Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21418 del 21/10/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 21418 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 9232-2009 proposto da:
FOOT LOCKER ITALY S.R.L. C.F. 10322270157, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE MEDAGLIE D’ORO, 7,
presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO DE STEFANIS,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
2015
3095

CLAUDIO COCUZZA e MAURO TREVISSON giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

LIVOTI LUCA C.F.

LVTLCU79S22L219C,

elattivamente

Data pubblicazione: 21/10/2015

domiciliato in ROMA, VIA CIPRO

47,

presso lo studio

dell’avvocato RICCI LUCIA, rappresentato e difeso
dall’avvocato LUIGIA DI GIOVINE giusta delega in atti;
– controricorrente

201/2008 della CORTE D’APPELLO

di TORINO, depositata il 09/04/2008 R.G. N.

663/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

03/07/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIO

AMENDOLA;
udito l’Avvocato MAURO TREVISSON;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

Svolgimento del processo

1.- Il Tribunale di Torino, in parziale accoglimento del ricorso proposto da
Luca Livoti nei confronti della Foot Locker Italy Srl, in relazione ad un rapporto di
lavoro subordinato intercorso tra le parti dal 18.3.2002 all’8.2.2004, condannò la
società al pagamento di euro 3.584,62, a titolo di differenze retributive per lavoro

500,00 per danni morali.
Interposto gravame da entrambe le parti, la Corte d’Appello di Torino, con
sentenza del 9 aprile 2008, ha respinto l’appello principale della società e, in

accoglimento dell’appello incidentale del Livoti, l’ha condannata al pagamento
dell’ulteriore somma pari ad euro 4.208,20.
Circa il lavoro straordinario, valutando il materiale probatorio acquisito, ha
ritenuto provato che il Livoti avesse svolto lavoro straordinario in misura
superiore a quella accertata dal giudice di prime cure, quantificando l’ulteriore
dovuto.
Quanto alle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno, la Corte
territoriale ha ritenuto che alcun dubbio potesse investire l’esistenza di essi,
avendo dato l’istruttoria ampiamente conto “sia del demansionamento subito dal
Sig. Livoti, rimosso dalle sue mansioni di addetto alle vendite e costretto a
svolgere attività di pulizia ed a lavorare in magazzino a riordinare le scarpe, sia
delle offese verbali (“cane morto, sfigato, babbo, etc.) che gli venivano
frequentemente rivolte dai superiori (v. testi Zecchini, Forlati, Clemente)”.
Con ricorso dell’8 aprile 2009 la Foot Locker Italy Srl ha domandato la
cassazione della sentenza per sei motivi. Ha resistito con controricorso Luca
Livoti.

Motivi della decisione

2.— Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 100, 105, 116 e 246 c.p.c. in relazione all’incapacità a testimoniare del
teste Zecchini, avendo quest’ultimo pendente procedimento con la stessa società
avente “medesimo petitum e causa petendi”.
La censura è priva di fondamento.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte l’interesse che determina
l’incapacità a testimoniare, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., è solo quello giuridico,
personale, concreto ed attuale, che comporta o una legittimazione principale a

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straordinario, ed euro 2.000,00 a titolo di risarcimento del danno, di cui euro

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proporre l’azione ovvero una legittimazione secondaria ad intervenire in un
giudizio già proposto da altri cointeressati. Tale interesse non si identifica con
l’interesse di mero fatto, che un testimone può avere a che venga decisa in un
certo modo la controversia in cui esso sia stato chiamato a deporre, pendente fra
altre parti, ma identica a quella vertente tra lui ed un altro soggetto ed anche se
quest’ultimo sia, a sua volta, parte del giudizio in cui la deposizione deve essere
resa. Neanche l’eventuale riunione delle cause connesse (per identità di

testimonianza, potendo tale situazione soltanto incidere sulla attendibilità delle
relative d6posizioni (tra le altre: Cass. n. 11034 del 2006; Cass. n. 9650 del
2003; Cass. n. 2618 del 1999; Cass. n. 32 del 1994; Cass. n. 6932 del 1987).
Inoltre la nullità della testimonianza resa da persona incapace deve essere
eccepita subito dopo l’espletamento della prova, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., co.
2, (salvo il caso in cui il procuratore della parte interessata non sia stato presente
all’assunzione del mezzo istruttorio, nella quale ipotesi la nullità può essere
eccepita nell’udienza successiva), sicché, in mancanza di tale tempestiva
eccezione, la nullità deve intendersi sanata (in tal senso, tra le tante, Cass. n.
16116 del 2003; Cass. n. 6555 del 2005; Cass. n. 403 del 2006), senza che la
preventiva eccezione d’incapacità a testimoniare, proposta a norma dell’art. 246
c.p.c., possa ritenersi comprensiva dell’eccezione di nullità delle testimonianze
comunque ammesse ed assunte nonostante quella previa opposizione (Cass. n.
9553 del 2002 e Cass. n. 15308 del 2004). Alla stregua di tale principio, parte
ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dimostrare di avere eccepito la nullità delle
contrastate deposizioni testimoniali all’atto stesso della loro assunzione (o
immediatamente dopo) (Cass. n. 8358 del 2007; più di recente: Cass. n. 17713
del 2013), senza limitarsi ad invocare la peraltro inesistente violazione dell’art.
246 c.p.c..

