Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21417 del 27/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/07/2021, (ud. 04/06/2021, dep. 27/07/2021), n.21417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6069-2014 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA

SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORIS TOSI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/2013 della COMM.TRIB.REG.VENETO, depositata

il 15/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/06/2021 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. DE MATTEIS STANISLAO, che ha

chiesto che la Corte rigettati i primi due motivi, accolga il terzo;

Conseguenze di legge.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.E. proponeva appello avverso la sentenza n. 111/03/09 con cui la CTP di Vicenza aveva respinto il ricorso proposto avverso l’avviso di liquidazione notificatole il 19 dicembre 2008 con cui l’Agenzia delle Entrate di Schio, dopo un primo avviso di liquidazione che aveva ad oggetto l’aumento di valore del cespite, le aveva comunicato la revoca delle agevolazioni fiscali di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33 in relazione all’atto di compravendita a rogito Notaio D.S. stipulato in data 9.2.2006 per decadenza dell’agevolazione trattandosi di terreno già urbanizzato e quindi già utilizzabile a scopo edificatorio.

La CTR del Veneto con sentenza in data 15.1.2013 rigettava il gravame, ritenendo che: 1) non è ravvisabile alcuna violazione dei principi di cui alla L. n. 212 del 2000 trattandosi di atti impositivi fondati su presupposti giuridici e fattuali diversi; 2) la motivazione dell’avviso di liquidazione risultava esaustiva e pertinente facendo espressa menzione dei motivi per i quali l’agevolazione fiscale di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3 era stata disconosciuta; 3) trattandosi di imposta complementare, il contribuente era tenuto a corrispondere la maggiore imposta oltre interessi e sanzioni per tardivo versamento ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13; 4) la reiterazione dell’avviso di liquidazione costituisce per l’amministrazione l’esercizio di un potere di autotutela diretto a rendere contezza dei presupposti della pretesa fiscale; 5) il motivo relativo alla carenza di legittimazione passiva della contribuente oltre che inammissibile è infondato atteso che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, prevede il principio di solidarietà tra acquirente e venditore in materia di imposta di registro.

Avverso detta pronuncia proponeva ricorso per cassazione articolato in otto motivi la contribuente cui resisteva la controparte con controricorso.

Fissato all’udienza pubblica del 4 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, sopravvenuto art. 23, comma 8 bis, inserito dalla legge di conversione L. n. 176 del 2020 senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale che ha depositato conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due ed assorbiti i restanti, e dei difensori delle parti non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 laddove la CTR non ha adeguatamente motivato in merito all’illegittimità dell’avviso di liquidazione per violazione dell’art. 10, commi 1 e 2, dello Statuto dei diritti del contribuente. L’Ufficio di Schio, infatti, si è prodotto in una vera e propria autotutela in malam partem” parte ricorrente deduceva che la CTR aveva violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in quanto, in relazione al motivo di appello afferente la violazione con l’emissione del secondo avviso di liquidazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2 si era limitata a statuire che “non è ravvisabile alcuna violazione dei principi di cui alla L. n. 212 del 2000, trattandosi di atti impositivi fondati su presupposti giuridici e fattuali diversi”.

Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 53 bis in quanto la commissione tributaria regionale del Veneto non ha preso atto che il potere accertativo dell’Agenzia delle Entrate si era esaurito con l’emissione del primo atto impositivo” parte ricorrente deduceva che la sentenza impugnata appare viziata laddove non ha ritenuto che il potere accertativo dell’Agenzia delle Entrate si era esaurito con l’emissione del primo avviso di rettifica e di liquidazione.

Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: Violazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, laddove la Commissione Tributaria Regionale del Veneto subordina il mantenimento delle agevolazioni alla realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del compratore” parte ricorrente deduceva che la sentenza impugnata è viziata laddove subordina il godimento dell’agevolazione di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, al sostenimento degli oneri di urbanizzazione.

Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 laddove la commissione tributaria regionale non ha adeguatamente motivato in merito all’illegittimità dell’avviso di liquidazione laddove ha ritenuto che la maggiore imposta accertata sia da qualificare complementare anziché suppletiva” parte ricorrente deduceva che la sentenza impugnata è nulla laddove ha accolto le deduzioni dell’Agenzia delle Entrate senza prendere in considerazione le deduzioni della ricorrente circa la qualificazione di imposta suppletiva dell’imposta richiesta con l’avviso di liquidazione.

