Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21415 del 21/10/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 21415 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 9680-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015

contro

3077

CARACCIOLO SARAH C.F.CRCSRH74E46G713K, elettivamente
domiciliata
A

in

ROMA,

PIAZZA

CAVOUR,

presso

laCANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

Data pubblicazione: 21/10/2015

rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO SCARTABELLI
giusta delega in atti;
2

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1105/2009 della CORTE D’APPELLO
di

FIRENZE,

depositata

il

01/10/2009

R.G.

N.

1852/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/07/2015 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega orale ROBERTO
RESSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

t

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 14/12/05 il Giudice del lavoro del Tribunale di
Pistoia respingeva la domanda proposta da Caracciolo Sarah nei
confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la
declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di
lavoro intercorso tra le parti dal 1 ° -7-2002 al 15-8-2002, “per
esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere
straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul
territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero
conseguenti
all’introduzione e/o sperimentazione di
nuove
servizi, nonché all’attuazione
delle
tecnologie prodotti e
17,
23
agli
18
e
previsioni
cui
accordi
del
di
ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile
2002″ congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio
in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute”,
con le pronunce conseguenziali.
La Caracciolo proponeva appello avverso la detta sentenza
chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.
La società si costituiva resistendo al gravame.
La Corte d’Appello di Firenze con sentenza depositata il 1-102009, in accoglimento del ricorso proposto dalla lavoratrice,
dichiarava la nullità del termine apposto al contratto de quo ed
accertava che tra le parti era intercorso dal 1 ° -7-2002 un
rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Condannava
inoltre la società a riammettere in servizio l’appellante e a
pagare alla stessa le retribuzioni maturate dal dì della messa
in mora fino all’effettiva riammissione, oltre accessori di
legge.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto
ricorso sostenuto da quattro motivi illustrati da memoria ex
art.378 c.p.c.
Resiste con controricorso l’intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art.1 d.lgsl. n.368/01.
Si deduce che la disciplina del contratto di lavoro a tempo
determinato contenuta nel D.Lgs. n.368 del 2001, attuativo della
direttiva 1999/70/CE, ha fatto venir meno il carattere
eccezionale di tale tipo di assunzione, e si lamenta che la
Corte territoriale non abbia tenuto conto del tenore letterale
della disposizione di legge, che pone una clausola generale di
legittimazione del contratto a tempo determinato, non
disciplinando più casi predeterminati e tassativi, a differenza
della normativa previgente di cui alla 1.230/62.

2

Il motivo è destituito di fondamento alla luce dell’univoco
orientamento espresso da questa Corte secondo cui “l’art. 1 del
d.lgs. n. 368 del 2001, anche anteriormente alla modifica
introdotta dall’art. 39 della legge n. 247 del 2007, ha
confermato il principio generale secondo cui il rapporto di
è normalmente a tempo indeterminato,
lavoro
subordinato
costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria pur
nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola
generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”
(vedi ex plurimis, Cass. 21 maggio 2008 n.12985).
Con il secondo ed il terzo motivo di censura la ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.1 d.1g1. 368
2001 e degli accordi collettivi nazionali di lavoro in relazione
all’art.360 comma l nn.3-4 c.p.c.
La società stigmatizza l’argomentare dei giudici del gravame per
aver qualificato come generiche le esigenze dettate in sede
contrattuale come sottese alla apposizione del termine al
contratto inter partes, evidenziando il mancato rispetto dei
canoni di trasparenza indicati dalla Corte Costituzionale nei
laddove predicano la
suoi arresti giurispr udenziali, anche
necessità di indicare il nominativo del lavoratore sostituito
(vedi C. Cost. n.214 del 2009), senza mancare di rimarcare
esigenze sostitutive
specifico, delle
nello
insussistenza,
sottese alla stipula del contratto di lavoro inter partes,
giustificato da esigenze tecniche, organizzative e produttive
anche di carattere straordinario.
Lamenta essenzialmente che la Corte di merito sia pervenuta alla
reiezione del gravame, senza prendere in esame il contenuto
degli accordi espressamente richiamati, attraverso i quali ben
(per relationem)
si sarebbe potuta ricavare la specificazione
delle ragioni stesse.
Tali motivi, il cui esame congiunto è consentito dalla
connessione che li connota, sono fondati, in base all’indirizzo
dettato da questa Corte nella materia de qua.
Al riguardo, come è stato più volte affermato e va qui ribadito,
(v. Cass. 1-2-2010 n. 2279, Cass. 25-5-2012 n.8286, Cass. 13-115 n.343) “in tema di apposizione del termine al contratto di
lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del
datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso
stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come
interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr., in particolare
sent. 23 aprile 2009 nei procc. riuniti da C – 378/07 a C 380/07, Kiziaki e altri nonché sent. 22 novembre 2005, C –

