Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2143 del 29/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 2143 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: LORITO MATILDE

ORDINANZA
sul ricorso 4238-2013 proposto da:
CANDIDO GIULIO C.F. CNDGLI46A27D077C, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA RICASOLI 7, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO MUGGIA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato STEFANO MUGGIA giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

2017
4152

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585 in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22,
presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 29/01/2018

- controricorrente

avverso la sentenza n. 4363/2012 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 31/07/2012 R.G.N. 8862/09;

n. r.g. 4238/2013

la Corte d’Appello di Roma con sentenza depositata il 31/7/2012 in riforma
della pronuncia di prime cure, rigettava la domanda proposta da Giulio
Candido nei confronti della s.p.a. Poste Italiane volta a conseguire
accertamento del diritto alla qualifica dirigenziale e la condanna della
società alla corresponsione delle differenze retributive; perveniva a tali
conclusioni sul rilievo della carenza di allegazione che connotava il ricorso
introduttivo, privo della necessaria indicazione “dei motivi per i quali le
mansioni svolte comporterebbero il diritto all’inquadramento superiore
sotto il profilo degli elementi che differenziano, in riferimento appunto a tali
mansioni ed alle loro modalità concrete di svolgimento, l’inquadramento
posseduto e l’inquadramento richiesto, con l’analitica comparazione delle
mansioni alle declaratorie contrattuali di riferimento”;
avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione Giulio Candido sulla
base di tre motivi; resiste con controricorso la s.p.a. Poste Italiane;
entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione del
principio della domanda sancito dall’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360
comma primo n.4 c.p.c.; si critica la sentenza impugnata per aver ritenuto,
con formalistica statuizione, non chiarita nella domanda, la differenziazione
fra la figura di quadro e quella di dirigente, che si desume, invece, fosse
stata ben evidenziata nell’atto introduttivo del giudizio, nel cui contesto
avevano rinvenuto compiuta descrizione le mansioni esplicate;
2. con il secondo motivo è denunciata motivazione carente e contraddittoria
ex art.360 comma primo n.5 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione
dell’art.2095 c.c. e dell’art.1 c.c.n.l. dirigenti aziende industriali; ci si duole
die la Corte territoriale non abbia valutato “il diritto del lavoratore sulla
L:ase di quanto disposto dalla legislazione e dalla contrattazione collettiva
che imponeva di considerare il ricorrente nella qualifica di dirigenti”,
3. con il terzo motivo il ricorrente denuncia motivazione carente e
contraddittoria ex art.360 comma primo n.5 c.p.c.; lamenta che la Corte
distrettuale non abbia rettamente interpretato il quadro probatorio
delineato in prime cure che, invece, univocamente deponeva nel senso
dello svolgimento di attività caratterizzata da quell’elevato grado di
professionalità, autonomia e potere decisionale nonché di gestione degli
(_-biettivi dell’impresa, che la contrattazione collettiva poneva quali requisiti
coessenziali alla definizione della qualifica dirigenziale.
1

RILEVATO CHE

n. r.g. 4238/2013

4, Il primo motivo è infondato.

in relazione alla articolazione del procedimento di accertamento trifasico, si
è altresì avuto modo di specificare che il lavoratore il quale agisca in

giudizio per ottenere l’inquadramento in una qualifica superiore ha l’onere
di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda e, in
articolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili
caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì
espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere
concretamente svolto (vedi Cass. 21/5/2003 n.8025). Tale difetto di
allegazione, secondo l’insegnamento di questa Corte, non risiede ‘tanto
nella mancata precisazione dei compiti espletati dal lavoratore quanto,
nell’assenza di comparazione, fra la declaratoria contrattuale rivestita e
quella pretesa, a fronte delle mansioni espletate.
Occorre esplicitare, quindi, e poi rendere evidente sul piano probatorio, la

gradazione e l’intensità (per responsabilità, autonomia, complessità,
coordinamento, ecc.) dell’attività corrispondente al modello contrattuale
invocato, rispetto a quello attribuito trattandosi, in tema di mansioni, di
livelli di valore inclusi in un particolare sistema professionale contrattuale a
carattere piramidale (vedi in motivazione, Cass. cit. n.8025/2003).
Si tratta di un iter logico-giuridico che rimanda ai generali principi in tema
di circolarità fra oneri di allegazione e di prova che gravano sulla ‘parte
ricorrente (vedi Cass. S.U. 17/6/2004 n.11353), rendendo palese come la
mancata allegazione della definizione contrattuale relativa alla qualifica di

appartenenza, determini un saltum che, riflettendosi sul piano probatorio,
non consente di pervenire all’accoglimento della domanda.
principi si è conformata la pronuncia impugnata laddove,
richiamandosi alla giurisprudenza citata, ha negato riconoscimento al diritto
azionato, in particolare rimarcando come la carenza allegativa rilevata,
acquisisse particolare rilievo nella fattispecie considerata, in cui il discrimine
fra l’inquadramento dirigenziale rivendicato e quello rivestito di quadro
5. A siffatti

2

Come affermato da questa Corte in consolidati approdi, nel procedimento
logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un
lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè
dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla
individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di
categoria e dal raffronto dei risultati di tali due indagini (vedi ex plurimis,
Cass. 6/3/2007 n.5128, cui adde Cass. 27/9/2010 n.20272).

.). r.g. 4238/2013

primo livello,

professional master –

Al rivestito dal ricorrente in qualità di

Infatti la declaratoria relativa alla qualifica dirigenziale (c.c.n.l. dirigenti
aziende industriali del 27/4/1995 e c.c.n.l. 23/5/2000) faceva riferimento ai
prestatori di lavqro che ricoprono in azienda un ruolo caratterizzato da un
E.Aevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed
esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la
realizzazione degli obiettivi dell’impresa; invece, quella relativa al quadro di
primo livello (c.c.n.l. 11/1/2001), concerneva lo svolgimento di attività con
e:evata preparazione professionale e responsabilità di gestione di grandi
unità organiche e comprendeva i dipendenti cui sono attribuiti compiti di
rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi
della società, in particolare implicanti la responsabilità ed il controllo di
unità organizzative e di particolare complessità…, con la precisazione che in
relazione ai “professional master – Al”, il c.c.n.l. 11/7/2003 prevedeva,
quale requisito coessenziale all’inquadramento, il coordinamento di
strutture commerciali con responsabilità diretta su obiettivi di rilevante
complessità economica in aree geografiche di grandi dimensioni e/o che
possiedono un elevato know how specialistico…
Attesa l’ampiezza delle declaratorie citate, la Corte di merito ha rilevato
come fosse ancora più necessario che il ricorrente allegasse quali fossero i
principi distintivi fra le stesse, corredati dalle indicazioni degli elementi che
differenziavano, in riferimento alle modalità concrete di svolgimento,
l’inquadramento posseduto da quello superiore richiesto.
6. L’iter motivazionale che pervade l’impugnata sentenza, si palesa
conforme a diritto e si sottrae alla censura all’esame, che va, pertanto,
respinta.
Le ragioni che , presiedono alla reiezione del primo motivo, rendono
superfluo l’esame delle ulteriori censure.
7. Consegue, per il principio della soccombenza, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura in dispositivo
liquidata.
Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio
2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art.1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater
all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della
sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore
3

responsabile di struttura complessa, fosse oltremodo sottile.

n. r.g.

4238/2013

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione.
ii-nporto a

P.Q.M.
ia Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese

presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro
5.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15%, ed

del

Ai sensi dell’art.’13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, dà atto della

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 25 ottobre 204/7-,

accessori di legge.

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