Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2141 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. I, 25/01/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 25/01/2022), n.2141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27349/2017 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Pompeo Magno

n. 10b, presso lo studio dell’avvocato Francesco Caroleo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Amanda Gugliotta, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2046/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2021 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza del 27.10. 2014, in accoglimento delle opposizioni proposte da P.M. ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c., annullò integralmente l’atto di precetto, e il conseguente pignoramento presso terzi, notificatigli dall’ex coniuge, S.M., per il pagamento della somma complessiva di Euro 43.840,53, pretesa in forza della sentenza del 10.4.2001 del medesimo Tribunale che, pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti, aveva posto a carico dell’opponente l’obbligo di corrispondere alla precettante la somma di Euro 775 mensili, a titolo di assegno divorzile e di assegno di mantenimento del figlio minore; rigettò invece l’ulteriore domanda del P., di condanna della S. alla rifusione della metà delle spese straordinarie da lui sostenute per il mantenimento del minore.

La decisione, appellata in via principale dalla S. ed in via incidentale dal P., è stata riformata dalla Corte d’appello di Milano che, con sentenza dell’11.5.2017, ha parzialmente accolto il gravame principale, riducendo l’efficacia esecutiva del precetto alla somma di Euro 27.986,76 oltre interessi, mentre ha respinto quello incidentale.

La Corte territoriale – pur dando atto delle modifiche delle condizioni economiche del divorzio intervenute dopo il 2001, sia per effetto del decreto del Tribunale del 20.10.2006 che, su ricorso avanzato dal P. nel luglio 2006, aveva revocato il suo obbligo di versamento dell’assegno divorzile, mantenendo solo quello di contribuire al mantenimento del figlio con un assegno di Euro 300 mensili, sia in ragione del fatto che il minore si era definitivamente trasferito a vivere col padre a partire dal (OMISSIS) – ha osservato: che il precetto era riferito ai crediti maturati dalla S., a titolo di assegno divorzile e quale genitore legittimato a percepire il contributo al mantenimento del figlio” dal (OMISSIS) (data di deposito della domanda di modifica) e solo a tale secondo titolo dal luglio all’ottobre 2006; che pertanto, fermo il principio che il diritto dell’ex coniuge a percepire l’assegno e il corrispondente obbligo dell’altro a versarlo nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio permangono fino a quando non intervenga una modifica del provvedimento (avente efficacia dalla relativa domanda), e considerato altresì che il Decreto 20 ottobre 2006, non conteneva alcun riferimento temporale dal quale potesse evincersi una deroga a tale principio, non era dubitabile che l’appellante fosse titolare dei crediti azionati in precetto per i periodi indicati; che l’efficacia del precetto andava tuttavia ridotta in ragione dei versamenti nel frattempo eseguiti dal P. in favore della S. a titolo di parziale adempimento delle obbligazioni poste a suo carico dalla sentenza di divorzio e dal decreto di modifica cit.; che, infine, la domanda avanzata dall’appellante incidentale nei confronti dell’ex coniuge, di rimborso delle spese straordinarie sostenute per il figlio dal (OMISSIS), pur trovando titolo nell’ulteriore decreto di modifica delle condizioni del divorzio del (OMISSIS), col quale il minore era stato definitivamente collocato presso il padre, non era sorretta né dalla prova che dette spese fossero state preventivamente concordate fra i genitori, come espressamente richiesto dal provvedimento, né da esaustiva documentazione attestante il loro effettivo esborso.

P.M. ricorre per la cassazione della sentenza con atto affidato a sei motivi, alcuni dei quali sub-numerati, cui non ha inteso replicare l’intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

2.1- Con il primo motivo (numerato sub. 1 e 1 bis) il P. si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo ed, insieme, della violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 113,115,116,447 e 545 c.p.c., poiché la Corte decidente, collocando la data di notifica del precetto nel 2006, non si sarebbe avveduta che l’atto oggetto di opposizione era inteso a dare esecuzione alle statuizioni della sentenza divorzile pronunciata nel 2001 ed era stato notificato nell’anno 2011, malgrado nel 2006 le condizioni economiche stabilite nella sentenza fossero state modificate e malgrado la natura alimentare del credito azionato, che sussiste se sia stato accertato lo stato di bisogno e se il successivo titolo non abbia statuito diversamente.

