità integrativa speciale, in quanto componente del reddito da lavoro dipendente, è assoggettata all’IRPEF, che, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 48, ha ad oggetto tutti i compensi ed emolumenti, comunque denominati, percepiti nel periodo d’imposta in dipendenza del lavoro prestato sotto qualsiasi forma ed a qualsiasi titolo, “anche di liberalità”, mentre, per contro, l’esenzione prevista dalla L. 27 maggio 1959, n. 324, art. 1, lett. e), è stata abrogata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (ex multis, Cass. civ. (ord.), sez. 6, 08-05-2014, n. 10028);

che il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata; che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente;

che le spese dei gradi di merito possono essere compensate tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

Condanna la contribuente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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