Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21421 del 14/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 14/08/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 14/08/2019), n.21421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5844/2014 proposto da:

G.M.T., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CLAUDIO LALLI;

– ricorrente principale –

contro

COMUNE DI CARRARA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 18, presso lo

studio dell’Avvocato DOMENICO IARIA (Studio Legale LESSONA), che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 85/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 25/02/2013 R.G.N. 966/12;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/07/2019 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, inammissibilità del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato FRANCESCO MANGAZZO per delega verbale Avvocato

CLAUDIO LALLI;

udito l’Avvocato ETTORE BECCARI per delega verbale Avvocato DOMENICO

IARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Genova ha rigettato il ricorso per revocazione proposto, ex art. 395 c.p.c., n. 4, da G.M.T. avverso la sentenza n. 310/2012 con la quale la stessa Corte territoriale, in accoglimento dell’appello incidentale del Comune di Carrara, aveva: riformato la sentenza n. 117/2011 del Tribunale di Massa; respinto tutte le domande formulate nei confronti dell’ente locale dalla G.; condannato quest’ultima alla restituzione delle somme percepite in esecuzione della pronuncia di primo grado.

2. La G. aveva domandato la revocazione sostenendo che la riforma fosse frutto di un errore di fatto decisivo, emergente ictu oculi dalla lettura degli atti, in quanto il giudice d’appello aveva travisato le conclusioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio, avendo considerato solo la relazione peritale depositata il 22/4/2009 e non anche i chiarimenti resi in date 2/11/2009 e 28/9/2010.

3. La Corte territoriale, respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dal Comune di Carrara, ha escluso che nella fattispecie potesse essere configurato un errore revocatorio, innanzitutto perchè il riferimento contenuto nella motivazione della sentenza alla prima relazione depositata non consentiva, di per sè, di ritenere che non si fosse tenuto conto dei chiarimenti successivi, con i quali il consulente non aveva radicalmente smentito quanto affermato nel primo elaborato, essendosi limitato a spiegare meglio il senso delle sue conclusioni. Ha aggiunto che l’errore di fatto deve essere manifesto ed obiettivo e deve consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti essere in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti dei documenti di causa, caratteristiche queste non ricorrenti nella fattispecie, in quanto la valutazione espressa nella sentenza oggetto di revocazione aveva riguardato un punto controverso della causa ed inoltre non era di per sè incompatibile con il contenuto dei chiarimenti.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.M.T. sulla base di un unico motivo, al quale ha opposto difese il Comune di Carrara che, con ricorso incidentale illustrato da memoria, ha riproposto le eccezioni di inammissibilità rigettate dalla Corte territoriale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale denuncia, con un unico motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4. Sostiene la G. che integra errore di fatto l’omessa valutazione dei chiarimenti depositati il 28 settembre 2010, che ha determinato un travisamento da parte del Collegio delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio. Il consulente, infatti, nell’ultimo elaborato aveva confermato l’incidenza causale dei nuovi episodi di disagio lavorativo, esclusa, invece, dalla Corte territoriale, la quale aveva del tutto omesso di valutare i fatti non controversi contenuti nella perizia.

2. L’impugnazione incidentale, con il primo motivo, torna a denunciare la violazione dell’art. 398 c.p.c., comma 3, ravvisabile nella fattispecie in quanto la procura non conteneva alcun riferimento alla revocazione della sentenza n. 310/2012.

2.1. Con la seconda critica il Comune di Carrara addebita alla Corte territoriale di avere violato, nell’escludere l’inammissibilità della revocazione, l’art. 100 c.p.c.. Deduce che la G. non aveva interesse a denunciare l’errore in quanto la sentenza n. 320/2012 aveva anche escluso che fosse stato provato il danno da demansionamento ed il capo della decisione non era stato oggetto di alcuna censura.

3. Il ricorso principale è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che l’errore rilevante ex art. 395 c.p.c., n. 4, consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, a condizione che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito. Muovendo da detta premessa si è evidenziato che: l’errore non può riguardare l’attività interpretativa e valutativa; deve avere i caratteri della assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo nel senso che tra la percezione erronea e la decisione emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata sicuramente diversa (si rimanda a Cass. 24355/2018 ed alla giurisprudenza ivi richiamata).

Sulla base di detti principi, ai quali occorre qui dare continuità, si è precisato, in relazione alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che “la valutazione effettuata dal giudice di merito sulle risultanze della CTU e viziata da errore di percezione è censurabile con la revocazione ordinaria se l’errore attiene ad un fatto non controverso, mentre è sindacabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c., se l’errore ricade su di una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti.” (Cass. n. 19293/2018).

Non si ravvisa, pertanto, la denunziata violazione dell’art. 395 c.p.c., perchè correttamente la Corte territoriale ha escluso che nella fattispecie potesse essere ravvisato un errore revocatorio in quanto, nella sostanza, il ricorso “aveva ad oggetto la valutazione espressa su un punto controverso”, non incompatibile “ictu oculi con il contenuto dei chiarimenti esplicitati dal Consulente nella seconda e nella terza relazione”.

4. Il ricorso incidentale, seppure non formalmente condizionato all’accoglimento dell’impugnazione principale, si deve ritenere assorbito dal rigetto di quest’ultima, sulla scorta dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui “il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicchè, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale” (Cass. S.U. nn. 7381/2013 e 5456/2009; negli stessi termini fra le più recenti Cass. nn. 6138/2018 e 4619/2015).

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente principale nella misura indicata in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato dovuto dalla ricorrente principale. Dette condizioni non sussistono in relazione al ricorso incidentale in quanto con la pronuncia di assorbimento l’impugnazione diviene tanquam non esset e non viene presa in esame dalla Corte, che, quindi, non perviene ad una pronuncia di rigetto, inammissibilità o improcedibilità che sole giustificano il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (in tal senso, in relazione all’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva Cass. n. 1343/2019 e Cass. n. 18348/2017).

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale ed assorbe il ricorso incidentale.

Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per competenze professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 agosto 2019

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