3.— Con il secondo mezzo di gravame si lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’attendibilità dei testi Zecchini e
Forlati che avrebbe dovuto essere esclusa dalla Corte torinese atteso che i testi
avevano instaurato una causa con identico petitum e causa petendi contro una
delle parti del procedimento, che tale causa, al tempo della deposizione, era
ancora soggetta a gravame, che le loro dichiarazioni non trovavano conferma in
quelle di altro teste indifferente.
Il motivo non può trovare accoglimento.
E’ consolidato principio di legittimità quello per il quale “il giudizio
sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la

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questioni) può fare insorgere l’incapacità delle rispettive parti a rendersi reciproca

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.

scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a
sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice
del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di
prova, con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le
ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo
elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi
implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati

plurimis Cass. n. 17097 del 2010 e giurisprudenza ivi citata: Cass. nn.
13910/2001; 11933/2003; 1554/2004; 12362/2006; 27464/2006).

4.— Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
2697 c.c. e degli artt. 116 e 432 c.p.c., sostenendo che la prova dello
straordinario che il lavoratore deve fornire deve essere seria e rigorosa, in modo
che l’espletamento di attività supplementare risulti in termini concreti e realistici
e, conseguentemente, il giudice non può supplire la mancanza di tale prova con
una valutazione equitativa, chiedendo alla Corte se “la sentenza per cui si ricorre
ha violato dette norme”.
Anche questa doglianza non può essere condivisa.
Premesso che una violazione di legge ex art. 2697 c.c. è ipotizzabile solo nel
caso in cui il giudice ponga indebitamente a carico di una parte un onere
probatorio insussistente (il che non è certo accaduto nella specie laddove la Corte
territoriale ha ritenuto comunque che il Livoti avesse provato lo straordinario
dedotto), nella specie piuttosto ci si duole della valutazione del materiale
probatorio effettuata dai giudici di appello, con una richiesta, nella sostanza, di
rivisitazione del giudizio di merito estranea al sindacato di legittimità.
Lo stesso riferimento all’art. 116 c.p.c. ed alla sua violazione appare erroneo:
poiché l’art. 116 cod. proc. civ. prescrive come regola di valutazione delle prove
quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a
meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la
deduzione in sede di ricorso per cassazione è concepibile solo: a) se il giudice di
merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per
la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso
dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso
valore oppure che il legislatore prevede per una diversa risultanza probatoria
(come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di
valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad
altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso

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specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (ex

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(oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della
prova di cui trattasi) (in termini, da ultimo, Cass. n. 13960 del 2014).
La circostanza che il giudice, invece, abbia male esercitato il prudente
apprezzamento della prova è censurabile solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., co. 1,
n. 5 (per tutte: Cass. n. 26965 del 2007).
Poiché la censura è stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge
ed il quesito posto si sostanzia in una generica istanza di decisione sull’esistenza

(cfr., Cass. SS. UU., n. 21672 del 2013).

5.— Con il quarto motivo (indicato come III nel testo del ricorso) si lamenta
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n.
5, c.p.c., “in relazione alla contestazione dei conteggi prodotti da controparte in
ricorso anche sotto il profilo dei giorni di ferie effettuati dal Sig. Livoti come
documentato in atti (fogli presenza e buste paga)”.
All’esito dell’illustrazione del motivo vengono poste le seguenti testuali
“conclusioni”: “la sentenza impugnata è incongrua e illegittima ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5 per non aver considerato nella propria decisione una
tempestiva (peraltro reiterata) contestazione da parte di Foot Locker dei conteggi
proposti con ricorso del Sig. Livoti”.
Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo pro
tempore applicabile alla sentenza d’appello depositata il 9 aprile 2008, il quale
stabiliva che “nel caso previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di
ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.
Questa Corte ha dunque affermato che, per le doglianze di vizio di
motivazione, occorre la formulazione – con articolazione conclusiva e riassuntiva
di uno specifico passaggio espositivo del ricorso – di un momento di sintesi o di
riepilogo (v. Cass. n. 16002 del 2007; SS.UU. n. 20603 del 2007; Cass. n. 27680
del 2009), il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al
tenore testuale del motivo, il fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure – se non soprattutto
– le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione; tale requisito non può ritenersi rispettato
quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di una
interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione della parte ricorrente –