Con il quinto motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e 56 laddove la commissione tributaria regionale del Veneto non ha preso atto che la maggiore imposta accertata è da qualificare come supplementare” parte ricorrente deduceva che la sentenza è viziata laddove la CTR non qualifica l’imposta di cui all’avviso di liquidazione come complementare.

Con il sesto motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: Nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 laddove la commissione tributaria regionale non ha adeguatamente motivato in merito all’illegittimità dell’avviso di liquidazione per erroneità del calcolo delle somme asseritamente dovute” parte ricorrente deduceva che la sentenza impugnata non ha preso in considerazione le deduzioni del contribuente in ordine all’erroneità del calcolo delle somme asseritamente dovute.

Con il settimo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento. Violazione del procedimento poiché la commissione tributaria regionale non ha preso atto dell’illegittimità dell’avviso di liquidazione in quanto esso costituisce immotivata reiterazione di atto già notificato al contribuente” parte ricorrente deduceva che la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del fatto che al momento dell’emissione dell’avviso di liquidazione era già pendente un ricorso avverso altro avviso di liquidazione sulla medesima fattispecie cosicché l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto attendere la definizione dell’altro procedimento prima di emettere altro atto impositivo.

Con l’ottavo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 laddove la commissione tributaria regionale del Veneto ha dichiarato inammissibile l’eccezione della contribuente relativa alla propria carenza di legittimazione passiva” parte ricorrente deduceva che la sentenza impugnata è viziata laddove afferma che il motivo di appello con cui la contribuente ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva è inammissibile per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

1. Il primo motivo è infondato.

Va premesso che in tema di processo tributario è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (vedi tra le altre da ultimo Cass., Sez. 5, n. 24452/18).

Tale ipotesi non ricorre nella specie avendo la CTR chiaramente anche se succintamente individuato ed esplicitato la ragione dell’emissione dei due avvisi di liquidazione nella diversità dei presupposti fattuali e giuridici che distinguono i due atti.

Quanto all’asserita autotutela in malam partem, che si sarebbe concretata nell’emissione di un secondo avviso di liquidazione, ovvero quello per cui è processo, in relazione alla medesima fattispecie, va rilevato che in mancanza di una norma specifica che lo preveda, non può ritenersi precluso all’amministrazione finanziaria di emettere, in relazione al medesimo atto oggetto di accertamento, due successivi avvisi, fondati su presupposti diversi, purché entro il termine di decadenza stabilito dalla legge.

Ne’ tale preclusione può ritenersi ricavabile da un supposto, e non codificato, principio della natura “unitaria” dell’azione accertativa, che, comunque, non varrebbe ad escludere la possibilità dell’Ufficio di recuperare con due atti distinti le imposte dovute in base alle diverse violazioni accertate (vedi in tal senso Cass. Sez. n. 3755/2019, non massimata).

2. Il secondo motivo di ricorso è del pari infondato.

Ed invero, come rilevato dalla CTR, gli atti impositivi emessi si basano su presupposti diversi, l’uno attenendo alla congruità del valore dichiarato nell’atto di compravendita e l’altro al disconoscimento della agevolazione fiscale. Ne’ può ritenersi che si tratti di una ipotesi di autotutela in malam partem in quanto l’amministrazione finanziaria non ha riesaminato l’attività oggetto del primo atto impositivo.

3. Il terzo motivo di ricorso è infondato.

Va premesso che, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento ed alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento; che, nell’ipotesi di piani attuativi di iniziativa privata, parificati – ai fini qui esaminati – al piano particolareggiato di iniziativa pubblica, la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30, dispone che le agevolazioni fiscali di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, “si applicano, in ogni caso, a seguito della sottoscrizione della convenzione con il soggetto attuatore”.

