Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2141 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 30/01/2020, (ud. 16/04/2019, dep. 30/01/2020), n.2141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 952-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RISCOSSIONE SICILIA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

PITAGORA 9/A, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MARIA LOPRESTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIO BONANNO;

– controricorrente incidentale –

e contro

ICA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 130/2012 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 09/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/04/2019 dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO.

Fatto

RITENUTO

1. – La Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n. 130/01/12 dell’11 ottobre 2012, depositata il 9 novembre 2012, riformando – in accoglimento dell’appello della contribuente la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo n. 14/9/09 del 7 ottobre 2008 (di rigetto del ricorso proposto il 15 maggio 2007 dalla società I.C.A. s.r.l.), ha dichiarato illegittima la cartella di pagamento impugnata relativa ai tributi IRPEG, IVA e IRAP dovuti per l’anno 2003.

2. – La Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi.

3. – L’Agente della riscossione si è costituito mediante atto del 26 gennaio 2014, qualificato dalla parte “controricorso”, col quale ha aderito al ricorso della Agenzia delle entrate, instando per l’accoglimento del medesimo.

Diritto

CONSIDERATO

1. – In limine deve essere scrutinata la questione della corretta definizione giuridica dell’atto col quale l’Agente della riscossione si è costituito nel presente giudizio di legittimità.

1.1 – Il “controricorso”, a dispetto della qualificazione giuridica impressa dalla parte, reca nelle conclusioni la formale richiesta della cassazione – per i medesimi motivi esposti dalla Agenzia delle entrate e in accoglimento del ricorso principale – della sentenza della Commissione tributaria regionale di Palermo, già impugnata dalla Avvocatura generale dello Stato.

Epperò è palese che l’Agente della riscossione, con l’atto in questione, non resiste al ricorso; ne chiede, invece, l’accoglimento, facendo propria la impugnazione della sentenza della Commissione tributaria regionale.

Da tanto consegue che l’atto deve essere correttamente qualificato come ricorso incidentale (tardivo) di tipo adesivo.

1.2 – L’Agente della riscossione ha, infatti, proposto la impugnazione dopo la scadenza del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, (nella formulazione previgente – rispetto alla novella del 18 giugno 2009, n. 69, – applicabile ratione temporis, in virtù della disposizione di diritto intertemporale della stessa L., art. 58, comma 1, trattandosi di giudizio instaurato prima del 4 luglio 2009).

Detto termine di decadenza, pur computate la sospensione del periodo feriale dell’anno 2013 e la proroga per la scadenza in giorno festivo, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 4, è, infatti, spirato il 27 dicembre 2013; mentre l’Agente della riscossione ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario per le notificazioni il 30 gennaio 2014.

1.3 – E’ indubbiamente vero che l’impugnazione dell’Agente della riscossione

a) su piano soggettivo proviene da parte diversa da quella (la contribuente) contro la quale è stato proposto il ricorso principale;

b) sul piano oggettivo risulta finalizzata alla cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale in perfetta adesione al ricorso principale.

Purtuttavia l’atto deve essere ricondotto alla previsione dell’art. 334 c.p.c., comma 1, alla luce del principio di diritto secondo il quale “sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale (la parte) aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che (…) il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate” (Sez. U, sentenza n. 24627 del 27/11/2007, Rv. 600589 – 01; cui adde Sez. U, sentenza n. 18049 del 04/08/2010, Rv. 614123 – 01; Sez. U, sentenza n. 18752 del 07/08/2013, Rv. 627259 – 01; Sez. 6 – 2, ordinanza n. 5876 del 12/03/2018, Rv. 648826 – 02; Sez. 1, sentenza n. 23396 del 16/11/2015, Rv. 637855 – 01).

Orbene, nella specie l’accoglimento del ricorso principale della Agenzia delle entrate comporterebbe la modificazione dell’assetto della situazioni giuridiche, originariamente accettate (rectius: non impugnate tempestivamente) dall’Agente della riscossione (soccombente al pari della Agenzia delle entrate nei confronti della vittoriosa contribuente), in quanto nella ipotesi de qua il giudicato favorevole alla contribuente, che, in difetto della impugnazione incidentale tardiva, si consoliderebbe nei confronti del (solo) Agente della riscossione, renderebbe costui responsabile verso la Agenzia delle entrate della omessa riscossione dei tributi.

2. – Riguardo al merito del giudizio, la Commissione tributaria regionale – dato atto che, con sentenza di altra Sezione della stessa Commissione n. 98/25/10 del 26 aprile 2010, era stato rigettato (in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale) il ricorso della contribuente avverso il provvedimento, notificato il 27 settembre 2006, di diniego della “definizione di ritardati e omessi pagamenti” relativamente allo stesso anno di imposta – ha motivato l’accoglimento del gravame sulla base del rilievo della supposta illegittimità del “procedimento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis” all’esito del quale era stato formato il ruolo colla conseguente emissione della cartella di pagamento impugnata, esponendo che la ridetta illegittimità era stata dichiarata “con sentenza di pari data” n. 129/01/12.