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della violazione di legge denunziata nel motivo, esso deve ritenersi inammissibile

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consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (da ultimo,
Cass. n. 12248 del 2013 e Cass. n. 17128 del 2014). In particolare si è ritenuto
inammissibile il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, in cui non siano specificamente indicati i fatti controversi in
relazione ai quali la motivazione si assume carente, né siano indicati i profili di
rilevanza di tali fatti, essendosi il ricorrente limitato ad enunciare la necessaria
esaustività della motivazione quale premessa maggiore del sillogismo che

premessa minore (cioè i fatti rilevanti su cui vi sarebbe stata omissione) e
svolgere il successivo momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter
cogliere la fondatezza della censura (Cass. SS.UU. n. 16528 del 2008).
Nella specie, nella parte finale del quarto motivo manca completamente un
momento di sintesi o di riepilogo in cui venga adeguatamente individuato un fatto
decisivo controverso, inteso come fatto attinente alla vicenda storica che ha dato
luogo alla controversia e non certo come fatto concernente il processo, quale è
quello relativo alla contestazione dei conteggi proposti con il ricorso del Livoti
operata in giudizio dalla società.

6.— Con il quinto motivo (indicato come IV nel testo) si deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 115, 116, 414 e 420 c.p.c. in relazione agli artt.
2697 e 2103 c.c. e all’art. 432 c.p.c. e art. 1226 c.c. per non avere il giudice
tenuto conto di consolidati principi di diritto in tema di demansionamento e
relativa prova, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., nonché insufficiente e
contraddittoria motivazione sul medesimo punto.
Con il sesto motivo (indicato come V nel testo) si denuncia violazione ed
errata applicazione degli artt. 115, 116, 414 e 420 c.p.c. in relazione agli artt.
2087, 2059, 2056 e 1226 c.c. e all’art. 432 c.p.c., relativamente alla prova del
danno morale conseguente alla presunta violazione dell’art. 2087 c.c. nonché
insufficiente e contraddittoria motivazione sul medesimo punto.
Ciascuno dei motivi è concluso da un “quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.”.
Anche tali motivi sono inammissibili per inosservanza di tale disposizione.
Essi denunciano promiscuamente plurime violazioni di disposizioni di legge
sostanziale e processuale nonché vizi di motivazione, con un unico quesito finale.
Orbene nei casi di motivo promiscuo, nei limiti in cui tale formulazione può
dirsi ammissibile allorquando la parte argomentativa renda possibile l’operazione
di interpretazione e sussunzione delle censure, è comunque necessario articolare
distinti quesiti e momenti di sintesi (cfr. Cass. SS.UU. n. 7770 del 2009 e Cass. n.
976 del 2008).

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dovrebbe portare alla soluzione del problema giuridico, senza indicare la

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Nella specie ciascuno dei motivi esposti è concluso da un unico quesito, che lo
rende inammissibile, atteso che non è stato articolato un quesito di diritto,
scrutinabile ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., distinto dal momento di
sintesi, sindacabile ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.. (da ultimo Cass. n.
18127 del 2014).

7.— Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con l’osservazione che

rappresentati da Cass. nn. 4773 e 5706 del 2015 in cui è stato rigettato il ricorso
di altri lavoratori nei confronti della medesima Foot Locker, atteso che si tratta di
pronunce rese appunto su ricorso dei lavoratori – e non come nel caso che ci
occupa della società – ovviamente con diversa formulazioni dei motivi ed avverso
diverse sentenze.
Occorre dunque ribadire che l’oggetto del giudizio di questa Corte – come noto
e.,‘”
– non è (o non immediatamente) il rapporto sostanziale intorno al quale le parti
litigano, bensì unicamente la sentenza di merito che su quel rapporto ha deciso,
di cui occorre verificare la legittimità negli stretti limiti delle critiche vincolate
dall’art. 360 c.p.c. e così come prospettate dalla parte ricorrente (conformi: Cass.
n. 10868 del 2014; Cass. n. 10925 del 2014; Cass. n. 10926 del 2014): ne
deriva che contigue vicende possono dare luogo a diversi esiti processuali in
Cassazione (v. Cass. n. 22688 del 2014).
Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna pl et ricorrente al pagamento delle
spese liquidate in euro 2.100,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori
secondo legge e spese generali al 15%.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 3 luglio 2015
Il relatore est.

Il Pr sidente

non possono costituire precedenti influenti sulla presente decisione quelli

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