2.2. Il motivo non ha pregio.

Anche dando per ammesso che possa prescindersi dal considerare, in senso pregiudizialmente preclusivo al suo esame, che esso cumula in sé, nel corpo, in un’indistinta prospettazione, la denuncia di un vizio motivazionale e di un errore di diritto senza dar modo di discernere l’uno dall’altro, è vero in ogni caso che la duplice doglianza di cui si legge nell’intestazione del motivo si sottrae previamente al seguito reclamato. Vi ostano, infatti, da un lato, la constatazione che la denuncia del preteso vizio di motivazione riposa al più su mero refuso espositivo, posto che sia dalle trascritte conclusioni dall’appellante, quanto, maggiormente, dal dispositivo della sentenza impugnata, entrambi riferiti a “precetto notificato il 30.12.2010”, si evince inoppugnabilmente che il decidente non è affatto incorso nell’errore denunciato, peraltro totalmente irrilevante rispetto alle ragioni su cui si fonda la decisione; dall’altro, ove oggetto di denuncia sia un preteso errore di diritto, il fatto che la relativa doglianza non investe specificamente tali ragioni.

2.3. Non appare, comunque, superfluo rimarcare che la pretesa esercitata dalla S., con l’opposto atto di precetto e, di seguito, con il pignoramento presso terzi, riflette un credito cristallizzatosi in una pronuncia giudiziale che, quantunque abbia efficacia di giudicato rebus sic stantis, attesta nel momento in cui ne avviene l’adozione l’incontrovertibile esistenza del credito, sicché a nulla vale disquisire intorno alla sua natura e al fatto che esso non soddisferebbe, per le mutate condizioni economiche degli ex coniugi, uno stato di bisogno del coniuge che n’e’ destinatario, perché qui non è in discussione la sua esistenza, bensì il suo adempimento.

3.1. Col secondo motivo di ricorso (numerato sub. 2 e 2 bis) il P. si duole della violazione degli artt. 112,164 e 345 c.p.c., poiché la Corte decidente, benché si fosse eccepita la novità delle domande proposte in sede di appello dalla S. – che non si sarebbe limitata a reclamare il rigetto dell’opposizione, ma avrebbe chiesto anche di accertare la validità del titolo azionato e del precetto – nulla aveva inteso statuire al riguardo e nulla aveva detto circa il mancato esame dell’eccezione.

3.2. Il motivo non ha pregio.

In disparte la considerazione che l’opposizione al precetto, quale nella specie quella inizialmente introdotta dal P. involge necessariamente pure il giudizio sulla validità del titolo esecutivo, fondandosi essa, infatti, sulla contestazione del diritto che vi è riconosciuto, sono in contrario preclusive alla chiesta disamina, da un lato, la constatazione che il motivo non è autosufficiente, dato che nell’illustrazione della doglianza manca qualsiasi rievocazione delle difese esternate dalla S. in primo grado, onde il collegio è nell’impossibilità di sancire ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne la fondatezza; dall’altro, la constatazione che, pur se implicitamente sottinteso per effetto del sindacato demandatole con l’opposizione, la Corte territoriale ha formalmente circoscritto la portata della propria decisione al solo precetto come ben s’intende, segnatamente, da quanto essa scrive in chiusa dell’adottato provvedimento (“la validità dell’efficacia del precetto…”; “la riconosciuta validità dell’efficacia del precetto…”).

4.1. Con il terzo motivo di ricorso il P. si duole della violazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, poiché la Corte decidente, accogliendo il gravame, avrebbe erroneamente ritenuto legittima l’esecuzione promossa sulla base della sentenza divorzile pronunciata nel 2001, quantunque nel 2006 le condizioni economiche ivi previste fossero state oggetto di revisione, e non fosse perciò più possibile azionare un titolo venuto meno in conseguenza di un titolo adottato successivamente.