3

delle ragioni
144/04, Mangold), un onere di specificazione
del termine finale, vale a dire di indicazione
oggettive
sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti
identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con
spazio-temporale e più in generale
riguardo alla sua portata
la finalità di
circostanziale, perseguendo in tal modo
assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni,
nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto;
tale specificazione può risultare anche indirettamente nel
contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi
scritti accessibili alle parti” (come accordi collettivi
richiamati nello stesso contratto individuale).
In particolare, poi, come è stato precisato da Cass. 27-4-2010
n.10033, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro,
consentita dall’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 “a fronte di
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di
inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di
lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al
fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali
ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del
rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare
attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di
lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la
prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la
specifica connessione fra la durata solo temporanea della
prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la
stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del
nell’ambito della specifica
lavoratore assunto esclusivamente
ragione
indicata ed in stretto collegamento con la stessa.
Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se
correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente
dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali
presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al
processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente
indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi
compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali
e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto”.
Con riguardo a questi ultimi questa Corte ha altresì chiarito
che, “seppure nel nuovo quadro normativo_non spetti più un
autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali
idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la
mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano
pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle
esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli

interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi
debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della
configurabilità nel caso concreto dei requisiti della
fattispecie legale”.
Orbene nel caso di specie la Corte di merito, in violazione di
tali principi, ha ignorato il contenuto degli accordi richiamati
(e riportati in ricorso ai fini della autosufficienza dello
stesso).
Va
inoltre
considerato,
con riferimento
alla
censurata
statuizione della Corte distrettuale con la quale si è
richiamata la necessità di indicare il nome del lavoratore
sostituito tutte le volte in cui l’assunzione a tempo
determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere
sostitutivo, che correttamente la società ne ha rimarcato la
inconferenza rispetto alla fattispecie negoziale oggetto di
scrutinio (in cui l’apposizione del termine risulta motivata da
esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere
straordinario) e, comunque l’infondatezza, considerati i
principi affermati anche di recente da questa Corte, (vedi ex
plurimis, di recente, Cass. 16 febbraio 2015 n.3057), secondo
cui il dl.vo n. 368/01 ha eliminato l’obbligo datoriale
d’indicare nei contratti a tempo determinato, conclusi per
sostituire lavoratori assenti, il nome di tali lavoratori e i
motivi della loro sostituzione prescrivendo, in sua vece, la
specificazione per iscritto delle ragioni del ricorso a siffatti
contratti in coerenza con i recenti
dicta
della Corte
Costituzionale(n.107/2013) e della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, (sentenza del 24 giugno 2010, in causa C98/09).
In tal senso, vanno quindi accolti il secondo ed il terzo
motivo restando assorbiti gli altri (il quarto ed il quinto
relativi alle conseguenze economiche della nullità del termine,
conseguenti in ordine logico).
L’impugnata sentenza va, pertanto cassata con rinvio alla Corte
d’Appello di Bologna la quale, statuendo anche sulle spese del
presente giudizio di cassazione, provvederà attenendosi ai
principi sopra richiamati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione,
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del
presente giudizio, alla Corte d’Appello di Bologna.
Così deciso in Roma il 2 luglio 2015.

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