Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21441 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. I, 06/10/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 06/10/2020), n.21441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5616/2019 proposto da:

Q.H., rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA SCHERA, e

domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 10/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 14.8.2018 la ricorrente impugnava il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano con il quale era stata respinta la sua istanza volta ad ottenere la predetta tutela.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano rigettava il ricorso.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Q.H. affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato per manifesta illogicità e carenza della motivazione. In particolare, il Tribunale avrebbe scorrettamente apprezzato il contesto di persecuzione a sfondo religioso perpetrata dalle Autorità cinesi in danno degli appartenenti alle chiese protestanti.

La censura è inammissibile.

Il decreto dà atto che la ricorrente aveva dichiarato di aderire alla religione “Yin Xin Cheng Yi” e che l’unico effettivo trattamento discriminatorio lamentato dalla stessa era consistito nell’isolamento del figlio a scuola (cfr. pag. 8 del decreto impugnato). Inoltre, ha valorizzato la circostanza che mai alcun fermo o altra misura restrittiva era stata adottata nei confronti della richiedente dalle autorità locali, e ha da ciò ricavato la non plausibilità del racconto, anche alla luce delle informazioni tratte dalle fonti internazionali (cfr. pag. 9 del decreto), secondo cui “… i dati delle persone segnalate in quanto in connessione con la partecipazione ad incontri religiosi proibiti vengono classificati e raccolti in un database accessibile a tutti gli apparati di sicurezza”. Rispetto a tale motivazione la ricorrente non contrappone alcun elemento concreto idoneo a dimostrare che il giudice di merito abbia omesso l’esame di elementi di fatto decisivi ai fini dell’apprezzamento circa la sussistenza dei requisiti previsti per la concessione della protezione internazionale, ma si limita ad una generica censura dell’adeguatezza della motivazione, che non si confronta con i limiti previsti per la deduzione del vizio di motivazione dall’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo in vigore in seguito all’entrata in vigore della novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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