Detta disposizione, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve essere intesa quale norma di interpretazione autentica (in senso atecnico) non già del comma 3 sopra detto, ma della sua vera ratio, nel senso di dare rilievo non già al riscontro puramente formale dell’insistenza dell’immobile in area soggetta a piano particolareggiato, quanto piuttosto al fatto che esso si trovi in area in cui, come quelle soggette a piano particolareggiato, sia possibile edificare (Cass. n. 20864/2010; n. 16835/2008; n. 15974/2014);

Non rileva, si è pure precisato, che ciò avvenga sulla scorta di uno strumento di programmazione e non di uno strumento attuativo, bastando che l’utilizzazione edificatoria avvenga, con condizione legale risolutiva, per opera dello stesso soggetto acquirente, entro cinque anni dall’acquisto (Cass. n. 16835/2008; n. 28010/2009; n. 5933/2013; n. 1111/2017; n. 29453/2017; 30684/2017), in quanto la normativa intende sia agevolare lo sviluppo equilibrato del territorio, che favorire, per i noti riflessi economici anche collettivi, direttamente l’attività edificatoria di aree e lotti inutilizzati (Cass. n. 4890/2013), ed assume, dunque, peculiare rilievo la qualificazione attribuita all’area nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi (Cass. n. 9953/2015; Cass.n. 30818/2019, Cass. n. 3545/2018, Cass. n. 22908/2020).

Nella specie, non ricorrono i presupposti per l’agevolazione di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 3, comma 3, atteso che il terreno compravenduto rientra in un’area già urbanizzata.

4-5. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso, da scrutinarsi congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione, sono infondati.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 42 espressamente statuisce che: è “principale” l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’Ufficio, se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è “suppletiva” l’imposta applicata successivamente, se diretta a correggere errori od omissioni dell’Ufficio; è “complementare” l’imposta applicata in ogni altro caso.

Nella specie, come correttamente ritenuto dalla CTR, l’imposta oggetto dell’atto impositivo per cui è processo deve ritenersi complementare perché applicata in seconda battuta in base a dati non direttamente ricavabili dall’atto sottoposto a registrazione.

6. Il sesto motivo di ricorso è infondato.

Ed invero l’asserito errore di calcolo di cui si duole parte ricorrente deriverebbe dal fatto che l’Agenzia delle Entrate non ha tenuto conto, al momento dell’emissione dell’avviso di liquidazione per cui è processo, di quanto pagato dalla contribuente con riguardo all’avviso di rettifica e liquidazione del maggior valore del bene compravenduto. A riguardo, come già prima evidenziato, deve ribadirsi che i due atti impositivi hanno presupposti assolutamente diversi di talché anche i relativi conteggi sono del tutto autonomi.

7. Il settimo motivo è infondato.

Ed invero la reiterazione dell’avviso emendato della motivazione non adeguata rientra nei poteri di autotutela della Amministrazione finanziaria.

Il consolidato orientamento della Cassazione in tema di esercizio del potere di autotutela da parte del Fisco ha, infatti, chiaramente delineato i presupposti di ammissibilità della cosiddetta autotutela sostitutiva, consistente nel ritiro di un atto impositivo e nella emanazione di un nuovo atto di identico contenuto, ma corretto dai suoi vizi formali.

Ed invero, nell’ambito del potere di autotutela amministrativa tributaria, il ritiro di un precedente atto può avvenire in due diverse forme, quella del “contro-atto”, cioè l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario, con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo, o quella della “riforma”, cioè l’atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso.

Entrambi sono caratterizzati dal fatto che l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico, il che li distingue dall’accertamento cosiddetto integrativo, che e’, invece, emesso sulla scorta della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

8. L’ottavo motivo di ricorso è parimenti infondato.

Per quanto concerne la pretesa carenza di legittimazione passiva della odierna ricorrente, va considerato che, con l’avviso di liquidazione in oggetto, l’amministrazione finanziaria ha inteso recuperare l’imposta di registro corrisposta, in misura asseritamente inferiore al dovuto, in relazione all’atto di compravendita del terreno. Da ciò deriva la correttezza della sua attivazione nei confronti di un soggetto (contraente venditore) gravato da una responsabilità di tipo solidale con gli altri contraenti, così come stabilito, per regola generale, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57.

In conclusione il ricorso va rigettato.

La regolamentazione delle spese di lite, disciplinata come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 2300,00 oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettarie ed accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, effettuata da remoto, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

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