Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21437 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.15/09/2017),  n. 21437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18051/2011 proposto da:

SIRPEA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CLEMENTE IX 10,

presso lo studio dell’avvocato LUCIA FELICIOTTI, rappresentato e

difeso dagli avvocati VINCENZO BASTA, MARIA CARIDDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/2011 della COMM. TRIB. REG. della

LOMBARDIA, depositata il 23/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, a seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, l’Agenzia delle entrate – Ufficio di Milano notificava, in data 6 giugno 2008, alla SIRPEA S.p.A. atto di contestazione con il quale si rilevava che la società, negli anni 2003 e 2004, aveva dedotto costi derivanti da acquisti di materie prime da società estere, aventi sede in paesi extra UE, con regime di fiscalità privilegiata (black list), omettendo di indicare separatamente, nei righi RF, i relativi costi; conseguentemente con il medesimo atto provvedeva al recupero delle deduzioni suddette e comminava le relative sanzioni;

che l’atto veniva impugnato dinanzi alla C.T.P. di Milano dalla contribuente, la quale deduceva di avere omesso – seppure per errore scusabile – l’indicazione separata dei componenti negativi, ma di avere ottemperato al disposto dell’art. 110 T.U.I.R., comma 11, avendo dimostrato, producendo i necessari documenti, che le imprese svizzere da cui erano stati effettuati gli acquisti svolgevano prevalentemente un’attività commerciale effettiva ovvero che le operazioni poste in essere rispondevano ad un effettivo interesse economico e che le stesse avevano avuto concreta esecuzione.

che la commissione tributaria adita accoglieva in parte il ricorso, riducendo le sanzioni, ma ribadendo l’indeducibilità dei costi;

che, proposto appello principale dall’Agenzia delle entrate ed incidentale dalla società, la C.T.R. della Lombardia, con sentenza del 23 marzo 2011, accoglieva l’impugnazione dell’Ufficio in ordine alle sanzioni, confermando nel resto la decisione di primo grado;

che la società contribuente, avverso detta pronuncia, propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo;

che l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che la società contribuente, con l’unico motivo di ricorso, deduce, sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’errata interpretazione dell’art. 110, comma 11, T.U.I.R., come modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 301, avendo la C.T.R. erroneamente ritenuto che fosse sufficiente la mancata indicazione separata dei costi per escluderne la deducibilità; conseguentemente, era stato omesso l’esame dei documenti prodotti dalla società e tendenti a dimostrare l’effettività dell’attività commerciale delle aziende estere venditrici dei prodotti acquistati dalla ricorrente;

che la statuizione, posta a fondamento della sentenza impugnata, relativa alla indeducibilità dei costi sulla base del mero dato formale della loro omessa indicazione in dichiarazione, si pone in contrasto con il consolidato orientamento di legittimità in materia, cui si intende dare continuità;

che, difatti, questa Corte ha affermato che, in tema di reddito d’impresa, la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 301, modificando il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, commi 10 e 11 – che sanciva l’indeducibilità dei costi scaturenti da operazioni commerciali intercorse con soggetti residenti in stati a fiscalità privilegiata (c.d. paesi black list), ove non fosse provato che i contraenti esteri svolgessero effettiva attività commerciale, che le operazioni poste in essere rispondessero ad un effettivo interesse economico, che le stesse avessero avuto concreta esecuzione e, in ogni caso, che i costi non fossero stati separatamente indicati nella dichiarazione annuale dei redditi – ha degradato la separata indicazione dei costi da presupposto sostanziale di relativa deducibilità ad obbligo di carattere formale, passibile di corrispondente sanzione amministrativa. La suddetta modifica normativa ha integrale portata retroattiva, come può evincersi sia dalla ratio della nuova disciplina, che intende contemperare l’interesse del contribuente a poter dedurre i costi effettivamente sostenuti con l’interesse dell’amministrazione finanziaria ad un efficace controllo, sia dal dato testuale della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 303, che cumula l’applicazione della sanzione prevista dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 8, comma 3 bis (introdotta dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 302) con quella prevista dall’art. 8, comma 1, medesimo decreto, quest’ultima giustificata solo in ragione dell’estensione della portata retroattiva dell’abolizione del previgente regime d’indeducibilità (ex plurimis, Cass., sez. trib., 27-02-2015, n. 4030);

che pertanto il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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