4.2. Il motivo non ha pregio.

Esso si manifesta infatti privo di contenuto critico e non soddisfa perciò il precetto dalle specificità, giacché la censura che illustra finisce col riflettere esattamente il deliberato della Corte d’Appello, la quale, accogliendo parzialmente il gravame e riformando la contraria decisione di primo grado, che aveva condiviso l’assunto del ricorrente in spregio al principio del giudicato allo stato degli atti, preso atto delle modificazioni nel frattempo intervenute nelle condizioni economiche degli ex coniugi, ha ritenuto di suddistinguere l’efficacia del precetto, come si è riferito in narrativa, in base al duplice titolo azionato e alla decorrenza temporale di ciascuno di essi; sicché, in coerenza con questo disegno ricostruttivo che si allinea in diritto puntualmente ai postulati di questa Corte, ha riconosciuto che la S. fosse creditrice per l’intero, ovvero nella misura di Euro 775,00, dal (OMISSIS) in base alle statuizione recate dalla sentenza di divorzio e, viceversa, dal (OMISSIS), per effetto delle modifiche decretate dal Tribunale nell'(OMISSIS), che essa avesse titolo a reclamare la minor somma di Euro 300,00, in tal modo uniformandosi al principio della continuità dei giudizi ed insieme ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (rebus sic sta ntibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento (Cass. n. 16173/2015, Cass. n. 11913/2009).

5.1. Con il quarto motivo di ricorso (numerato sub. 4, 5 e 6 in corrispondente riferimento alla tre distinte censure di violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., di error in procedendo e di omesso esame di un fatto decisivo) il P. sostiene che la Corte decidente, affermando che il provvedimento del 20.10.2006 non prevedeva deroghe al principio generale della decorrenza dalla domanda delle modifiche L. n. 898 del 1970, ex art. 9, non si sarebbe avveduta che nel 2002 egli era stato dichiarato fallito, onde l’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile sarebbe venuto meno non nel 2006, ma nel 2002.

5.2. Atteso il tenore delle argomentazioni del ricorrente, il motivo si sostanzia, a ben vedere, nella denuncia di un errore di interpretazione del decreto di modifica delle condizioni del divorzio che, contrariamente a quanto accertato dalla Corte d’appello, avrebbe sancito l’efficacia retroattiva della revoca dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile a far data dal fallimento: la Corte, in tale prospettiva, avrebbe violato il giudicato esterno costituito dal nuovo titolo giudiziale.

5.3. Il motivo non ha pregio alcuno, posto che la Corte d’appello ha correttamente escluso la portata retroattiva del decreto del 20.10.2006: dalla lettura del provvedimento (specificamente prodotto dal ricorrente in allegato al ricorso) emerge infatti che il tribunale ha sì fondato la decisione di revoca dell’assegno divorzile (anche) sul rilievo del peggioramento(delle condizioni economiche del P., determinato dal fallimento nel (OMISSIS) della società di cui era titolare, ma non ha statuito, né espressamente né implicitamente, che l’esonero dell’istante dall’obbligo di versamento di detto assegno dovesse valere a far data dal fallimento, anziché dalla data della domanda di revisione (luglio 2006).

6.1. Con il quinto motivo di ricorso (numerato sub 7 e 8 e articolato nelle distinte censure di violazione dell’art. 116 c.p.c. e del vizio di omessa motivazione), il P. si duole che la Corte decidente non abbia tenuto conto delle corresponsioni di denaro da lui effettuate in favore dell’ex coniuge nel periodo compreso tra il (OMISSIS), “stigmatizzate” come mere elargizioni, quantunque ne fosse stata data prova per testi.

6.2. Il motivo non ha pregio.

La censura (non contenente neppure un accenno a quanto in concreto riferito dai testi) si risolve infatti in una critica oltremodo generica, siccome totalmente priva dell’indicazione del fatto decisivo omesso, dell’accertamento compiuto dalla Corte d’Appello là dove ha escluso che – all’infuori del riconoscimento da parte della S. dell’intervenuto, parziale versamento delle somme dovute – avesse trovato adeguato riscontro probatorio la tesi del P. di sostanziale estinzione del credito per il mantenimento del figlio, stante la genericità della documentazione prodotta dall’opponente e delle dichiarazioni testimoniali raccolte sul punto dal primo giudice.

7.1. Con il sesto motivo di ricorso (numerato sub. 9) il P. si duole che la Corte decidente, incorrendo in un vizio di motivazione, abbia ritenuto di non poter compensare il credito della S. col suo credito per spese straordinarie, solo perché derivante da un titolo giudiziario del 2008.

7.2. Il motivo non ha pregio, in quanto non si confronta con il capo della sentenza con esso impugnato, che ha escluso che il controcredito del ricorrente potesse ritenersi provato.

8. Il ricorso va dunque integralmente rigettato.

Non sono dovute spese in difetto di costituzione avversaria.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dispone omettersi in caso di pubblicazione della presente sentenza ogni riferimento ai nominativi e agli altri elementi identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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