Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21419 del 27/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/07/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 27/07/2021), n.21419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 18204/2013 proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ennio Mazzocco,

Gabriele Inelia, Maria A. De Santis e Gianfranco De Corso,

elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma via

Ippolito Nievo n. 61;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, Ministero Istruzione, Università e Ricerca

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato

domiciliata in via dei Portoghesi n. 12 Roma;

– controricorrente –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo n. 328/2013 depositata 16.05.2013.

Udita la relazione de; Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella

camera di consiglio del 13/01/2021.

 

Fatto

RILEVATO

che:

S.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della CTR Abruzzo – sezione di Pescara n. 328 depositata il 16.5.2013.

La vicenda riguarda il rigetto dell’istanza, del 17 novembre 2009, di rimborso di parte dell’importo trattenuto dal sostituto d’imposta sulla somma erogatagli come incentivo al prepensionamento, in applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17 comma 4 bis. La trattenuta a titolo IRPEF per il 1998, era stata commisurata – sostiene il ricorrente ad una aliquota superiore a quella agevolata applicata ai dipendenti dell’altro sesso. La norma che lo consentiva, era stata censurata dalla sentenza della Corte di giustizia CE C-207104 del 20 luglio 2005; per disparità di trattamento fondata sul sesso, in quanto, per le donne, l’aliquota agevolata scattava al compimento dei 50 anni di età, mentre per gli uomini a 55.

Il contrasto sull’applicazione della disposizione comunitaria afferiva alla individuazione del dies a qua far decorrere. il termine di decadenza per l’istanza di rimborso, se dal giorno della trattenuta o dalla data di pubblicazione dell’Ordinanza del 16 gennaio 2008 n. 92, con cui la Corte di Giustizia, a chiarimento della suindicata sentenza del 20.05.2005, aveva disposto che il giudice nazionale era tenuto a disapplicare ogni disposizione che desse luogo a disparità di trattamento, riconoscendolo, negli stessi termini e misura, alla categoria sfavorita. La decorrenza del termine era ritenuto dal ricorrente coinciderete ora a data della citata ordinanza, dalla quale soltanto – sostiene – era venuto a trovarsi nella condizione di chiedere il rimborso.

L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto, invece, tardiva l’istanza del S., ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 con conseguente decadenza, facendo decorrere il relativo termine dalla data della trattenuta avvenuta nel 1998.

La CTP di Chieti aveva accolto la contraria tesi del contribuente, mentre la CTR aveva fatto propria la tesi dell’Ufficio.

Ricorre il S. con un unico motivo, depositando anche memoria.

Resiste l’Agenzia delle Entrate.

Ha depositato parere il Procuratore Generale con richiesta di rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

L’Ufficio aveva ritenute non avesse riflessi sul caso in esame fa decisione del giudice comunitario in quanto la pretesa di rimborso era già stata travolta dalla decadenza maturata a far tempo dalla trattenuta, tenuto conto che, anche prima della (e a prescindere dalla) richiamata pronuncia, l’ordinamento nazionale consentiva (come si preciserà) che l’interessato, subita una trattenuta maggiore in ragione del sesso, potesse agire a tutela del suo diritto.

La questione circa la compatibilità, tra te pronunce della Corte UE e le disposizioni nazionali in tema di decadenza, è stata sottoposta, per dirimere ogni incertezza, all’esame delle Sezioni Unite, le quali, con la decisione n. 13674 del 2014, hanno sciolto il contrasto nel senso che la decorrenza del lasso di tempo per chiedere il rimborso, di quanto indebitamente versato per contrasto tra disciplina nazionale e diritto unionale, deve farsi decorrere dalla data del versamento, per cui l’istanza è da ritenere inammissibile se successiva allo spirare del termine decadenziale fissato dalla Stato membro.

Il Collegio, condividendola, ritiene che la citata pronuncia non possa che trovare ulteriore corso in considerazione, come in essa si legge, “che gli istituti della prescrizione e della decadenza sono posti a presidio del principio irrinunciabile di ogni ordinamento giuridico della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche, con il corollario della conseguente intangibilità dei c.d. rapporti esauriti”.

In ragione di tale fondamentale esigenza, la stessa giurisprudenza comunitaria ha sempre ritenuto compatibile con il diritto dell’Unione la fissazione di ragionevoli termini di ricorso a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, purché tali termini siano modulati in modo da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento comunitario.

In applicazione di tale principio al caso in esame, la domanda del ricorrente va rigettata.

Infatti, alta data della sua istanza di rimborso, 17 novembre 2009, era già decorso il termine di decadenza ti quarantotto mesi, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 dal versamento dell’imposta avvenuto nel 1998. Ed è palese che il tenore della norma nazionale, in quanto contraria all’affermazione del diritto alla parità di genere costituzionalmente garantito (art. 3 Cost.), avrebbe già consentito al S. di lamentarne l’incompatibilità con quella disposizione. Ed instaurare un giudizio per affermare il diritto al rimborso e porre la questione di costituzionalità sulla norma discriminatoria. Tal che non è invocatile l’art. 2935 c.c. (in tema di prescrizione, ma pacificamente applicabile anche alla decadenza), non ravvisandosi in ispecie alcun impedimento legate per il ricorrente ad avvalersi della tutela giurisdizionale, sin dal momento del versamento dell’indebito tributo da parte del sostituto d’imposta.

La decisione della Corte di Giustizia non ha quindi rimosso alcun ostacolo alla tutela, ma ha chiarito (con la citata ordinanza del 16 gennaio 2008) che in caso di norma interna discriminatoria (e per ciò stesso) contrastante con il diritto comunitario, il giudice nazionale è tenuto a disapplicarla. Individuando così un percorso di tutela parallelo ed equivalente a quello volto alla possibile declaratoria di incostituzionalità della norma medesima, che l’interessato avrebbe potuto già promuovere (sia pure indirettamente) innanzi al Giudice delle leggi dello Stato membro.

La istanza di rimborso del ricorrente, pertanto, è stata correttamente respinta dall’Amministrazione perché successiva allo spirare del termine di decadenza decorrente dal versamento.

Il ricorso va perciò rigettato.

Considerato che la sentenza delle Sezioni Unite – chiarificatrice della problematica già motivo d’ incertezze, comune alla vicenda del S. – è intervenuta in epoca successiva alla proposizione del ricorso in esame, la Corte ritiene che le spese dell’intero giudizio possano essere compensate. Ricorrono le condizione per il versamento del c.d. doppio contributo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello fissato per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

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