La Commissione tributaria regionale ha, quindi, soggiunto che, ove “divenga definitiva” la citata sentenza n. 98/25/10 del 26 aprile 2010 “di diniego del condono, l’Ufficio avrà la possibilità del recupero della pretesa tributaria”.

3. – Col primo motivo di ricorso la Avvocatura generale dello Stato ha denunziato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione delle Disp. sul processo tributario, emanate con D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 2, e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis.

La ricorrente ha dedotto: il titolo della iscrizione a ruolo è, nella specie, costituito (non dall’avviso bonario, bensì) dalla autoliquidazione del tributo operata dalla società contribuente nella dichiarazione dei redditi, costituendo il ridetto avviso mero “momento dialogico, successivo ed eventuale”; la iscrizione a ruolo “prescinde dalla definitività dell’avviso bonario”.

La Avvocatura generale dello Stato ha, peraltro, aggiunto: il ricorso introduttivo della contribuente avverso la cartella di pagamento è inammissibile sia in quanto non è stato proposto “per vizi propri di essa”; sia in quanto il ridetto avviso non è stato tempestivamente “opposto”.

4. – Col secondo motivo la ricorrente ha, ancora, denunziato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2909,2967 c.c., e art. 324 c.p.c..

La Agenzia della entrate – dopo aver ancora ribadito la legittimità della iscrizione a ruolo pur in difetto della preventiva comunicazione al contribuente della irregolarità della dichiarazione dei redditi – ha dedotto che non si era formato alcun giudicato “sulla illegittimità dell’avviso bonario” che privasse “la cartella dell’ubi consistam”.

5. – Il ricorso principale e quello incidentale tardivo, di analogo contenuto, sono – nei termini che seguono – meritevoli di accoglimento.

5.1 – Deve essere disattesa l’eccezione – formulata dalla ricorrente principale – di inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente, odierna intimata.

La società ha, infatti, impugnato la cartella di pagamento per vizi propri della medesima – come risulta dalla narrativa della sentenza della Commissione tributaria regionale – e, congiuntamente, ha dedotto la illegittimità del ruolo presupposto.

Sotto l’ulteriore, concorrente profilo della eccepita inammissibilità (per la supposta definitività della pretesa tributaria) l’eccezione difetta di autosufficienza in quanto la ricorrente non ha dimostrato – mediante allegazione di copia ovvero mediante trascrizione dell’avviso bonario – che l’atto recasse veruna comunicazione alla contribuente della “pretesa tributaria ormai definita” colla esplicazione delle “concrete ragioni fattuali e giuridiche” che la sorreggono, sì da essere suscettibile di impugnazione (Sez. Un., sentenza n. 16293 del 24/07/2007, Rv. 598266 – 01, cui adde Sez. 6 – 5, ordinanza n. 3315 del 19/02/2016, Rv. 638796 – 01).

5.2 – Assorbente e fondato è il primo motivo di impugnazione.

Risulta pacificamente dalla sentenza impugnata – alla stregua del riferimento operato alla sentenza di altra sezione della medesima Commissione tributaria regionale, n. 98/25/10 del 24 aprile 2010, favorevole alla Agenzia delle entrate e concernente il diniego della definizione agevolata dei tributi litigiosi per il medesimo anno di imposta 2003 – che nella specie si verte in materia “di ritardati e omessi pagamenti”.

Orbene, in proposito, soccorre il principio di diritto, secondo il quale ” ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2,” (Sez. 5, sentenza n. 13759 del 06/07/ 2016, Rv. 640341 – 01; cui adde Sez. 5, ordinanza n. 1711 del 24/01/2018, Rv. 646922 – 01 e, da ultimo, Sez. 5, ordinanza n. 3090 del 1/02/2019).

Alla applicazione del richiamato principio di diritto consegue che nel caso in esame la legge non esigeva veruna preventiva comunicazione di irregolarità in quanto la iscrizione a ruolo e la spedizione della cartella di pagamento impugnata erano scaturite dall’omesso e/o tardivo pagamento dei tributi dovuti dalla contribuente, sulla base delle dichiarazioni da costei presentate.

5.3 – Pertanto, in accoglimento dei ricorsi, principale e incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata.

E, poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte decide la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, rigettando il ricorso introduttivo della contribuente.

5.4 – Le spese del presente giudizio, congruamente liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

La evoluzione della vicenda processuale nei gradi di merito consiglia la compensazione delle relative spese.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale e quello incidentale (così riqualificato il controricorso) dell’Agente della riscossione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Condanna la contribuente al pagamento a favore dei ricorrenti delle spese del presente giudizio che liquida, per ciascuno, in Euro 6.000,00 per compensi, oltre rimborso spese prenotate a debito per la Agenzia delle entrate; oltre spese forfettarie e accessori di legge per l’Agente della riscossione.

Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione Civile, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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