Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21429 del 19/09/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21429 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza con motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
DEL NERO Sandro, elettivamente domiciliato in Roma, lungotevere Michelangelo n. 9, presso lo studio degli Avv. Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dai quali è rappresentato e difeso per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro

tempo-

re, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è
domiciliato per legge;
– resistente –

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Data pubblicazione: 19/09/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 646/12,
depositato in data 14 maggio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 luglio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Ranieri Roda con delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi, il quale ha chiesto raccoglimento
del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l. – Con ricorso depositato il 3 marzo 2011 presso la Corte
d’appello di Perugia, Sandro Del Nero ha proposto, ai sensi
della legge 24 marzo 2001, n. 89, domanda di equa riparazione
del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata del giudizio di equa riparazione introdotto dinanzi alla Corte d’appello di Roma con ricorso depositato nel mese di marzo 2004, parzialmente accolto con decreto depositato
nel mese di novembre 2004, cui ha fatto seguito, dopo la presentazione del ricorso per cassazione notificato nel febbraio
2005, la sentenza di cassazione con rinvio del settembre 2005,
altro decreto della Corte d’appello, in sede di rinvio, del
marzo 2008 e la sentenza definitiva della Corte di cassazione
del novembre 2010.

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Giusti;

L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda inammissibile, ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla legge n.
89 del 2001 in relazione a procedimenti relativi alla denunciata violazione della durata ragionevole dei giudizi di equa

zione europea dei diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo nella definizione dei procedimenti

ex lege n. 89 del

2001 compensabile dal giudice del procedimento.
2. – Per la cassazione di questo decreto Sandro Del Nero ha
proposto ricorso sulla base di un unico motivo.
L’intimata Amministrazione non ha resistito con controricorso, ma ha depositato una memoria di costituzione al fine

dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
2. – Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 2 della

legge n. 89 del 2001 e

degli artt. 6, 13 e 41 della CEDU, nonché dell’art. 111 Cost.,
rilevando che la legge n. 89 del 2001 non consente in alcun
modo di distinguere i procedimenti di equa riparazione da
quelli ai quali la medesima legge si applica e di sottrarli
quindi al regime di ragionevole durata, che discende direttamente dalla Convenzione europea e dalla Costituzione italiana.
3. – Il ricorso è fondato.

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riparazione, non discendendo tale proponibilità dalla Conven-

Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla
legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base
della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile

guente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge
presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più
pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati
proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui lesione genera di per
sé una condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti

ex lege

n. 89 del 2001. Né appare condivisibile l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato diritto
fondamentale, atteso che il procedimento interno rappresenta
una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che, ovvia-

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l’operatività del termine ragionevole di durata e del conse-

mente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole
durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un
procedimento di equa riparazione, nelle numerose sentenze e-

Corte ha ritenuto che ove, come nel caso di specie, venga in
rilievo un giudizio “Pinto” svoltosi anche dinanzi alla Corte
di cassazione e poi nuovamente dinanzi alla Corte d’appello in
sede di rinvio e poi alla Corte di cassazione, la durata complessiva debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il
termine di quattro anni.
4. – Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea
la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto inammissibile il procedimento di equa riparazione per la irragionevole durata di un procedimento di equa riparazione relativamente
a giudizio presupposto di altra natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, dallo stesso provvedimento impugnato emerge che la durata complessiva del procedimento di
equa riparazione è stata di circa sei anni ed otto mesi. Detratto il termine ragionevole, stimato in quattro anni, nonché
il termine di un anno intercorso tra il deposito del decreto e
la proposizione della prima impugnazione, ulteriore rispetto
al termine breve previsto per il ricorso per cassazione, la

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messe nel 2012 (vedi, segnatamente, la n. 5924, cit.), questa

durata non ragionevole risulta essere stata di circa un anno
ed otto mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
al ricorrente spetta un indennizzo che va liquidato sulla base

tre interessi legali dalla data della domanda al saldo.
Al ricorrente compete altresì il rimborso delle spese
dell’intero giudizio, liquidate complessivamente nella misura
indicata in dispositivo.
Le spese devono essere distratte in favore dei difensori
del ricorrente, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia al
pagamento, in favore del ricorrente, della somma di euro
1.250, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo;

condanna

il Ministero alla rifusione delle spese

dell’intero giudizio che liquida, per il giudizio di merito,
in euro 806, di cui euro 50 per esborsi, 311 per diritti e 445
per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di
legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 606,25, di
cui euro 506,25 per compensi ed euro 100 per esborsi, oltre
agli accessori di legge.

Dispone la distrazione delle spese

del giudizio di merito in favore del difensore del ricorrente,
Avvocato Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratosi antistatario,

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di euro 750 per anno, e quindi in complessivi euro 1.250, ol-

e quelle di legittimità in favore dei difensori del ricorrente, Avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2

2013.

Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 luglio

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