Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21409 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 06/10/2020), n.21409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2730-2014 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA ADRIANA 5,

presso lo studio dell’avvocato ENRICO MATTEI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLA TENNERONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 435/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 08/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

 

Fatto

Rilevato

che:

D.M. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 435/38/13, depositata l’8.11.2013 dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, che, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle entrate, ha rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.

Ha riferito che il contenzioso trovava genesi nella notifica dell’avviso di accertamento, con il quale l’Ufficio, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis, aveva recuperato ad imponibile Euro 115.955,00, importo corrispondente alla plusvalenza che si riteneva conseguita dal contribuente per la cessione a terzi della licenza di esercizio taxi del Comune di Roma, senza che il corrispettivo fosse stato dichiarato nei redditi 2001.

Il D., che aveva contestato la natura di plusvalenza del corrispettivo percepito e comunque la quantificazione dello stesso nella misura pretesa dall’Amministrazione, aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che con sentenza n. 477/19/2010 aveva accolto le sue ragioni.

L’appello dell’Agenzia delle entrate era stato invece accolto dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, che con la decisione ora impugnata aveva pertanto rigettato il ricorso introduttivo del D..

Il contribuente censura la sentenza con tre motivi:

con il primo per violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b), e falsa applicazione del medesimo D.P.R. n. 917 del 1986, art. 86, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente collocato nelle plusvalenze il reddito oggetto di contestazione, mentre lo stesso doveva inserirsi tra i redditi diversi;

con il secondo per violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per carenza di motivazione dell’avviso di accertamento;

con il terzo per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver omesso di pronunciarsi sulla presentazione da parte del contribuente della domanda di sanatoria.

Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza.

Il Ministero dell’Economia, unico soggetto cui il ricorso è stato notificato, ha depositato atto di costituzione al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione.

Sono state depositate memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Emerge infatti la sua proposizione nei soli confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.

Questa Corte ha affermato che in tema di contenzioso tributario, a seguito del trasferimento alle agenzie fiscali, in forza del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57, comma 1, di tutti i “rapporti giuridici”, i “poteri” e le “competenze” facenti capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a partire dal primo gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle Agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1), unico soggetto passivamente legittimato è l’Agenzia delle entrate, sicchè è inammissibile il ricorso per cassazione promosso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Cass., n. 22992/2010; 1550/2015).

In ogni caso il ricorso è anche improcedibile.

Il contribuente ha dichiarato nel ricorso che la sentenza della Commissione regionale gli era stata notificata in data 21.11.2013.

Ebbene l’art. 369 c.p.c. impone, a pena d’improcedibilità, che il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto, e insieme ad esso, quando la sentenza impugnata sia stata notificata, sempre a pena d’improcedibilità deve essere depositata copia autentica della suddetta sentenza, corredata della relazione di notificazione avvenuta.

A tal fine questa Corte ha affermato l’improcedibilità del ricorso per cassazione, qualora la parte ricorrente abbia dichiarato di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando nei termini indicati dall’art. 369 c.p.c., comma 1, copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC), e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte contro ricorrente (Cass., n. 19695/2019).

Nel caso di specie, nonostante il D. abbia riferito che la sentenza impugnata fosse stata notificata dall’Agenzia delle entrate, si è limitato al deposito della sentenza priva della relazione di notificazione.

La mancata costituzione in giudizio della controparte legittimata, cui il ricorso non

è stato neppure notificato, impedisce di acquisire diversamente la sentenza corredata

dalla relata di notifica.

In conclusione il ricorso è anche improcedibile.

Nulla va deciso in ordine alle spese processuali.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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